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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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    • E adesso? su Bnews (Università Bicocca)
    • A Yi e Chan Ho Kei su Alias
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Tutti i post su cina

E adesso? su Bnews (Università Bicocca)

Sul sito Bnews, organo dell’Università Bicocca di Milano, viene citato E adesso?, di A Yi, in una selezione di libri di Natale.

Uccide, per noia, una compagna di classe. È a questo evento di cronaca realmente accaduto che lo scrittore cinese A Yi (pseudonimo di Ai Guozhu) attinge per raccontare una storia che rivela la crudele banalità del male. In “E adesso?” (Milano, Metropoli d’Asia, 2016) l’occhio esperto del poliziotto, professione svolta in passato dall’autore, si mescola alla sensibilità dello scrittore nel tracciare un ritratto dell’assassino alla prima persona, rivelandone i sentimenti (o la loro assenza assordante) con una scrittura asciutta e calibrata, efficacemente resa dalla traduzione italiana di Silvia Pozzi (docente Bicocca di lingua cinese).

(continua a leggere su Bnews)

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A Yi e Chan Ho Kei su Alias

Un articolo apparso su Alias, supplemento del manifesto, offre una panoramica sulle peculiarità del genere giallo e noir in Cina. Tra i vari autori vengono citati anche A Yi, che ha pubblicato con Metropoli d’Asia E adesso?, e Chan Ho Kei, autore di Duplice delitto a Hong Kong. Nell’articolo troviamo anche un commento di Andrea Berrini sui due autori citati.

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Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

Compiuti quarant’anni, Liu Yuejin, oltre ad aver preso l’abitudine di parlare da solo, era arrivato alla conclusione che la gente si divideva in due categorie: quelli che potevano permettersi di parlare, e quelli che avrebbero dovuto tenere la bocca chiusa perché dicevano sempre qualcosa di sbagliato e si mettevano nei guai. Lo sai che basta una frase storta per inguaiarti a morte? C’erano cose su cui Liu Yuejin aveva diritto di parola: per esempio in mensa, se servire rape stufate col cavolo oppure cavolo stufato con le rape, se aggiungere collo di maiale e in che quantità. Proprio come suo zio Niu Decao, che ai suoi tempi decideva cosa mangiavano i carcerati nella prigione di Luoshui. Fuori dalla mensa e dal carcere, però, facevano meglio entrambi a stare zitti. Tanto, anche se parlavano, era inutile. Non che le parole a vuoto siano necessariamente dannose, ma chi parla a vanvera deve sopportarne le conseguenze, e quindi la faccenda si ingrossa. Se sei in grado di assumerti le tue responsabilità, poco male; in caso contrario, il problema si ramifica e si aggrava. Purtroppo però, quando uno prende fuoco, tende a fare sparate per togliersi una soddisfazione.

Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

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Da E adesso?, di A Yi

Steso sul pavimento, in un momento di tristezza pre-partenza, ho telefonato a mia mamma. Era la prima volta che prendevo l’iniziativa. Litighiamo sempre.
Alla morte di mio padre, lei non ha versato una lacrima, anzi, si è lanciata senza paura negli affari. Vende all’ingrosso generi alimentari e bevande, anche se lei poi beve solo acqua calda. Quando arriva un carico di merce, ogni tanto trasporta lei gli scatoloni pur di risparmiare i soldi del facchino. Appena prendevo una merendina, diceva che era dannosa per la salute,perché è fritta nell’olio adulterato. Ribattevo che un grande marchio non può permettersi di truffare i clienti. Ma per lei era denaro buttato: «Se ne do una a te, per recuperare devo venderne almeno cento».
«Ma per cosa li guadagni i soldi?»
«Per te, per cosa se no?!»
«Li guadagni per me e poi non mi lasci mangiare?»
«Sono per il tuo futuro».
«Se mi viene il cancro e non riesco a mandare giù nulla, non sarà tutto inutile?» A quel punto avevo gettato la merendina. «Non riesci già più a inghiottire?» commentava lei, acida. Ero convinto che le interessassero soltanto i soldi. Ogni volta che finivo una merendina, nel suo sguardo leggevo la condanna dello spreco. Tra mille yuan e me, avrebbe scelto i mille yuan. Poi ho guardato la situazione sotto un’ottica diversa. I nostri continui e assurdi litigi avvenivano perché si preoccupava per la mia educazione. Da donna non istruita, l’unica cosa che sapeva, per esperienza personale, era guadagnarsi da vivere con il sudore, ed era l’unico potere che aveva su di me.

Da E adesso?, di A Yi

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Da Svegliami alle nove domattina, di A Yi

«Andate a cercare un medico, fatelo visitare», implorava. Ma loro si mostrarono seccati (per giunta stava parlando in falsetto) e quasi la spinsero fuori, quasi la cacciarono fuori dalla stanza, mentre lei, accovacciata sulla soglia, ripeteva che era ubriaco fradicio, finché Hongbin non le ruggì di levarsi di torno. Lei, obbediente, uscì, e in quel momento si sentì di colpo sollevata, tra le lacrime si lasciò sfuggire persino un sorriso, ma subito dopo il terrore tornò a impadronirsi di lei. Il fatto che l’avessero cacciata (privandola così dello status di parente del defunto), sospettava, presagiva alla sua identificazione come colpevole. Continuava a rivolgere lo sguardo in alto verso il cielo indaco, un cielo che sembrava sul punto di disintegrarsi, di collassare, così raggiante che era impossibile trattenere le lacrime.

 Da Svegliami alle nove domattina, di A Yi

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Metropoli d’Asia sulla Rivista Tradurre

La Rivista Tradurre propone in un articolo una panoramica sulla letteratura cinese in Italia negli ultimi dieci anni.

Si passano in rassegna case editrici e iniziative, individuando alcune linee di tendenza.

Veniamo inevitabilmente citati anche noi:

 

Accanto a questi casi pionieristici, a partire dalla fine degli anni duemila Metropoli d’Asia, anch’essa di Milano, ha selezionato un catalogo di opere rappresentative della letteratura urbana (e non solo) della macroarea asiatica, con particolare attenzione al mondo sinofono e cercando di mantenere un certo grado di continuità editoriale. Dopo diverse opere di Zhu Wen, Han Han e, più recentemente, della scrittrice sino-britannica Xiaolu Guo (che tuttavia scrive in inglese), sono apparsi tre romanzi riconducibili – benché solo lontanamente – ai generi del giallo e del noir, ovvero Oggetti smarriti di Liu Zhenyun (Liu 2016), E adesso? e il fortemente sperimentale Svegliami alle nove domattina (A 2016 e A 2017), entrambi di A Yi. Merito dell’editore è anche quello di aver presentato al pubblico anche opere in lingua cinese prodotte a Hong Kong e a Singapore, rispettivamente con l’intricato Duplice delitto a Hong Kong di Chan Ho Kei (Chan 2012) e L’atelier di Yeng Pway Ngon (Yeng 2013).

(Continua su Rivista Tradurre)

Da I nove continenti, di Xiaolu Guo

Sono nata orfana. Non perché i miei genitori fossero morti, no, erano entrambi vivi e vegeti. Più che altro mi hanno data via.
Ovviamente non ricordo nulla di specifico dei miei primi due anni di vita. Come nessuno della mia famiglia. Appena nata fui affidata a una coppia di contadini che viveva in un villaggio di montagna da qualche parte della nostra provincia vicino al Mar Cinese Orientale. Parecchi anni dopo, mi dissero che mia madre non aveva potuto allevarmi perché all’epoca mio padre era stato imprigionato in un campo di lavoro. Così i miei primi due anni di vita li trascorsi sul fianco di una montagna. L’unico ricordo che ho è falso, riferito dai miei nonni, i quali raccontavano del giorno in cui la coppia sterile riportò me, la bambina non voluta, dalle montagne fin giù da loro.
Piccolissima, e già data via due volte.

Da I nove continenti, di Xiaolu Guo

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Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

Brandon varca la cancellata del Centro Rimpatrio Forzato con la sua pizza ai peperoni e il suo caffè annacquato. Oggi non ha buone notizie per Jian. Supera due operai in tuta blu arrampicati su una scala a pioli che stanno portando giù il cartello Centro Rimpatrio Forzato di Dover. Rimontano sulla scala a pioli e Centro Rimpatrio Forzato diventa Centro Detenzione. Brandon alza gli occhi; nel cielo vagano pesanti nuvole nere. Cade la pioggia, che bagna all’istante il cartello appeso da poco dagli operai.
Un operaio si rivolge al collega. «Ma rimpatrio forzato e detenzione non sono la stessa cosa? La maggior parte degli stranieri che tengono chiusi qui saranno rimandati indietro, no?».
Brandon è bombardato dalle gocce di pioggia. Corre nell’edificio per ripararsi.
La pioggia picchietta la finestra vicino a Jian. Quando Brandon comunica le ultime notizie, Jian si china sul planisfero, quasi a volersi fondere in quella superficie di carta. Le autorità inglesi stanno chiudendo la porta agli immigrati; rifiuteranno quasi il 90 per cento delle domande in base al nuovo sistema a punti.
«Jian, cerca di capire, in questo Paese non c’è spazio per altre persone. Questa non è la Cina!»
«In quanti siete?» chiede Jian.
«Sessanta milioni, inclusi i gallesi e noi scozzesi. È tantissimo per un’isola così. Non è come in Svizzera, che sono solo in sette milioni!».

Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

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Da E adesso?, di A Yi

A pranzo ho cominciato a stare più attento ai soldi e per andare in stazione ho usato i mezzi. Molto prima di arrivare, ho tolto la batteria al cellulare.
Nel piazzale c’è un muro con un’enorme mappa della Cina, davanti al quale le persone guizzavano come pesci. Mi sono fermato lì e mi sembrava di essere immerso nel fiume del tempo. Il giorno dopo, al mio posto ci sarebbe stato il capo della polizia, con il medesimo interrogativo: «Dove si rifugerebbe un criminale?». Io avevo un’infinita gamma di possibilità, ma lui sarebbe stato costretto a ricorrere al rasoio di Occam, limitandosi a due ipotesi: 1) un luogo in cui ha un interesse particolare o un legame affettivo; 2) un luogo in cui conosce qualcuno.
Per il resto era in mano al destino.

Da E adesso?, di A Yi

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Da Svegliami alle nove domattina, di A Yi

Strofinava con perizia, scrupolo, durezza, come se stesse raschiando le assi di una porta, e mentre cercava di infilargli l’abito funebre si accorse che le sue mani, un tempo tornite e possenti, avevano perso peso, pendevano a casaccio, e tutto quanto il suo corpo ondeggiava avanti e indietro seguendo la gravità terrestre come la testa di un neonato insonnolito. «Mettiti a sedere», gli ordinò a mezza voce, e nel suo tono rabbioso si sentiva che lei era la moglie abbandonata, che sarebbe stata in eterno la sua sposa (la sola, per meglio dire), la somma di tutte le sue donne, moglie, sorella, madre. «Sono dieci anni e passa che ostenti la tua forza, ti prego, adesso alzati».
«Si è solo appisolato, non può essere morto». Jin Yan, che era nativa dello Hubei, continuava a sbandierarlo ai quattro venti.

 Da Svegliami alle nove domattina, di A Yi

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