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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Tutti i post su corea del sud

Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

Ho continuato a seguire quel corso di poesia per un bel po’. Mi ero ripromesso di eliminare l’insegnante, se il corso non si fosse rivelato di mio gradimento, ma per sua fortuna le lezioni non sono state malaccio. Il poeta mi ha fatto ridere spesso e ha perfino tessuto le lodi di due miei componimenti. In questo modo si è guadagnato la mia clemenza, ma probabilmente non sa nemmeno di dovermi essere grato. Tempo fa mi è capitato di leggere la sua ultima raccolta di poesie – mio Dio, che delusione! Vi giuro, mi sono mangiato le mani per non averlo tolto di mezzo a tempo debito. Ma vi rendete conto? Perfino io, un killer provetto, a un certo punto mi sono rassegnato all’idea di dover tirare i remi in barca e lui, con la sua vena poetica da strapazzo, continua imperterrito a scrivere. Che faccia di bronzo!

Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

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Claire Tham e Kim Young-ha sul blog di Lorenzo Mazzoni

Nel suo blog ospitato all’interno del sito de Il Fatto Quotidiano, Lorenzo Mazzoni ha parlato di Claire Tham, autrice di La ragazza del karaoke, e di Kim Young-ha, autore di Memorie di un assassino, nonché di Ho il diritto di distruggermi e L’impero delle luci. Nel post ci si sofferma in particolare sulla trama e la struttura dei due romanzi.

La ragazza del karaoke, di Claire Tham (traduzione di Giovanni Garbellini), forse il romanzo più bello che abbia letto nei primi mesi di quest’anno, narra del ritrovamento del corpo di una ragazza cinese, Ling, annegata in una piscina di un complesso residenziale all’Intlet, zona esclusiva per super ricchi di Singapore. Le accuse cadono su Jasper Gan, rampollo ribelle, nipote di Willy, immobiliarista senza scrupoli. Ma non tutto è come sembra e attraverso una trama avvincente, che mette in campo un’indimenticabile affresco di personaggi, l’autrice conclude il romanzo in modo inaspettato.


Memorie di un assassino, di Kim Young-ha (traduzione di Andrea De Benedittis), è un romanzo breve con un intreccio originale, capace di sorprendere il lettore fino alla fine. Cupa, opprimente,metafora della realtà coreana, la scrittura di Kim Young-ha (di cui mi sono già occupato in passato), ci porta a seguire le gesta del vecchioKim Pyongsu, un tempo spietatoseriar killer che a seguito di un’operazione al cervello, conseguenza di un incidente di macchina, è costretto a smettere di uccidere.

(continua a leggere sul blog di Lorenzo Mazzoni)


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Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

Parlo a lungo con i miei clienti, fino alla fine, fino al momento del nostro commiato: della loro storia famigliare, del loro percorso di crescita, dei loro amori, dei loro successi e fallimenti, dei libri che hanno letto, dei pittori e della musica che preferiscono. La maggior parte delle persone parla senza troppe riserve e in quegli incontri perde ogni remora. Quando finisco di ascoltare le loro confessioni, però, alcuni decidono di rescindere il nostro contratto. Ovviamente restituisco il denaro che ho ricevuto, tranne il primo acconto. Molti poi ci ripensano e tornano: a quel punto quasi tutti onorano il patto senza più discutere.
Quando riesco a portare a termine un progetto senza inconvenienti, parto per un viaggio, e al mio rientro mi ispiro alla storia dell’ultimo cliente per scrivere un racconto. Compio così un ulteriore passo avanti per diventare una divinità a tutti gli effetti. Ai giorni nostri, chi vuole diventare un dio ha davanti due strade: la creazione o l’omicidio. Ma non da tutti i miei progetti nasce una storia. Solo i clienti più meritevoli hanno il privilegio di rinascere dalle mie mani. Questo processo è doloroso, ma è l’unico che mi permetta di provare compassione e amore per loro.

Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

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Kim Young-ha intervistato su Famiglia Cristiana

Kim Young-ha è stato brevemente intervistato da Famiglia Cristiana sul suo ultimo libro pubblicato da Metropoli d’Asia, Memorie di un assassino. Oltre che della storia del libro si è parlato anche delle sua ispirazioni.


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Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha

Con prontezza sorprendente il poliziotto sfilò dalla tasca un pacchetto e glielo porse. Sigarette al mentolo: chi avrebbe pensato che un tipo come lui potesse fumarne? Mari ne prese due e gli rivolse un sorriso, come in attesa di un suo consenso: il poliziotto apparentemente non sembrava contrariato. Gli restituì il pacchetto, e lui commentò divertito: «Si vede che anche lei gradisce quelle al mentolo…».
Mentre lo ringraziava, il poliziotto le avvicinò l’accendino. Mari rifiutò con garbo e tornò ad accomodarsi in macchina. Accese la sigaretta e fece un tiro. Se il braccio sinistro non le avesse dato problemi, avrebbe potuto tranquillamente godersela mentre guidava, ma quel giorno purtroppo non le era possibile. Il suo cervello reagì alla nicotina ancora prima che potesse arrivare ai polmoni, mentre a pochi passi il poliziotto e il conducente della jeep fissavano, attraverso il parabrezza, il piccolo bagliore della sua sigaretta. Il fumo usciva a lunghi sbuffi dal tettuccio apribile dell’auto, come dalla ciminiera di un forno crematorio. Subito dopo tornò a pensare alle sue prime volte. Quand’era stata, per esempio, la prima volta che aveva saputo che le persone muoiono? Quasi subito, come se quel ricordo fosse già pronto nella sua testa in attesa da chissà quanto tempo che qualcuno formulasse la domanda giusta, le balenò nella mente un episodio del suo passato.

Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha

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Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

Avevo iniziato a seguire, presso un centro culturale, un corso tenuto da un poeta mio coetaneo, il quale alla prima lezione aveva esordito con un tono solenne e un’affermazione che mi parve ridicola: «Il poeta è come un killer provetto: cattura il linguaggio e alla fine lo ammazza». All’epoca avevo già “catturato e ammazzato” decine di prede e di loro non era rimasto altro che polvere. Mai una volta però mi era passato per la mente di aver “fatto poesia”. Un omicidio ha più attinenza con la prosa. Chi l’ha sperimentato lo sa. Uccidere qualcuno è quanto di più improbo e prosaico si possa immaginare. Comunque non posso negare che, se ho cominciato a interessarmi di poesia, è stato grazie a quell’uomo. Aveva il merito di possedere il senso dell’umorismo, l’unica cosa che mi fa abbassare le armi.

Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

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Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

Ad ogni modo, se i potenziali clienti reagiscono alle mie provocazioni, la telefonata si allunga. Loro provano un piacevole senso di sollievo. Quando penso sia arrivato il momento opportuno, insinuo nella conversazione domande a bruciapelo come: «Se tuo padre si comporta così, perché non lo uccidi?». Se il mio interlocutore si scandalizza, ritiro tutto e fingo che si sia trattato di una battuta. Se invece non riattacca, significa che tutto sommato non disdegna la mia soluzione. Sia chiaro: non intendo istigare nessuno a commettere un omicidio; questa provocazione è solo un test che mi permette di giudicare se le intenzioni di quella persona fanno al caso mio. Non sono alla ricerca di potenziali assassini. Il mio obiettivo invece è riesumare i desideri che gli individui hanno inconsapevolmente sepolto in un luogo nascosto della loro anima. Una volta fatti emergere, quei desideri cominciano ad autoalimentarsi. L’immaginazione spicca il volo e alla fine le persone scoprono da sole di avere le carte in regola per poter diventare mie clienti.

Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

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Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha

Ogni tanto la sua memoria faceva cilecca, eppure – stranamente – ricordava quella scena nei minimi dettagli. Ricordava quel ragazzino dall’aria adulta che si congratulava con lei con aria compiaciuta e che, nel frattempo, le porgeva la fatidica prima sigaretta. Al primo tiro aveva cominciato a tossire, non perché il fumo le fosse andato di traverso, ma semplicemente perché, essendo per lei la prima volta, le sembrava la reazione più adatta alla circostanza. I compagni avevano riso della sua goffaggine e, finite le loro “bionde”, avevano gettato i mozziconi nel punto in cui scorreva l’acqua di scarico. Dopo di che erano rimontati tutti sulle bici ed erano tornati a casa.

Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha

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Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

 

Quando ho ucciso l’ultima volta? Sarà stato venticinque anni fa… o forse no. Ventisei. Non ero spinto a farlo da un banale impulso omicida, né tantomeno da una perversione di natura sessuale. No. Mi spingeva l’amara consapevolezza di non essere mai stato in grado di assaporare un piacere perfetto. Meglio: mi spingeva il desiderio di poterlo finalmente gustare una volta per tutte. «So che puoi fare di meglio», mi ripetevo ogni volta che seppellivo una nuova vittima. E me lo sono ripetuto finché, a un certo punto, quella speranza ha smesso di pulsarmi dentro.

Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

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Kim Young-ha intervistato da Gioia

Il settimanale Gioia ha intervistato Kim Young-ha, autore di Memorie di un assassino con Metropoli d’Asia. Si è parlato del tema centrale del libro, appunto la memoria, anche in relazione alle vicende personali dell’autore, e del rapporto tra Corea del Sud e Corea del Nord.

peretzryan houptomeka@mailxu.com