• Chi siamo

    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
  • Libri

  • Parlano di noi

    • A Yi e Chan Ho Kei su Alias
    • Ayu Utami su Alias
    • L’impero delle luci segnalato su Internazionale
    • Metropoli d’Asia sulla Rivista Tradurre
  • Autori

Democrazia e scrittura

Orwelliana Singapore?

Qualche giorno fa un bell’articolo di Massimo Morello sul sito di Lettera22 raccontava in modo esauriente Singapore e la sua democrazia a senso unico, che definire autoritaria è un eufemismo. Lo faceva attraverso le parole dei suoi uomini di governo e di qualche megamanager delle molte corporations globali che fanno base in questa città stato del sudest asiatico, per niente spaventati all’idea delle restrizioni imposte alla libertà di opinione (e di movimento: l’autore di un recente pamphlet sulla pena di morte a Singapore è in galera da sei mesi, in attesa di un giudizio).

Paradossalmente, per uno scrittore questo è un momento di apertura. Ethos Books ha presentato di recente un memoir di Teo Soh Lung che ripercorre la sua lunga prigionia, dopo l’arresto a seguito della cosiddetta ‘Cospirazione Marxista’ della fine anni ottanta.

In realtà sono ormai molti gli scrittori e i poeti che, nonostante la militanza nei movimenti di opposizione della fine anni ottanta e novanta vengono ora pubblicati apertamente, e sembrano non temere più la censura. Un esempio è Yeng Pway Ngon, le cui poesie vengono pubblicate in raccolta da Literary Centre (uno dei volumi si intitolerà ‘Rebellion’). Un altro Suchen Christin Lim il cui Rice Bowl ripercorre quegli anni.

Pochi giorni fa il supplemento cultura e spettacoli dello Straits Time, Life, esibiva in prima pagina la foto di gruppo di otto poeti, tra i quali lo stesso Pway Ngon e Cyril Wong, un altro scrittore che ha sempre espresso apertamente il suo dissenso.

Forse gli scrittori non contano più niente, nel nuovo mondo asiatico? Recentemente, a una discussione pubblica organizzata dal British Council per presentare il progetto Writing the City, prima dell’inizio, ho chiesto al moderatore se mi avrebbe consentito di porre una domanda proprio su questo tema: gli scrittori di Singapore e la democrazia. Mi ha risposto: meglio di no. Torna tra un anno, e vedrai che sarà possibile.
Ieri sera, a cena con due registi e autori di pubblicità ho avuto invece una risposta esauriente. Mi hanno detto: il processo è irreversibile, questo paese intende vendere sé stesso come l’hub dell’Asia del Sudest. Sta cercando di attrarre qui le sedi continentali delle agenzie pubblicitarie, dei media. I think tank di tutta l’Asia fanno base a Singapore. Come puoi vendere una immagine di Singapore come centro della creatività asiatica, e poi costruire un clima di costrizione? Come a dire che la pubblicità è l’anima della democrazia: molto orwelliano, molto singaporeano. Ma in paese dove i poeti scrivono di notte e di giorno sono economisti, analisti finanziari e manager, tutto è possibile.

Bella l’intervista a Suchen Christine Lim, edita da un piccolo blog semisconosciuto

Bluesman

Finalmente Brian Gomez ci ha inviato un link utile: quello dell’Hideout, locale dove il Terry Fernandez protagonista di Malesia Blues si esibisce quasi ogni sera. Ma pechè somiglia così tanto a Brian Gomez? E perché è indicato come “BG”?

Strana Malesia (2)

Family Portrait

Se ne parlava a Ubud Writers Festival: la liberazione sessuale come tema dominante in paesi che entrano in scena prepotentemente. E se da un lato siamo noi a guardarli, sorpresi dalla crescita che appare inarrestabile, dall’altro sono loro che guardano sè stessi: nel giro di un paio di generazioni, cambiano le regole del gioco. Seksualiti Merdeka l’evento a cui si riferisce la foto (letteralmente “Indipendenza sessuale”), si è svolto pochi giorni fa in un paese, la Malesia, dove vige la Sharia. Basta guardare il ritratto di famiglia per capire dove i nostri eroi vogliono andare a parare.

Se ne parlava a Ubud facendo un raffronto tra India e Indonesia, dove la liberazione sessuale è affare femminile (e noi ci siamo con Dangerlok, tipi pericolosi, di Eunice De Souza, di prossima uscita, e con Le Donne di Saman, di Ayu Utami) da un lato, e Malesia e Singapore dall’altro: in questi due ultimi paesi, stranamente quelli più oppressivi e arretrati come legislazione e giurisprudenza, sono semmai gli omosessuali a rompere il ghiaccio.

Infine, una vecchia intervista del nostro Brian Gomez, con una foto che è tutta un programma. Girare la sera i pub di Kuala Lumpur (detta KL) con lui e la sua Melanie, trovare gli ambienti più meticci e le musiche più contaminate che si può, vederlo prendere in mano la chitarra e regalarci un blues, è una festa. Brian, me lo mandi ‘sto dvd o no?

Ubud vs Frankfurt parte seconda

Sitor Situmorang

Dunque nelle stesse identiche date della più importante fiera del libro globale, a Ubud (Bali) vengono invitati scrittori e operatori, a raccontare i loro libri e le loro storie. Metropoli d’Asia era lì insieme a Brian Gomez (Malesia Blues) e Djenar Maesa Ayu (il cui Nayla tradurremo più avanti). Festival un po’ particolare, certo, con una preponderanza di autori australiani e quindi come spesso accade a questi eventi asiatici un po’ sbilanciato verso le scritture in inglese: comanda chi ci mette i soldi, certo. Però vetrina per autori altrimenti sconosciuti. Ve ne segnalo alcuni. Ma Thida, attivista per i diritti umani in Birmania, collaboratrice di Aung San Suu Kyi, che racconta come sia diventata screittrice dopo cinquae anni e sei mesi di detenzione ai quali è sopravvissuta imparando le tecniche di meditazione buddista vipassana. Ma Thida ritiene che la sua decisione di diventare scrittrice (con un memoir, e ora un romanzo) sia una sorta di continuazione di quelle pratiche di meditazione. Un po’ surreale la sua presentazione, costretta com’era a rispondere a monosillabi alle pressanti richieste del pubblico circa la situazione presente in Birmania e le prossime elezioni farsa di novembre: subire la censura e doversi adeguare è altra cosa che parlarne a tavolino. La vediamo in una collezzione di interviste video mica male, con alcuni autori che spiegano cosa leggono, e come scrivono. Dal sito e da Facebook consiglio questa pagina su Sutardji , ma gli scrittori indonesiani sono presenti un po’ dappertutto, cercate l’intervista a Dewi Lestari e questa pagina su Sitor Situmorang
Mica male l’idea di continuare Ubud Festival in molte altre città Indonesiane con il tour di una dozzina di gruppi Hip Hop australiani e indonesiani.

Ethos

Ethos Books

Singapore. A cena con Fong Hoe Fang di Ethos Books. Pubblicano molta poesia, memoir, qualche raccolta di racconti. Mi spiega che qui manca l’aria: una ragnatela di restrizioni leggere ma insistenti, un regime oppressivo, democratico nella forma ma con la prevalenza e la prepotenza del partito di governo. Ha un amica che si presentò alle elezioni criticando il potere, e fu di fatto espulsa dal paese. Difficile che un autore si senta libero di raccontare storie aperte, con lo sguardo acceso sulla società che lo circonda. Tendenza a ripiegare sul privato, a guardarsi l’ombelico. E allora viene più facile fare poesia, o scrivere racconti brevi piuttosto che romanzi. La prossima settimana Ethos Books presenta alla Arts House una raccolta di poesie di Yeong Pwai Ngon, il libraio indipendente di lingua cinese più noto in città. Pwai Ngon ha scritto un bel romanzo, che spazia dagli anni della repressione, inizio ’80, fino ai tempi nostri. Non ha paura, lui: è già stato dentro un paio di volte, per mesi.

Solitudini vs Moltitudini

Un'immagine dal sito Cha: an Asian literary journal

Vado un po’ per associazione di idee. I Giochi del Commonwealth di Delhi sono in forse: l’endemica follia e inefficenza indiana hanno prodotto come risutato stadi pericolanti, villaggi degli atleti fatiscenti. Una società ipertrofica, sregolata, dove tutti sono a contatto con tutti senza filtri di genere, di lingua, di casta o di censo. All’opposto, nel continente, Singapore, Hong Kong, Seoul con i loro grattacieli che svettano, le linee ad alta velocità, gli avvenirismi. Compariamo le visioni del proprio mondo che hanno gli scrittori di questi paesi, andando a scandagliare riviste e blog letterari per capire la loro relazione con l’arte in genere: che fotografie, che pittura, che installazioni scelgono i poeti per rappresentare sè stessi e gli altri?

Dall’India: segnalato da Annie Zaidi nel suo blog e un articolo da The Caravan. Da Singapore e Hong Kong: Quarterly Literary Review Singapore, e Cha.

Brian Gomez, due appuntamenti in Italia per Malesia Blues

Metropoli d’Asia

Mercoledì 29 settembre – ore 18.30
Libreria Giunti al Punto – Torre di Abele
Via Pietro Micca, 22 – Torino

Brian Gomez
presenta il suo libro
Malesia Blues

modera:
Andrea Berrini

interviene:
Irma Piovano

Giovedì 30 settembre – ore 18.00
Libreria Melbookstore
Via Rizzoli, 18 – Bologna

Brian Gomez
presenta il suo libro
Malesia Blues

modera:
Andrea Berrini

interviene:
Silvia Vignato

Un romanzo che parla di terroristi, prostitute, politici e altra roba divertente.

Una storia irriverente, grottesca e tragica animata da una galleria di personaggi che ricordano le black comedy di Tarantino.

Divorare la civiltà

La copertina di Known Turf

Annie Zaidi, giornalista e scrittrice, riesce sempre a raccontarci qualcosa di nuovo sull’India di oggi, anche solo grazie a una scelta di spigolature. Qui ci racconta di come il Governo dello stato di Bombay (ooops, Mumbai…), il Maharashtra governato da anni dai partiti della destra religiosa, abbia messo fuori legge una parola: fame. Tra poesie d’amore, critica letteraria e inchiesta giornalistica il suo blog Known Turf è tra i più interessanti in circolazione. Known Turf, ovvero zolle conosciute, è anche il titolo del suo libro inchiesta, un viaggio attraverso l’India ‘altra’, l’India invisibile, consumando le suole delle proprie scarpe alla Kapuscinski: “Questa è la mia zolla. Il pezzo di terra dove intendo mantenere le mie radici. Le zolle ignorate hanno l’abitudine di sollevarsi e divorare le ‘civiltà’ “. Eccone l’incipit: “I cannot boast of having a secular interest in lawlessness per se, but as far as dacoits (n.d.t: banditi) are concerned it is true that I was fascinated, probably on account of having watched too many Hindi movies: horses, high drama and all of that. Also, in a corner of my mind lay buried a story my grandmother used to tell me about my great-grandfather and a dacoit called Sultana daaku…
Metropoli d’Asia tradurrà il bellissimo libro di Annie Zaidi nei prossimi mesi.

Strana Malesia

Una copertina di Matahari Books

Quando si dice che la letteratura rivela… Il Ministero degli Interni malese si è trovato recentemente alle prese con un dilemma: cosa fare di Body2Body, antologia di storie omosossuali edita da Matahari Books?
La Malesia è un paese dove la Sharia è applicata in modo… ondivago. La parte della popolazione di etnia Malay (circa il 65%, ma il governo dice l’80%, l’opposizione dice il 50%!) sarebbe infatti tenuta a osservare legge coranica, mentre gli altri (Cinesi Hokkien, Cantonesi, Tamil, WASP e altri bianchi a piacere) no. In realtà vengono applicati solo alcuni principi, simbolicamente. Ad esempio ai Malay è vietato partecipare a corsi di ginnastica yoga (si registra un grosso dibattito intorno al Pilates). Come si può immaginare, dietro tutto ciò ci sono appetiti e clientele del politico di turno. In questo caso, non avendo il coraggio di censurare il libro, qualcuno manda i poliziotti nelle librerie a… comprare tutte le copie rimanenti. Risorse naturali, tecnologie di punta (perfino nell’industria aerospaziale), biotecnologie, informatica, anche un grosso produttore automobilistico fanno della Malesia un paese di punta. Anche perchè dagli stretti passa la quasi totalità del traffico navale tra oriente e Europa. Anche perchè la Malesia è (era?) paradiso fiscale. Anche perchè è zona franca per petrodollari in libera uscita. E quando i dollari USA si mescolano ai petrodollari c’è sempre da divertirsi… Corpo a corpo!

Frankfurt Buchmesse vs Ubud Writers Festival

Il logo di Ubud Writers Festival

Stesse date, dal 6 al 10 ottobre, circa dodicimila chilometri di distanza. La competizione tra Ubud Writers & Readers Festival e Fiera di Francoforte è evidente. Per ora, Golia è in Europa, ma la fionda degli indonesiani tira lontano. Ho chiesto agli organizzatori: questo significa tagliar fuori praticamente tutti gli operatori dell’industria editoriale globale, che non possono esimersi dal pagare pegno alla più grande fiera del mondo. Risposta: no, molti asiatici vengono qua. E’ l’ora della svolta, chi è interessato all’Asia faccia una scelta. Presuntuosi? Sì, ma interessanti. Alla settima edizione, gli scrittori invitati sono più di 120 alla faccia della crisi, per la maggior parte da Asia e Pacifico. Molti scrivono in inglese, lingua che sarà ancora il medium preferito degli incontri: ma a questo punto la scelta non è più di retroguardia, è un modo come un altro di cercare di imporsi al mondo. Ma Jan, Tash Aw, Najat el Hachmi, Nguyen Qui Duc saranno a Ubud.
Anche Metropoli d’Asia.
E, del resto, i contatti a livello globale tra editori e agenti non si tengono via web, di questi tempi? Io apro il mio skype, il mio gmail, e ho il volto dell’ interlocutore davanti agli occhi. Non posso pagar da bere, certo. Ma pochi mesi fa, quando i visitatori della fiera di Londra restarono a casa bloccati dal fumo del vulcano, la maggior parte degli appuntamenti fu onorata via web. E molti dissero: beh, ho fatto meno fatica.
Europe vs Asia…

escobar.alma@mailxu.com glasscoamber@mailxu.com