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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Tutti i post in cui compare la parola arundhati roy

L’Operazione Silgerh

Outlook India dedica ampio spazio all’Operazione Silgerh, nata per colpire i naxaliti ma in cui sono morte 18 persone probabilmente estranee al conflitto. Il lungo articolo si chiude con sei domande e risposte, o meglio domande rimaste aperte.

Ricordiamo anche la recente intervista dello stesso giornale alla scrittrice Arundhati Roy, dove si era parlato di politica e gruppi militanti.

Un’intervista ad Arundhati Roy

Outlook India ha intervistato recentemente Arundhati Roy. I temi in ballo sono molti, soprattuto politici, e i toni anche piuttosto forti.

In particolare, si parte di alcune recenti leggi sulla prevenzione dei reati, giudicate troppo invasive e poco democratiche.

Da qui a parlare dei gruppi militanti il passo è breve. Secondo la scrittrice indiana, questi movimenti trovano terreno fertile nelle ingiustizie sociali causate dalle attuali politiche economiche.

L’India dei conflitti

Venerdì scorso Internazionale ha tradotto e pubblicato un lungo articolo di Arundhati Roy da Outlook India, sull’India dei conflitti: da un lato le cinquanta famiglie più ricche del paese, dall’altro mezzo miliardo e passa di contadini poveri e abitanti degli slum, che dello sviluppo economico impetuoso beneficiano poco assai, divenendo invece le vittime delle frequenti espulsioni di massa, naturalmente senza indennizzi, da terreni che poi verranno sfruttati per l’estrazione mineraria o per la costruzione di impianti industriali: ed è vero, sì, che tutto ciò produce posti di lavoro e salari, ma sempre a lungo termine.

Insomma, non è certo che lo sviluppo vada a benificio dei ceti più poveri, di sicuro non in quest’India ostaggio delle oligarchie economiche. A parte l’utilizzo a piene mani del vocabolo “capitalismo” (che a me pare come se tutte le volte si ricordasse che gli umani respirano) la critica coglie nel segno.

E allora consiglio la lettura del suo ultimo libro (In marcia con i ribelli), uscito con Guanda: rispetto al nostro I miei luoghi di Annie Zaidi, i libri della Roy sono più sistematici, mentre Annie Zaidi resta magistralmente piu’ vicina all’oggetto del suo sguardo: dove la Roy spiega, la Zaidi splendidamente racconta, e ciascuno scelga a seconda delle sue preferenze, perché poi l’oggetto della ricerca è sempre lo stesso.

Una cosa mi piace segnalare dell’articolo di Arundhati Roy: anche lei sostiene che le polemiche sollevate attorno al Festival di Jaipur per il boicottaggio a Rushdie hanno avuto solo l’effetto di sottrarre l’attenzione del pubblico dai temi reali che al Festival si andavano trattando: l’India dei conflitti, appunto. E la polemica di Arundhati ha un bersaglio: molta della cultura indiana, e il Festival di Jaipur tra tutti, è vastamente sponsorizzata dai megagruppi indistriali indiani. A Jaipur perfino l’ufficio stampa del Festival aveva uno sponsor di tal fatta…

Insomma: agli amici che avevano criticato certi miei post da Jaipur, e molti tweet, nei quali io dicevo lo stesso (parliamo dell India, e non di Rushdie!) adesso posso dire: visto? Non sono il solo a pensarla cosi. Insomma: mi sento meglio.

A tutti dico: leggetevi Tehelka, che e sempre online: è cosi si che si capisce l’India.

Foto: Satish Krishnamurthy

Donne

La stroncatura di Naipaul riguardo alla letteratura femminile tout-court è già stata ripresa dalla nostra stampa. Sta di fatto che in India non c’è cena “editoriale” o presentazione di nuove uscite in libreria nella quale l’argomento non venga ripreso. Si comincia a verificare infatti in India un fenomeno che potrebbe essere anticipatore di una tendenza a livello mondiale: le donne leggono le donne, i maschi leggono i maschi. Come una separazione in due mondi.

Ne abbiamo già parlato, ma ora il tema è nell’orecchio di molti. Divertente il fatto che l’Hindustan Times affianchi alla polemica di Naipaul l’intervista a Arundathi Roy in occasione del lancio dei suoi libri di inchiesta nel cuore dell’India rurale, dove si affrontano i reparti speciali dell’esercito e le popolazioni contadine a volte guidate da terroristi di sinistra (sic!). Sarebbe molto difficile rinchiudere la Roy in uno stereotipo femminile: i suoi reportage sono all’altezza dei grandi classici internazionale del genere.

Amruta è tornata


Amruta Patil
, dopo un’assenza di un mese (immagino dovuta alla volontà di concentrarsi sulla sua nuova graphic novel) torna sul suo blog nel giorno del solstizio d’estate. Lo fa reinserendo il suo Babel Fish: dalla barra di destra possiamo accedere a una serie di ‘Visual Short Stories’, una più bella dell’altra, che ci raccontano molto dell’India contemporanea. A me piacciono ‘In the name of the mother’ e ‘Plotline: how sex lost it’ .
Ci aveva lasciato a metà maggio con un post su ‘Aspettando i barbari’ di Coetzee, che aveva dato il via a una bella discussione sul rapporto tra arte e società. Amruta ha voluto citare un video di Shoma Chaudhury, di Tehelka, sulla guerra in atto tra maoisti e governativi in alcune zone al confine tra Orissa e Madhia Pradesh. E’ l’argomento sul quale Internazionale ci ha proposto pochi giorni fa un bel reportage di Arundhati Roy.

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