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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Tutti i post su liu zhenyun

Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

Compiuti quarant’anni, Liu Yuejin, oltre ad aver preso l’abitudine di parlare da solo, era arrivato alla conclusione che la gente si divideva in due categorie: quelli che potevano permettersi di parlare, e quelli che avrebbero dovuto tenere la bocca chiusa perché dicevano sempre qualcosa di sbagliato e si mettevano nei guai. Lo sai che basta una frase storta per inguaiarti a morte? C’erano cose su cui Liu Yuejin aveva diritto di parola: per esempio in mensa, se servire rape stufate col cavolo oppure cavolo stufato con le rape, se aggiungere collo di maiale e in che quantità. Proprio come suo zio Niu Decao, che ai suoi tempi decideva cosa mangiavano i carcerati nella prigione di Luoshui. Fuori dalla mensa e dal carcere, però, facevano meglio entrambi a stare zitti. Tanto, anche se parlavano, era inutile. Non che le parole a vuoto siano necessariamente dannose, ma chi parla a vanvera deve sopportarne le conseguenze, e quindi la faccenda si ingrossa. Se sei in grado di assumerti le tue responsabilità, poco male; in caso contrario, il problema si ramifica e si aggrava. Purtroppo però, quando uno prende fuoco, tende a fare sparate per togliersi una soddisfazione.

Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

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Metropoli d’Asia sulla Rivista Tradurre

La Rivista Tradurre propone in un articolo una panoramica sulla letteratura cinese in Italia negli ultimi dieci anni.

Si passano in rassegna case editrici e iniziative, individuando alcune linee di tendenza.

Veniamo inevitabilmente citati anche noi:

 

Accanto a questi casi pionieristici, a partire dalla fine degli anni duemila Metropoli d’Asia, anch’essa di Milano, ha selezionato un catalogo di opere rappresentative della letteratura urbana (e non solo) della macroarea asiatica, con particolare attenzione al mondo sinofono e cercando di mantenere un certo grado di continuità editoriale. Dopo diverse opere di Zhu Wen, Han Han e, più recentemente, della scrittrice sino-britannica Xiaolu Guo (che tuttavia scrive in inglese), sono apparsi tre romanzi riconducibili – benché solo lontanamente – ai generi del giallo e del noir, ovvero Oggetti smarriti di Liu Zhenyun (Liu 2016), E adesso? e il fortemente sperimentale Svegliami alle nove domattina (A 2016 e A 2017), entrambi di A Yi. Merito dell’editore è anche quello di aver presentato al pubblico anche opere in lingua cinese prodotte a Hong Kong e a Singapore, rispettivamente con l’intricato Duplice delitto a Hong Kong di Chan Ho Kei (Chan 2012) e L’atelier di Yeng Pway Ngon (Yeng 2013).

(Continua su Rivista Tradurre)

Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

Finiti i guai con Lao Huang e Wu Laosan, cominciarono quelli con Han Shengli. Quando avevano concordato il prestito, si era detto che glieli avrebbe restituiti entro tre giorni con il trenta per cento di interesse. Erano passati tre mesi e Han Shengli non aveva ancora visto un centesimo. Se uno non restituisce i soldi, i casi sono due: o non ce li ha, o non vuole tirarli fuori. Liu Yuejin diceva di non averli, Han Shengli era convinto che non volesse tirarli fuori. Dopo discussioni e imbarazzi, alla fine Han Shengli aveva concluso, scuotendo la testa: «Una volta che ti comporti bene, anche gli amici diventano nemici».

E di fatto ormai erano nemici. All’inizio Han Shengli andava con la faccia lunga a batter cassa una volta alla settimana, adesso si presentava tutte le sere. Liu Yuejin, dal canto suo, aveva cambiato musica, non diceva che non glieli avrebbe dati e neanche di non averli: «I miei soldi chiedili a Ren Baoliang. Non mi ha ancora pagato lo stipendio, vuoi che vada a prenderli con la forza?».

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Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

Tre mesi prima c’era stato il matrimonio della figlia di Lao Huang, quello che vendeva i colli di maiale. Non trattava soltanto capocollo ma anche cuore, polmoni, budella e frattaglie d’ogni tipo. Gli altri banchi vendevano principalmente carne, il resto solo se capitava, mentre da Lao Huang c’erano solo collo e interiora, ragion per cui i suoi prezzi erano più bassi. Liu Yuejin comprava sempre da lui e, a lungo andare, erano diventati amici. Quando Liu Yuejin faceva scivolare di straforo nel carretto qualche pezzo di budello, Lao Huang non diceva niente. A volte, dopo aver comprato, si sedeva a chiacchierare e Lao Huang lo stava a sentire. Quando la figlia si era sposata, Liu Yuejin aveva partecipato al regalo e ora era seduto al banchetto di nozze. C’erano cibo e bevande, lui non aveva mangiato granché ma si era scolato un bel po’ di vino. Vicino a lui c’era la moglie di Wu Laosan, quello che vendeva i colli di gallina. Liu Yuejin li prendeva sempre da lui. Come Lao Huang, Wu Laosan non vendeva il resto del pollo, solo colli e carcasse. Quando andava al suo banco, Liu Yuejin scherzava spesso con sua moglie. Wu Laosan e la sua signora venivano entrambi dal Nord-Est, e le donne di quelle parti sono famose per avere un seno abbondante.

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Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

Aveva impugnato il mattarello e giù botte da orbi a Ren Baoliang. Liu Yuejin osservava quel poveraccio che si proteggeva la testa con le braccia e le prendeva senza fiatare, continuando a masticare, quando a un certo punto non ce la fece più e andò a bloccare Niu Decao: «Basta, zio, dai, in fondo è solo un pollo arrosto. Anche se continui a dargliele, non è che te lo sputa indietro».
Ren Baoliang scoppiò a piangere: «Non è per il pollo, è che sono dentro da più di due anni e non mi è mai venuto a trovare nessuno».
Quando Ren Baoliang uscì dopo aver scontato la pena, per prima cosa andò al Villaggio dei Liu a trovare Liu Yuejin e gli portò dieci polli spennati, sventrati e puliti. Trascorsi cinque anni, era diventato capomastro in un cantiere di Pechino. In quel periodo non si erano visti, ma avevano continuato a scriversi. Dopo altri cinque anni, Liu Yuejin aveva divorziato e se n’era andato da Luoshui per la rabbia. Quindi aveva cercato Ren Baoliang, che lo aveva preso a fare il cuoco nel cantiere. Se non fosse stato un suo sottoposto, sarebbero rimasti amici, ma dove c’è gerarchia non può esserci amicizia. O meglio, Ren Baoliang poteva dire di essere amico di Liu Yuejin, ma Liu Yuejing non poteva trattare Ren Baoliang come tale. Oppure potevano anche comportarsi da amici in privato, ma in pubblico tornava in ballo la gerarchia. Liu Yuejin lo aveva capito: quando erano soli lo chiamava Baoliang, se c’era qualcun altro cambiava musica e lo chiamava direttore Ren.

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Quando Liu Yuejin andava con la madre a trovare la nonna materna, lo zio, che ci vedeva ancora, lo ignorava e gli metteva anche un po’ paura. Era un semplice cuoco di prigione, ma si dava un sacco di arie. Non per il mestiere in sé, ma per il luogo in cui lo esercitava. Nelle trattorie intorno al mercato i cuochi dovevano sempre preoccuparsi di cucinare bene, in prigione invece lui cucinava e basta. Anche volendo non c’era modo di fare meglio: sempre verdure in salamoia, pappa di riso e panini di farina di granturco cotti al vapore, tre volte al giorno per trecentosessantacinque giorni l’anno. Al ristorante, se il cibo è scadente, te la prendi con il cuoco; in galera i carcerati non fiatavano, anzi, quando lo incontravano abbassavano la voce in segno di rispetto. Gli altri cuochi disprezzavano Niu Decao, e lui li ricambiava con la stessa moneta: «E che cazzo, dappertutto chi cucina è al servizio di chi mangia, avete mai visto il contrario?».

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Oggetti smarriti su Il Fatto Quotidiano

Sul blog di Lorenzo Mazzoni, ospitato da Il Fatto Quotidiano, si è parlato di Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun. Partendo dalla trama, l’autore si sofferma soprattutto sulle caratteristiche dei personaggi e sullo scenario nel quale si muovono.

Un romanzo pirotecnico, una girandola di colpi di scena, un gigantesco gioco d’azzardo dove nessuno è quello che sembra e nel quale tutti i personaggi coinvolti non fanno altro che cercare di depistare gli altri per qualche tornaconto personale. Si tratta di Oggetti Smarriti, dello scrittore cinese Liu Zhenyun (pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia, tradotto da Patrizia Liberati), un romanzo intriso di un sarcasmo feroce, dove i contrasti tra la grande metropoli, Pechino, e i suoi nuovi abitanti, gli emigrati delle zone rurali con il loro bagaglio di cultura antica, risultano uno scoglio gigantesco per la ricerca di una soluzione finale.

(continua a leggere sul blog di Lorenzo Mazzoni)

Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

Al cantiere sapevano tutti che Liu Yuejin era un furfante. I borseggiatori agiscono per strada, i ladri nelle case, mentre il suo territorio era il cantiere. Lui però non prendeva rotoli di vergella, cavi elettrici o giunti per i ponteggi, faceva il cuoco e quindi rubava in mensa. Non proprio all’interno della mensa, bensì al mercato. Ogni giorno si alzava di buon’ora per andare a fare la spesa. Erba cipollina, rape, cavoli, patate, carne e cipolle avevano i prezzi esposti ma, in un cantiere di centinaia di persone, si compravano quantità enormi e si poteva trattare sulle cifre. Cinque centesimi per mezzo chilo, quando si tratta di decine di chili diventano qualche yuan e, se uno compra sempre dallo stesso banco, può ricavarci anche qualcosa in più. Poi c’era la carne: filetto, pancetta o capocollo hanno prezzi diversi. Nel cantiere si diceva che a tutti gli operai era venuto il collo taurino a forza di mangiare i tagli scadenti rifilati da Liu Yuejin. Per dare del ladro a uno, tuttavia, bisogna prenderlo in flagrante: lui non si faceva beccare, quindi non era un ladro. Erano tutti furiosi non a causa dei furti, ma perché non riuscivano a coglierlo sul fatto. Il capomastro Ren Baoliang diceva: «Pensavo che i furfanti fossero quelli che riesci ad acchiappare, invece il più furfante di tutti è quello che riesce a farla franca».

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Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

Ora era tornato sull’argomento. Yang Zhi sputò a terra e gli rispose: «Prima mi fai cercare la gente e poi mi fai pagare il conto? Lo sai che basta un pranzo per capire la natura di un uomo?».
Lao Gan, con i soldi ancora in mano, ansimò: «Che discorsi! Dai, riprenditeli!».
Yang Zhi non gli badò e, con il marsupio in mano, stava per andarsene. Sul punto di uscire, prese da un tavolo un tovagliolo di carta per pulirsi la bocca e notò, vicino all’ingresso, la presenza di una donna magrolina seduta davanti a una ciotola di spaghetti in brodo di frattaglie. Non mangiava, era assorta a guardare i passanti fuori dalla finestra. Per strada avevano appena acceso i lampioni e la gente aveva affrettato il passo. Dopo aver camminato un po’, Yang Zhi cercò in tasca le sigarette e si accorse di averle lasciate alla trattoria. Pensò che non valeva la pena tornare indietro e comprò un altro pacchetto a una bancarella, lo aprì, tirò fuori una sigaretta e se l’accese, continuando a camminare. La donna della trattoria lo aveva seguito e gli si accostò.

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Oggetti smarriti su Leggere a lume di candela

Il sito Leggere a lume di candela ha dedicato una recensione a Oggetti smarriti, il nuovo libro di Metropoli d’Asia dell’autore Liu Zhenyun. Oltre alla trama, si parla anche dei personaggi e dello scenario in cui si svolge la storia, Pechino.

Due consigli per chi prende tra le mani “Oggetti smarriti”: non preoccupatevi se vi sembra di confondere i nomi dei personaggi, è difficile ricordarli, ma non ha molta importanza e almeno un paio vi resteranno in mente.
E poi lasciatevi trascinare dalla trama e dalle storie, correte insieme ai ladri nelle strade di Pechino, sedetevi insieme a loro in uno dei tanti posti all’aperto a mangiare una ciotola di zuppa, guardate in alto verso la cima dei grattacieli di nuova costruzione, andate nei vicoli bui della città vecchia, incontrate la miriade di persone che popolano il sottobosco cittadino e che trafficano rispettando la delimitazione delle loro aree di gioco.

(continua a leggere su Leggere a lume di candela)

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