• Chi siamo

    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
  • Libri

  • Parlano di noi

    • A Yi e Chan Ho Kei su Alias
    • Ayu Utami su Alias
    • L’impero delle luci segnalato su Internazionale
    • Metropoli d’Asia sulla Rivista Tradurre
  • Autori

Sun Ganlu

Scrittore decisamente anomalo Sun Ganlu. Lo incontro una sera, siamo a cena con un interprete come spesso accade con gli scrittori della sua generazione (ha più di cinquant’anni). La conversazione dunque non è facile, frammentata, e lui tiene basso profilo: è timido, mi sussurra l’interprete.

Vale dunque la pena di proporgli una riflessione sulla differenza tra gli scrittori della sua generazione e quelli più giovani, lui ammette che sì, i più giovani sono spesso più aperti e chiacchieroni, ma si spinge più in là: è Internet che fa la differenza, perchè i social network (Facebook è spesso censurato per lunghi periodi, ma c’è un programmino che consente di aggirare il ban) stimolano il narcisismo degli utenti.

Mettersi in mostra è la parola d’ordine, parlare di sè, esibirsi. Al contrario di lui, che preferirebbe non essere mai intervistato, ma si deve piegare a esigenze di marketing. Gli chiedo se questa differenza (narcissimo vs. ritrosia?) si ripercuota nella scrittura, lui resta nel vago. Sun Ganlu ha scritto una ventina di anni fa un romanzo che qui viene definito d’avanguardia: flusso di cosclenza, la narrazione che procede seguendo lo sviluppo degli stati d’animo del protagonista.

(continua…)

Shanghai

Il primo pensiero in questa città non riguarda le narrazioni scritte, ma le forme, le architetture. Il suo centro d’attrazione è il Bund, un lungofiume di architetture art déco nelle quali si è in modo evidentente fuso quello che nei primi decenni del secolo scorso era un gusto europeo con quello cinese. E non si può fare a meno di notare che anche le architetture nuove della shining Shanghai spesso ripropongono forme neoliberty: a me verrebbe da definirle FlashGordoniane.

Bisogna avere la mia bella età per ricordare quel fumetto americano di fantascienza nella quale il futuribile eroe (Flash Gordon, appunto) aveva a che fare con il cattivissimo Ming (appunto), in un’epoca strana nella quale i razzi avevano la forma di pagodine e le città, tanto per inventare un futuro altro rispetto a quel presente di allora, erano segnate da acciai orientalizzanti e infiorescenze meccaniche.

Oggi a Shanghai sembra che il nuovo consumismo tanto lodato dal Partito Comunista, sposando la postmodernità delle griffe occidentali al segno cinese (con tanto di dragoni e bestiole di vario tipo ovunque), spinga verso un’identità grafica FlashGordoniana, post art déco.

(continua…)

Dalle strade dell’India

Annie Zaidi ha iniziato la sua collaborazione con DNA India, con una column regolare intitolata Known Turf. Known Turf (la mia zolla? Il mio posto?) è anche il titolo della raccolta di reportage che Metropoli d’Asia sta traducendo e porterà in libreria a fine anno. Questi suoi brevi interventi su quello che è uno dei più popolari quotidiani di Bombay (Mumbai?) rendono bene l’idea del suo stile: una giornalista che consuma le suole delle proprie scarpe percorrendo le strade della sua città, che ci racconta con uno stile semplice e diretto quel che vede e quali sono le sue personalissime reazioni, ma con una capacità di passare dal particolare al generale, di trovare nelle microstorie la cifra per capire l’India di oggi. Shining India dicono: ma su questo Annie Zaidi ha molti dubbi.
Known Turf (vedi post precedenti) sarà la prima incursione nella non-fiction di Metropoli d’Asia: giustificata proprio dallo stile così personale di Zaidi, dalla sua capacità di costruire narrazioni a partire dalla realtà. Forse non è Saviano, o Kapuscinski. Però…

IL DRAGO CALA IBI, di Nukila Amal

Ecco la copertina

Gli appuntamenti di Nukila Amal sono annullati

Purtroppo Nukila si è ammalata, e non è in grado di viaggiare. Speriamo si riprenda presto. E contiamo di averla in Italia per un prossimo appuntamento.

Nukila Amal: IL DRAGO CALA IBI. Calendario delle presentazioni

Nukila Amal sarà in Italia, a parlarci del suo piccolo capolavoro, Il Drago Cala Ibi che sarà in libreria il 6 aprile.

Napoli: venerdì 8 aprile libreria UBIK, ore 18,30, con Antonia Soriente.

Napoli: lunedì 11 aprile lezione presso Università degli studi di Napoli “L’Orientale”
Dipartimento di studi asiatici, con Prof. Antonia Sorriente, ore 9.00.

Bologna: martedì 12 aprile, lezione presso Università Bologna ore 15.00.

Bologna: martedì 12 aprile ore 18.00, Libreria Serendipità. Incontro con Giulio Soravia e Andrea Berrini.

Venezia: mercoledì 13 aprile, ore 21, nell’ambito di Incroci di Civiltà, incontro con Silvia Vignato, Fondazione Querini Stampalia. www.incrocidiciviltà.org
(alle ore 18, nello stesso luogo, interverrà Kiran Nagarkar).

Milano: lunedì 18, ore 18.00, libreria Feltrinelli via Manzoni, incontro con Silvia Vignato e Andrea Berrini.

Letteratura indonesiana al femminile: un’intervista a Ayu Utami (LE DONNE DI SAMAN)

Ayu Utami con Antonia Sorriente su YouTube. A Napoli, una bella lezione sulla letteratura femminile indonesiana a margine di una mostra d’arte. Da notare nella videointervista il momento in cui Ayu Utami pronuncia la parola ‘femminismo’ con il sottofondo di un muezzin. Continueremo a parlare di letteratura indonesiana nelle prossime settimane, con l’uscita del romanzo di Nukila Amal IL DRAGO CALA IBI. La Amal è invitata a Venezia nell’ambito di Incroci di Civiltà il 13 aprile, e le stiamo preparando un lungo tour italiano: Napoli (l’11), Bologna (il 12), Milano (il 18).

Ancora Malesia Blues

Su lettera.com, Marco Denti scrive una bella recensione su Malesia Blues e sopratutto intervista Brian Gomez. Il nostro pubblicitario, bluesman, videomaker e scrittore ha in serbo un sequel…

Su Repubblica, Renata Pisu…

…mette in bella evidenza il nostro Zhu Wen SE NON E’ AMORE VERO ALLORA E’ SPAZZATURA come libro da mettere in valigia durante un viaggio in Cina: “Uno scanzonato racconto sulle gioie e le tribolazioni degli abitanti di una grande città come Nanchino, ingabbiati nella frenesia della modernità a tutti i costi.” Sulla Asia Literary Review di alcuni numeri fa veniva definito come “un romanzo sorprendente, ben strutturato, che presenta in maniera magistrale la Cina.” Io ve ne ho parlato nel post precedente a questo, e non insisto. In compenso vi consiglio di dare un’occhiata a questo numero sulla Cina della ALR. Non tanto perchè racconti qualcosa di particolarmente nuovo sull’argomento, ma al contrario perchè mostra un modo particolare di trattarlo. Un punto di vista: in inglese, da Hong Kong, con una predilezione per autori che, per quanto bravi e interessanti, di cinese hanno ormai poco. Xiaolu Guo, pubblicata anche in Italia (noi stessi abbiamo meditato a lungo sul suo “20 Fragments”, che ci sembrava una bella carrellata sulla condizione della gioventù istruita cinese), scrive i suoi romanzi in inglese, e lo fa sempre più spesso dalla Francia e dall’Europa in generale, piuttosto che dalla Cina. La Asia Literary Review è uno dei punti focali di una discussione che non tarderà a saltar fuori e sorprenderci: il suo mix di saggistica anglofona sulla Cina e autori troppo spesso ‘foreign oriented’ stride in un panorama culturale, quello cinese, dove i grandi scrittori e molti intellettuali di livello non parlano l’inglese, e nemmeno sembrano così ansiosi di impararlo. In un continente (pensiamo all’India, ma anche alle Filippine, o al SudEst) dove un numero di scrittori sempre più ampio si piega alla necessità di scrivere in inglese per raggiungere più facilmente l’industria editoriale internazionale, la Cina va controcorrente (Hong Kong naturalmente rappresenta l’eccezione). E si mugugna alquanto su un paio (più di un paio, in verità) di festival letterari locali come quello di Pechino, e il suo gemello di Shanghai, dove non a caso spiccano nomi come quelli dei miei amici Qiu Xiao Long e Lija Zhang, che, appunto, scrivono in inglese, Lija da Pechino, e Xiao Long niente meno che dal Missouri. Del resto: se sono amici miei è proprio perchè perchè parlano l’inglese…
Ma vogliamo scommettere che il primo braccio di ferro diplomatico tra il vecchio Occidente e la nuova Cina non verterà sullo sconfinamento di qualche cannoniera, ma invece sulla supremazia di una lingua o dell’altra?

Se non è amore vero allora è spazzatura: il nuovo Zhu Wen, in libreria da mercoledì 2 febbraio

E’ il nuovo titolo di Metropoli d’Asia, in libreria da oggi. Accade che un editore si innamori, letteralmente, della scrittura di un autore. Così fu per i racconti di Dollari la mia Passione, e così è ora per questa storia di amori impossibili. Io credo che Zhu Wen sappia raccontare come nessuno la straniazione, la confusione mentale, forse addirittura lo sbalordimento delle nuove generazioni cinesi, individui soli di fronte a un mondo che non comprendono e che nessuno ha provato a spiegare loro. Lui, Zhu Wen, è uno di quegli autori che dopo Tien an Men decise di restare in patria nonostante la censura insieme agli altri del cosiddetto gruppo di Nanchino (qui, da Paper Republic, una buona pagina da cliccare tutta). Il progetto era quello di raccontare la società cinese con qualche buono slalom tra le maglie della censura (per esempio: evitare i temi caldi delle nazionalità – Tibet e Taiwan – e della strutturazione istituzionale a partito unico), senza però sconti: e quindi rendere le criticità di una transizione al ‘mercato’ che non migliora la relazione degli individui con la società nel suo complesso. Il manifesto ‘Duanlie’, ‘Rottura’, articolato in una serie di ironiche domande alla società letteraria ne è l’esempio.

Parla d’amore, questo romanzo. Data la stagione, però, io qui preferisco citare l’incipit della Terza Parte, Emozioni di Gennaio. Niente amore, niente spazzatura, ma molto Zhu Wen.

Il maestro alto e smilzo scrive alla lavagna fermandosi continuamente
a sfregarsi le mani, impacciate per il freddo come
fossero piedi. Il gesso si rompe di nuovo. Con noncuranza
getta il mozzicone rimastogli in mano e si gira affranto. Prende
un altro gesso dalla scatola e lo spezza in due usando una
mano sola, con gesto consumato. In quel momento si accorge
che tutta la classe sta allungando il collo a dismisura, fissandolo
con uno sguardo pieno di attesa. Trattenendo a fatica un
sorriso amaro annuncia: E va bene, un minuto. Immediatamente
nell’aula risuona un rumore folle di piedi battuti a terra,
i bambini sono in visibilio. Il maestro alto e smilzo si mette
accanto alla porta e guarda l’orologio, poi scruta con aria inquieta
al di là del vetro. All’improvviso stende il braccio, e il
battere dei piedi si zittisce di colpo come se fosse stato tagliato
con un coltello. Alcuni bambini tirano un respiro profondo,
fissando il maestro con aria interrogativa, poi posano pian
pianino i piedi sospesi a mezz’aria. Dal pavimento si alza una
nube uniforme di polvere che arriva all’altezza dei banchi:
guardandola in controluce nell’aria rossastra del tardo pomeriggio
la si vede depositarsi adagio, come se fosse acqua.
Spingendosi compiaciuto gli occhiali sul naso, il maestro alto
e smilzo ordina: Continuate. Rimbomba un battere di piedi
ancora più folle: il livello della polvere, dopo essersi stabilizzato,
ricomincia dolcemente a salire. Gli occhi del maestro
alto e smilzo controllano l’orologio e quando arriva il momento
stende il palmo con gesto deciso. Il rumore, natural-mente, si ferma: stavolta, però, un bambino è in ritardo di una
mezza battuta, al che tutta la classe scoppia in una risata fragorosa.
Un ragazzino cicciotto con una giacca rossa di piuma,
seduto nel mezzo con la faccia paonazza, si alza in piedi imbarazzato
e va spontaneamente a mettersi in fondo all’aula.
Il maestro alto e smilzo scaccia con la mano la polvere che gli
svolazza davanti agli occhi, come farebbe con un insetto, si
dirige con espressione severa verso la cattedra e torna a impugnare
il gesso. Sta per girarsi di nuovo verso la lavagna,
quando improvvisamente addita una bambina seduta in prima
fila, che se ne sta lì con aria attonita.
«Perché non battevi i piedi come tutti gli altri?».
La bambina ha un brivido, la faccia le diventa ancora più
pallida e non spiccica parola.
«Sto parlando con te. Perché non battevi i piedi?».
La bambina continua nel suomutismo, e per di più abbassa
la testa.
«Alzati».
Lei si alza adagio ma continua a tenere la testa bassa.
«Perché non battevi i piedi? Rispondimi».
«Perché non ho freddo ai piedi».

pannenbackerperry@mailxu.com ondersma-joseph