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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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    • Da Il giardino delle delizie terrene, di Indrajit Hazra
    • E adesso? su Bnews (Università Bicocca)
    • Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan
    • A Yi e Chan Ho Kei su Alias
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Tutti i post su libri

Da Svegliami alle nove domattina, di A Yi

«Andate a cercare un medico, fatelo visitare», implorava. Ma loro si mostrarono seccati (per giunta stava parlando in falsetto) e quasi la spinsero fuori, quasi la cacciarono fuori dalla stanza, mentre lei, accovacciata sulla soglia, ripeteva che era ubriaco fradicio, finché Hongbin non le ruggì di levarsi di torno. Lei, obbediente, uscì, e in quel momento si sentì di colpo sollevata, tra le lacrime si lasciò sfuggire persino un sorriso, ma subito dopo il terrore tornò a impadronirsi di lei. Il fatto che l’avessero cacciata (privandola così dello status di parente del defunto), sospettava, presagiva alla sua identificazione come colpevole. Continuava a rivolgere lo sguardo in alto verso il cielo indaco, un cielo che sembrava sul punto di disintegrarsi, di collassare, così raggiante che era impossibile trattenere le lacrime.

 Da Svegliami alle nove domattina, di A Yi

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L’impero delle luci segnalato su Internazionale

In un articolo dedicato alla Corea del Sud e in particolare al quartiere Gwanghuidong di Seul, una sorta di enclave dell’Asia centrale in città, viene segnalato tra i libri per conoscere meglio il paese L’impero delle luci, di Kim Young-ha, pubblicato da Metropoli d’Asia.

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Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

Stamattina credo di non aver riconosciuto Ŭnhŭi. Adesso sì, invece. Meno male. Il dottore mi aveva preannunciato che prima o poi anche lei sarebbe scomparsa dai miei ricordi e che avrei conservato solo la sua immagine da piccola. Come posso proteggere una persona di cui ignoro l’esistenza? Ora ho messo la sua foto in un medaglione e lo porto appeso al collo. «Non servirà a granché», ha commentato il medico. «A scomparire per primi saranno proprio i ricordi a lei più vicini».
«Ti prego, risparmia almeno mia figlia», mi aveva supplicato in lacrime la madre di Ŭnhŭi. «Va bene», le avevo risposto. «Sarai accontentata». E come vedete finora non sono venuto meno al mio impegno. Detesto le persone che fanno promesse al vento, e per questo cerco di rispettare le mie. Il problema è che ora non posso più garantire nulla per il futuro. Lo scrivo qui di nuovo perché non mi passi mai di mente. Non posso assolutamente permettere che Ŭnhŭi venga assassinata.

Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

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Metropoli d’Asia sulla Rivista Tradurre

La Rivista Tradurre propone in un articolo una panoramica sulla letteratura cinese in Italia negli ultimi dieci anni.

Si passano in rassegna case editrici e iniziative, individuando alcune linee di tendenza.

Veniamo inevitabilmente citati anche noi:

 

Accanto a questi casi pionieristici, a partire dalla fine degli anni duemila Metropoli d’Asia, anch’essa di Milano, ha selezionato un catalogo di opere rappresentative della letteratura urbana (e non solo) della macroarea asiatica, con particolare attenzione al mondo sinofono e cercando di mantenere un certo grado di continuità editoriale. Dopo diverse opere di Zhu Wen, Han Han e, più recentemente, della scrittrice sino-britannica Xiaolu Guo (che tuttavia scrive in inglese), sono apparsi tre romanzi riconducibili – benché solo lontanamente – ai generi del giallo e del noir, ovvero Oggetti smarriti di Liu Zhenyun (Liu 2016), E adesso? e il fortemente sperimentale Svegliami alle nove domattina (A 2016 e A 2017), entrambi di A Yi. Merito dell’editore è anche quello di aver presentato al pubblico anche opere in lingua cinese prodotte a Hong Kong e a Singapore, rispettivamente con l’intricato Duplice delitto a Hong Kong di Chan Ho Kei (Chan 2012) e L’atelier di Yeng Pway Ngon (Yeng 2013).

(Continua su Rivista Tradurre)

Da I nove continenti, di Xiaolu Guo

Sono nata orfana. Non perché i miei genitori fossero morti, no, erano entrambi vivi e vegeti. Più che altro mi hanno data via.
Ovviamente non ricordo nulla di specifico dei miei primi due anni di vita. Come nessuno della mia famiglia. Appena nata fui affidata a una coppia di contadini che viveva in un villaggio di montagna da qualche parte della nostra provincia vicino al Mar Cinese Orientale. Parecchi anni dopo, mi dissero che mia madre non aveva potuto allevarmi perché all’epoca mio padre era stato imprigionato in un campo di lavoro. Così i miei primi due anni di vita li trascorsi sul fianco di una montagna. L’unico ricordo che ho è falso, riferito dai miei nonni, i quali raccontavano del giorno in cui la coppia sterile riportò me, la bambina non voluta, dalle montagne fin giù da loro.
Piccolissima, e già data via due volte.

Da I nove continenti, di Xiaolu Guo

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Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

Brandon varca la cancellata del Centro Rimpatrio Forzato con la sua pizza ai peperoni e il suo caffè annacquato. Oggi non ha buone notizie per Jian. Supera due operai in tuta blu arrampicati su una scala a pioli che stanno portando giù il cartello Centro Rimpatrio Forzato di Dover. Rimontano sulla scala a pioli e Centro Rimpatrio Forzato diventa Centro Detenzione. Brandon alza gli occhi; nel cielo vagano pesanti nuvole nere. Cade la pioggia, che bagna all’istante il cartello appeso da poco dagli operai.
Un operaio si rivolge al collega. «Ma rimpatrio forzato e detenzione non sono la stessa cosa? La maggior parte degli stranieri che tengono chiusi qui saranno rimandati indietro, no?».
Brandon è bombardato dalle gocce di pioggia. Corre nell’edificio per ripararsi.
La pioggia picchietta la finestra vicino a Jian. Quando Brandon comunica le ultime notizie, Jian si china sul planisfero, quasi a volersi fondere in quella superficie di carta. Le autorità inglesi stanno chiudendo la porta agli immigrati; rifiuteranno quasi il 90 per cento delle domande in base al nuovo sistema a punti.
«Jian, cerca di capire, in questo Paese non c’è spazio per altre persone. Questa non è la Cina!»
«In quanti siete?» chiede Jian.
«Sessanta milioni, inclusi i gallesi e noi scozzesi. È tantissimo per un’isola così. Non è come in Svizzera, che sono solo in sette milioni!».

Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

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Da E adesso?, di A Yi

A pranzo ho cominciato a stare più attento ai soldi e per andare in stazione ho usato i mezzi. Molto prima di arrivare, ho tolto la batteria al cellulare.
Nel piazzale c’è un muro con un’enorme mappa della Cina, davanti al quale le persone guizzavano come pesci. Mi sono fermato lì e mi sembrava di essere immerso nel fiume del tempo. Il giorno dopo, al mio posto ci sarebbe stato il capo della polizia, con il medesimo interrogativo: «Dove si rifugerebbe un criminale?». Io avevo un’infinita gamma di possibilità, ma lui sarebbe stato costretto a ricorrere al rasoio di Occam, limitandosi a due ipotesi: 1) un luogo in cui ha un interesse particolare o un legame affettivo; 2) un luogo in cui conosce qualcuno.
Per il resto era in mano al destino.

Da E adesso?, di A Yi

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Da Il mio ragazzo, di R. Raj Rao

Il ragazzo era tornato a rispondere a monosillabi. Yudi rimase in silenzio per qualche istante, mentre il treno sfrecciava tra Mahalakshmi e Lower Parel. Sul volto gli era scesa un’ombra di tristezza, che gli conferiva un’espressione corrucciata. Il sesso occasionale era così strano. Incontravi uno, ci diventavi intimo per poche ore, per non dire minuti, e poi gli dicevi tanti saluti – magari per sempre. Le possibilità di rivedersi erano minime, specie a Bombay. Yudi cercava di non farsi coinvolgere dai suoi partner, altrimenti la sua vita sarebbe stata uno strazio perpetuo.
Mentre il treno rallentava, la malinconia svanì.
«Vuoi che venga con te?», gli chiese il ragazzo.
La domanda colpì Yudi come un fulmine a ciel sereno.
«No, no», disse, irritato. «Come puoi venire con me?».
Il ragazzo si alzò e si diresse alla porta. Il cuore di Yudi prese a battere veloce. E se il ragazzo si fosse rifiutato di andarsene senza aver battuto cassa per la prestazione? Era la sua cosiddetta prova del nove: se i tipi tentennavano, una volta giunto il momento di separarsi, voleva dire che pretendevano la mazzetta.

Da Il mio ragazzo, di R. Raj Rao

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Da Malesia Blues, di Brian Gomez

Poi c’erano i tipi strani.
Un cliente fisso le faceva mettere la sari e la inseguiva per tutta la stanza al suono di una canzone di un film di Bollywood a tutto volume. Le aveva fatto anche imparare a memoria il testo. Quando Ning l’aveva memorizzata tutta, le aveva chiesto di sposarla.
C’era un nano che le faceva mettere due grosse cuffie stereo sulle orecchie e si faceva chiamare Maestro Yoda mentre lo facevano. Lui la chiamava Leila.
Ma anche questi erano innocui, in fondo.
E poi c’erano i violenti.
Si era abituata a quasi tutto, ormai. Era necessario, nel suo campo. Di tanto in tanto, però, spuntava uno come l’Arabo. Quello gliele aveva date fi no a farla…
Si costrinse a smettere di pensare a lui. Era una bella serata. Ed era di ottimo umore. Niente pensieri neri, quella sera. Tariffa tripla! E senza contare la mancia!

Da Malesia Blues, di Brian Gomez

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Shih-Li Kow ha vinto il Prix du Premier Roman 2018

Il libro di Shih-Li Kow pubblicato da Metropoli d’Asia, La somma delle nostre follie, ha vinto la sezione di letteratura straniera del Prix du Premier Roman 2018, riconoscimento dedicato agli scrittori esordienti tra i 18 e i 30 anni.

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spieker@mailxu.com