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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Ricominciare


Bentornati, dunque. Ricominciamo a postare sul nostro blog, con un po’ di notizie varie sugli autori della scuderia MdA. Amruta Patil incrocia le nostre scelte con una bella recensione del 20 agosto a LIE, di Gautam Bhatia, che appare anche sull’ultimo numero di Biblio . Una nuova graphic novel scritta da un autore decisamente anomalo, architetto di professione e scrittore per passione, intellettuale e civile capace con la sua satira di raccontare l’India a partire dai gusti architettonici dei ricchi o dalle trasformazioni del segno grafico classico in iconografia contemporanea. Speriamo di riuscire a portarlo presto in libreria anche in Italia. Un libro che conferma l’attenzione degli intellettuali indiani (ma Bhatia inorridisce davanti a questa definizione) per la società nella quale vivono, che, per inciso, è attraversata da un dibattito acceso intorno alle attività paramilitari dei gruppi maoisti negli Stati dell’Est e alla feroce repressione da parte dei reparti speciali dell’esercito. Ne fanno le spese i contadini poveri di quelle regioni. Gli ultimi numeri di Tehelka con le inchieste di Shoma Chaudury forniscono un buon aggiornamento sul tema.
Il blog di Amruta sforna con cadenza ormai regolare belle tavole e pagine a fumetti. Di questo passo renderà superflua la pubblicazione su carta della sua nuova graphic novel…

Zhu Wen intanto continua nella promozione del suo ultimo film THOMAS MAO. Dopo la grande accoglienza al Shanghai Film Festival, che come tutto ciò che è Cina sta scalando le classifiche di notorietà e ambisce a entrare nella schiera dei festival di serie A pronto a sfidare Cannes, Venezia, Berlino, THOMAS MAO sbarca al London Film Festival in ottobre cercando una distribuzione nelle sale europee. Noi, dopo DOLLARI LA MIA PASSIONE, abbiamo in uscita il suo primo romanzo, L’AMORE E L’IMMONDIZIA, per gennaio.

Intanto, dalla Malesia, for some strange reason…http://ubudwritersfestival.com/writer/brian-gomez.
Ma su Ubud Writers and Readers Festival e su Malesia Blues continuiamo tra qualche giorno.

Literary Vs. Commercial

Su The Hindu Literary Review, vi segnalo un bell’articolo di Adithya Sudarshan che lamenta, a suo dire, uno scadimento nella produzione narrativa indiana. Ciò che viene messo all’indice è in realtà il lavoro degli editor, propensi a pubblicare una narrativa definita commerciale, che molti ritengono specchio fedele dell’India di oggi. In realtà molti dei ‘chiklits’ o gialli o romanzoni giovanili si limitano e rendere una visione superficiale della vita dei ceti medi indiani, piena di stereotipi e ripetizioni. Perché, si domanda Sudarshan, non proporre una narrativa di qualità, che pure sia in grado di attrarre (giovani) lettori che chiedono di leggere (e quindi poi parlare, discorrere) della loro quotidianità, delle loro vite così come sono? Sudarshan va oltre. Dove nasce la falsa differenziazione tra narrativa commerciale e narrativa letteraria? Non è meglio parlare di narrativa tout court, e distinguere tra cattiva fiction e buona fiction? (Lo diceva il buon Frank Zappa: non ci sono generi musicali, c’è solo musica buona e musica cattiva).
Metropoli d’Asia vota a favore.

Shining Asia?

Giubbe rosse tailandia

Giubbe rosse in protesta (primavera 2010).

Ho incontrato una persona interessante, proveniente da Bangkok, con qualche buona proposta di pubblicazione di romanzi Thailandesi. Si chiama Massimo Morello, giornalista, è collaboratore di testate prestigiose in Italia. Il suo blog www.bassifondi.com figurerà da oggi nella nostra lista di siti amici. Morello mi spiegava la difficoltà, per un giornalista, di raccontare storie che non siano, da un lato, legate alla attualità più stretta, dall’altro compatibili con la narrazione dei magazine e con le loro richieste apparentemente assurde: non storie troppo legate al sociale, non troppo lacrimose ma ‘positive’, possibilmente inusuali e capaci di suscitare meraviglia. Mi è subito venuta in mente la definizione ‘Shining India’ inventata dai media anglosassoni: ma l’India è molto poco Shining, e a me da fastidio l’attenzione dei media italiani per scrittrici asiatiche la cui caratteristica principale è di essere carine e ben vestite. Così con Morello discuteremo di narrativa Thailandese, della sua produzione in Thai o in inglese. Storie ruvide, ruspanti, poco brillanti e salottiere.

Il vero e il verosimile

Tanto per riprendere il discorso iniziato alcuni post fa sulla differenza tra giallo a chiave e noir, a Taiwan: dall’India, un articolo su Lounge sul legame tra realtà e narrazioni. Dalla Cina, invece, un ragionamento sulla fantascienza: una giovane scrittrice di Pechino, Zhang Yue Ran, mi spiegò qualche mese fa che i giovani scrittori cinesi scelgono il fantasy come genere perché consente loro di staccarsi dalla realtà, a suo dire non interessante, della Cina di oggi. I più anziani hanno una predilezione per storie comunque ambientate nella storia e nella società, noi sentiamo il bisogno di ‘volare più in alto’, e quindi disancorarci dal presente. Nei suoi fantasy l’archetipo della porta che si apre su un mondo diverso e parallelo è sempre presente.

Stregati dalla realtà

Ha vinto Pennacchi, dunque. La Avallone solo seconda, Rizzoli ancora a bocca asciutta, Mondadori superstar.
Al di là delle classifiche, delle congiure e con/giurie, mi piace che i due contendenti siano romanzi che cercano di affondare i piedi nella Storia: le paludi pontine di ‘Canale Mussolini’ e le acciaierie di Piombino di ‘Acciaio’. Mi sopravviene una botta di ottimismo: dopo anni in cui la narrativa italiana mi è sembrata occuparsi solo di ceti medi (e cioè noi: noi che leggiamo, noi che scriviamo, noi che abbiamo professioni intellettuali. Noi che non lavoriamo con le mani), forse ci stiamo accorgendo che esiste un mondo fuori dal nostro, di manovali e operai e che questo mondo va indagato descritto, ascoltato. Esagero se penso che le modificazioni del mondo ci stiano costringendo a guardarci intorno? In ogni caso, Metropoli d’Asia intorno si guarda, eccome.

Vicinanze

Mi trovo a raccontare una storia che mi riguarda direttamente, come scrittore. Lo faccio perchè è un buon esempio di quanto la nuova Asia abbia oggi da condividere con la vecchia Europa.
L’editore di Singapore con cui MdA ha iniziato una collaborazione stretta è la Ethos Book del mio amico Fong Hoe Fang. Una sera mi è capitato di accennare a un mio libro: Noi Siamo la Classe Operaia, edito da Baldini&Castoldi anni fa. Narravo la storia dei duemila operai dei cantieri di Monfalcone che, nel 1947, decisero di emigrare nella confinante Jugoslavia perchè, dicevano, volevano contribuire alla costruzione di una società comunista. Come si può immaginare, l’emigrazione di massa ebbe esiti tragici: alcuni dei monfalconesi vennero addirittura rinchiusi per anni nei terribili gulag di Tito. Una decina di anni fa intervistai molti degli anziani protagonisti di quell’epopea, descrivendo la delusione e il vero e proprio trauma che quella storia contribuì a sedimentare nelle fibre dell’immaginario collettivo operaio e di sinistra in Venezia Giulia: il sogno di una società diversa che si infrange sulla scorza ruvida del comunismo reale.
In un ristorante di Singapore poco tempo fa, Hoe Fang mi ascoltava impietrito. Gli vidi gli occhi lucidi. Cominciò a raccontare lui, con fatica. La sua era una famiglia di proprietari terrieri, originaria della Cina del sud est. Negli stessi anni in cui i miei monfalconesi si rompevano il muso contro il muro del socialismo titino, il fratello di suo nonno si unì ai comunisti cinesi di Mao Tse Tung impegnati nella Lunga Marcia, che stava per sfociare nella rivoluzione e nella presa del potere. Il primo effetto dell’instaurazione del comunismo fu l’espropriazione dei latifondisti: i fratelli si divisero, il nonno di Hoe Fang fece appena in tempo a trasferire parte di suoi averi a Singapore, dove di lì a poco fondò la stamperia che oggi, guidata da Hoe Fang, è una fiorente industria grafica e pubblicitaria (oltre che editoriale). Il fratello rimase con i suoi compagni: si dichiarò lieto di vedere le sue terre espropriate e donate al popolo. Diventò in breve uno dei massimi dirigenti del Partito Comunista Cinese, con importanti incarichi di governo.
Venne poi la Rivoluzione Culturale. Preso di mira dalle Guardie Rosse, il prozio di Hoe Fang subì le note umiliazioni, venne inviato in campagna a ‘rieducarsi’ e in seguito confinato come operaio comune in una fabbrica della Manciuria settentrionale. Decise di andarsene, riuscì a fuggire a Taipei e poi negli Stati Uniti. Ci vollero quasi tre decenni perchè Deng Tsiao Ping, l’artefice della virata cinese verso il libero mercato, lo richiamasse a Pechino. Fu riabilitato, e gli fu proposto di rientrare nei ranghi: con un prestigioso incarico, equivalente al nostro Sottosegretariato ministeriale. Ma lui, a Deng Tsiao Ping, rispose di no. Non c’è niente, disse, che possa ricompensarmi per ciò che ho perduto.
Fong Hoe Fang dice che è per quello che la sua esistenza di grafico e stampatore non gli bastava. Lavora con tutte le multinazionali che hanno sede nel paese, ne cura le campagne di immagine e di marketing. Ma ha voluto, quasi da dilettante e sicuramente a profitto zero, costruire un catalogo editoriale centrato sulla produzione poetica e teatrale a Singapore. E fra un po’ tradurrà il mio Noi Siamo la Classe Operaia.
Lunga vita alla collaborazione tra MdA e Ethos Books.

Indian Columnist

Indrajit Hazra

Ogni sabato l’Hindustan Times pubblica una breve rubrica di Indrajit Hazra. Leggere il caustico Hazra una volta la settimana è un buon modo di restare in contatto con l’India reale. Il suo punto di vista sghembo su temi apparentemente secondari gli consente di stare lontano dagli stereotipi e dai “già detto” di ogni tipo. Allora, per esempio, l’articolo su Bhopal, o una strana storia di grandi mani (di chi, in realtà?) e una storia d’amore molto… contemporanea. (Niente a che fare con l’Asia, ma sul tema consiglio un grande racconto di Osvaldo Soriano: Primi Amori).
Abbiamo chiesto a Indrajit Hazra di mandarci un link diretto che consenta di accedere a tutto l’archivio e, sopratutto, di leggerci Red Herring ogni settimana.
By the way, Indrajit firma le sue mail con il NeilYounghiano motto di Rust Never Sleep.

Amruta è tornata


Amruta Patil
, dopo un’assenza di un mese (immagino dovuta alla volontà di concentrarsi sulla sua nuova graphic novel) torna sul suo blog nel giorno del solstizio d’estate. Lo fa reinserendo il suo Babel Fish: dalla barra di destra possiamo accedere a una serie di ‘Visual Short Stories’, una più bella dell’altra, che ci raccontano molto dell’India contemporanea. A me piacciono ‘In the name of the mother’ e ‘Plotline: how sex lost it’ .
Ci aveva lasciato a metà maggio con un post su ‘Aspettando i barbari’ di Coetzee, che aveva dato il via a una bella discussione sul rapporto tra arte e società. Amruta ha voluto citare un video di Shoma Chaudhury, di Tehelka, sulla guerra in atto tra maoisti e governativi in alcune zone al confine tra Orissa e Madhia Pradesh. E’ l’argomento sul quale Internazionale ci ha proposto pochi giorni fa un bel reportage di Arundhati Roy.

Un film


Il 15 di giugno è stato presentato all’Expo di Shanghai, nel contesto dello Shanghai International Film Festival, il nuovo film di Zhu Wen, Thomas Mao. Con il consueto humor nero, Zhu Wen racconta l’incontro di un europeo e un cinese nelle lande desolate della Manciuria. Quale dei due prevarrà: lo sguardo europeo sulla nuova Cina, o lo sguardo del cinese finalmente aperto sull’Europa? Il film, già distribuito in Cina con buon successo di pubblico, è stato richiesto da importanti festival in Occidente, e speriamo di vederlo presto anche in Italia.

Soji Shimada Mistery Award

Soji Shimada

Come già annunciato, Metropoli d’Asia partecipa a questo premio Taiwanese riservato ai Mistery. E’ in linea finalmente una pagina in inglese, il vincitore è atteso per la fine di luglio. Crown è un editore Taiwanese che crede molto nella forza del mistery in lingua cinese, e nella sua capacità di trovare un pubblico. A dir la verità, a Taiwan il genere ha effettivamente avuto negli ultimi anni un piccolo boom, ma questo non si può certo dire per la Cina. Honkaku, come citato nel testo, è la definizione scelta dal giallista giapponese Soji Shimada. Si riferisce sia alla propria produzione narrativa, sia alle caratteristiche che dovrà avere il giallo premiato: una sorta di giallo alla Sherlock Holmes, nel quale un investigatore cerca la risoluzione dell’enigma (chi è l’assassino?) affidandosi alla logica deduttiva. E’ un genere che noi abbiamo forse superato prediligendo il noir, con molta meno logica e più attenzione alla personalità di personaggi, alla ricerca non dell’assassino tout court, ma piuttosto di una definizione del bene e del male in quanto tali. E però: quando Lucarelli in Tv ci racconta i misteri della nostra Repubblica, non va ancora alla ricerca (raramente fruttuosa) dell’assassino? Chi è il mandante delle stragi di Via D’Amelio e di Capaci? E di Piazza Fontana? Potremmo concludere che il lettore Taiwanese ha ancora fiducia nella ricerca della verità, e il lettore italiano no?

brunetta.camila@mailxu.com