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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Ancora una bella recensione

L'autore R. Raj Rao

Quando una recensione si conclude con l’invito a far leggere il libro nelle scuole, l’editore gongola. Mario Fortunato racconta Il Mio Ragazzo di R Raj Rao su L’Espresso.

Non lo fa in termini piattamente elogiativi:

Nutro qualche perplessità sulla cosiddetta letteratura gay. Ho anzi sempre pensato (e continuo a farlo) che la letteratura è buona o cattiva, e che le distinzioni di genere (anche sessuale) sono inutili, quando non fuorvianti. Tuttavia bisogna riconoscere che, negli ultimi vent’anni e un po’ dovunque, è fiorita una produzione di medio consumo letterario, il cui pregio principale è legato alle storie che racconta. Si tratta di testi che magari dal punto di vista della scrittura non dicono granchè, sapendo però imbastire narrazioni di una certa piacevolezza, oltre che magari politicamente correct….
…Racconta di un giornalista di Mumbay, appartenente alla casta elevata dei brahmani, che incontra, nei cessi dalla stazione di Churchgate, un ragazzo più giovane, appartenente invece alla classe degli intoccabili. Fra i due dovrebbe esserci un’interdizione di natura sociale: mai, nel sistema indiano delle caste, un “bhangi”, cioè un intoccabile, potrebbe venire a contatto fisico con un brahmano. Ma poichè il protagonista è un gay in un paese che tollera a malapena gli omosessuali, costui è de facto, rispetto agli etero della sua classe sociale, un intoccabile. Fra i due nasce un rapporto che, contro ogni regola, si centra sul riconoscimento reciproco e in definitiva sull’amore…

Mi piace che venga colto il punto centrale del romanzo: la costruzione di una analogia tra la discriminazione omosessuale e quella di casta. Io mi spingo più in là (vedi post del 29 marzo): l’India, e con lei altri paesi asiatici, vive una sorta di rivoluzione sessuale che, come fu nell’occidente degli anni cinquanta e sessanta, scardina altri fondamentali dell’ordine sociale: in questo caso la discriminazione di casta, ancora tanto forte nell’India rurale, ma letteralmente sotto attacco in quella metropolitana. Un’esempio di relazione tra rivolgimenti sociali e riscoperta della sessualità femminile (etero) sarà il romanzo indonesiano che portiamo in libreria questa settimana: Le Donne di Saman, di Ayu Utami.

Ma concludiamo la recensione di Mario Fortunato:

…Come si capisce, si tratta di una vicenda dai toni e dal contenuto edificanti. Ma non storcerei snobisticamente il muso. I giovani gay hanno bisogno di rassicurazione, contro una società che tende purtroppo a discriminarli e ghettizzarli. Perciò un libro del genere lo farei leggere nelle scuole a mo’ d’antidoto….

Ancora a proposito di scrittori residenti

Il Commonwealth Writer’s Award 2010 è stato assegnato a Rana Dasgupta, per il suo SOLO. Dasgupta, che di recente è tornato ad abitare a Delhi per una buona parte dell’anno, è uno di quegli autori i quali è lecito domandarsi se siano indiani o britannici. Sorprendente la definizione data dallo stesso Commonwealth Award, dove Dasgupta viene definito non British-Indian, ma semplicemente British. L’anno passato il CWA definì Aravind Adiga come australiano (io sono d’accordo), inserendolo in shortlist con il suo La Tigre Bianca, poi vincitore del Booker. Lo stesso Rana Dasgupta (che peraltro ha vinto con un romanzo ambientato in una Bulgaria del futuro, centrato sullo sradicamento e la delocalizzazione, ambientato com’è in un non luogo aeroportuale), si fa portatore delle istanze che rivendicano la necessità di distinguere tra letterature locali e letterature globalizzate in una bella intervista video a Mint.
Personalmente continuo a ritenere che ciò che è interessante e utile di questa recente rinascita asiatica, anche sotto il profilo culturale, è invece proprio il fatto che sia legata al luogo: la grande metropoli, dove l’autore o l’artista risiede, che lo forma e influenza. Una metropoli, quella asiatica, che è in grado di competere con le nostre ad armi pari, e proprio per questo è capace di portare a germinazione stili di vita, etiche, estetiche e comportamenti in grado di sfidare l’occidente. Certo, è un peccato che noi tutti dobbiamo invece dipendere dall’inglese per comunicare con quegli autori, e che possiamo leggere i loro blog solo in quella lingua. Dovremo dunque chiedere a Google di perfezionare il suo programma di traduzione? (Provate oggi a tradurre con Google un blog cinese, indonesiano o tamil: nonsense, purtroppo).

Perché in Italia non si leggono i racconti?

Spesso, in molti paesi asiatici, mi sono visto proporre raccolte di racconti di autori giovani o meno giovani. Le ho trovate interessanti (personalmente ho una predilezione per il racconto breve) , ma ho spesso dovuto declinare l’offerta: in Italia il genere trova pochi lettori. E’ un dato di fatto: se si escludono pochi nomi di grandi autori, o raccolte da parte di scrittori già conosciuti per il loro romanzi, il cammino nelle librerie Italiane di un volume di racconti è impervio, il fiato è corto, la sorte segnata. Sappiamo che non è così in area anglosassone, e ho visto di persona che non è così in molti paesi dell’Asia orientale: Singapore, Taiwan, Corea del Sud per fare qualche esempio. Molti autori si specializzano nel genere, e i lettori li seguono. Chiacchierando del tema, laggiù, ho provato a spiegare che (forse) il lettore italiano preferisce una immersione profonda nella narrazione, e ama ritrovare gli stessi personaggi sera dopo sera, o immergersi in una lunga lettura durante una vacanza. Chi legge racconti a Singapore, a Seoul o a Taiwan mi risponde: mi pare più logico chiudere la mia giornata con la lettura di un testo che si conclude dopo una ventina di minuti, e poi spegnere la luce sul comodino. Del resto si sa che i nostri giornali e magazine, la domenica o a ridosso delle vacanze, si riempiono di racconti brevi, segnale che il genere può incrociare l’interesse dei lettori. So anche che il lettore più giovane in Italia è più incline al racconto di quanto non siano le generazioni che lo precedono, e che forse un genere più ‘mordi e fuggi’ incontra l’interesse dei ragazzi più di un romanzone di settecento pagine (anche questa sembra una novità degli ultimi anni: gli italiani prediligono testi lunghi, al punto che qualche editore ha cominciato a gonfiare i propri volumi, proprio per aumentarne l’impressione di ponderosità). Ma a me spiace declinare l’offerta di tradurre e pubblicare alcune ottime raccolte di racconti che mi sono state proposte. Che fare?

Soji Shimada Mystery Award

L'homepage del sito del Crown Cultural Group, con la partnership Metropoli d'Asia in evidenza

Metropoli d’Asia ha siglato un accordo per la compartecipazione alle attività del SOJI SHIMADA MISTERY AWARD, a Taiwan. Il premio è organizzato da uno dei più importanti editori Taiwanesi, CROWN . L’idea è di dare impulso a un genere sempre più diffuso sull‘isola a est delle coste cinesi, il giallo di stampo classico, basato sulla indagine poliziesca che porti alla risoluzione dell’enigma. Lungi dal regalarci l’ennesima messa in scena in cui l’assassino è il maggiordomo, il giallo taiwanese affonda spesso le sue radici nella fantascienza, nelle frontiere della ricerca biotecnologica e nella realtà virtuale. In un paese che ha saputo costruire una sua fama nella produzione cinematografica , spesso ancorata al genere poliziesco, questa letteratura popolare vanta successi di pubblico rilevanti, e per questo Crown Cultural Group ha lanciato un Mistery Award trascinato dal nome di Soji Shimada, autore giapponese di crime fiction, un’icona giovanile in Asia Orientale. Il premio, che vede la compartecipazione di editori da altri paesi (Cina, Giappone, Thailandia e ora l’Italia con Metropoli d’Asia) verrà assegnato nella sua prossima edizione il 28 Febbraio del 2011. Metropoli d’Asia tradurrà in italiano il romanzo vincitore e avrà i diritti di vendita in Europa e alcuni paesi asiatici. (continua…)

The Future of Publishing…

Da un bel blog in Malaysia, ecco The Future of Publishing: http://thebookaholic.blogspot.com/

Bombay, un luogo letterario

Bombay, un importante luogo letterario

Il nostro per ora smilzo catalogo ha una particolarità: delle prime sei uscite, tre sono romanzi ambientati nella stessa città, Bombay. Qui, tanto per cominciare, devo spiegare perchè non la chiamo Mumbai. E la risposta è semplice: i nostri autori scrivono Bombay. Quando circa un decennio fa in India comicniarono a imporsi le traduzioni dei nomi delle città da quelli imposti in tre secoli di Raj Britannico a quelli originari, in lingua locale (e allora non Madras ma Chennai, non Calcutta ma Kolkata e tanti altri, con buone ragioni linguistiche e storico-politiche per farlo, ma con lo zampino del crescente fondamentalismo indù) anche a Bombay qualcuno alzò la testa: lo Shiv Sena, una specie di Lega dello stato del Maharashtra, contraria agli immigrati da altri stati indiani verso Bombay si inventò Mumbai, sostenendo che, vicino a dove ora sorge la città, ci fosse un antico insediamento con quel nome. E che Bombay fosse la storpiatura coloniale dell’originale. In realtà Bombay deriva dal portoghese Bom Bahia, buona baia, e lo Shiv Sena meno parla e fa meglio è: quando il localismo gretto si mescola con il fondamentalismo religioso, in Italia come in India le cose vanno male. Ed eccoci in medias res: gli scrittori usano il termine Bombay, e nelle storie spesso citano o usano come sfondo la storia recente della città che il fondamentalismo indù catapultò nell’inferno dei pogrom

antimusulmani, e il fondamentaliamo islamico unito alle vecchie scorie della conflittualità con il Pakistan trascinarono negli attacchi del novembre 2008, lasciando nell’ombra e senza nome gli autori delle stragi (treni, stazioni e altro) che insanguinano la metropoli con terribile regolarità.
(continua…)

Narrativa asiatica e lingua inglese

Narrativa asiatica e lingua inglese

Ai primi di Marzo il nuovo staff del Man Asian Literary Prize ha annunciato una modificazione sostanziale nelle regole di ammissione al premio, il più importante nel continente per la narrativa tradotta in lingua inglese. Al concorso verranno infatti ammessi non più manoscritti inediti in inglese, ma libri già pubblicati in quella lingua. Il MALP, che ha base a Hong Kong, si era affermato negli ultimi anni come una importante vetrina per autori asiatici, che, cercando un grant di traduzione, potevano incrociare l’attenzione dell’editoria internazionale. Tra gli short listed degli ultimi anni abbiamo trovato autori birmani, vietnamiti, taiwanesi oltre che indiani e cinesi. La discussione era aperta: è questo un modo per invogliare gli autori a scrivere direttamente in inglese, e quindi, nei fatti, una sorta di attacco alle letterature in lingue locali? Si tendeva a rispondere di no: il Malp, anzi, creava un ponte tra quelle lingue e il mondo intero, che usa l’inglese come lingua di comunicazione globale. Questa ultima svolta imprime un’accelerazione, e nel la direzione sbagliata: solo romanzi già pubblicati in lingua inglese, che è come dire: se volete starci, dimenticate le vostre lingue d’origine. (continua…)

Storie omosessuali

Storie omosessuali in India descritte dal libro Il mio Ragazzo di R. Raj Rao

Dopo l’uscita di Il Mio Ragazzo di R Raj Rao la stampa italiana si è interrogata sullo sviluppo della tematica omosessuale nella narrativa indiana. In particolare, alcune testate e portali web specializzati. Mi è piaciuta un’osservazione che chiude la recensione su gay.it (http://www.gay.it/channel/libri/28142/Il-mio-ragazzo-l-amore-omosessuale-a-Bombay.html), una sorta di richiesta a Metropoli d’Asia di continuare a proporre storie omosessuali magari da altri paesi asiatici. Perchè in effetti mi è capitato di imbattermi in buoni lavori che, se non al centro, quantomeno vanno molto vicini alla tematica delle relazioni omosessuali, in molti paesi del Asia orientale. La mia impressione e che in società in forte evoluzione, che da prettamente contadine o rurali diventano pienamente metropolitane, con stili di vita in evoluzione e una nuova generazione consapevole di costruire uno scenario nuovo, non solo le tematiche omosessuali, ma in genere tutto ciò che ha attinenza con costumi sesuali e di relazione più aperti e liberi, il tema sia buono spunto e buona metafora del cambiamento, spesso utilizzato dagli scrittori. E questo accade al di là delle pure boutade scandalistiche buone per farsi un po’ di pubblicità sui media che tanto prediligono il gossip. (continua…)

Dalla Cina vorremmo di più…

E’ facile ascoltare mugugni di insoddisfazione quando si discute di narrativa cinese contemporanea. Pochi sono i romanzi e gli autori che sembrano aver colpito nel segno: lo dicono le basse vendite anche dei nomi più noti, lo ribadiscono gli addetti ai lavori. E il fenomeno non riguarda solo l’Italia, ma e comune a tutti i paesi europei, a dispetto dei tentativi cinesi di attirare l’attenzione sulla loro produzione letteraria e nonostante la crescente copertura mediatica delle vicende del Dragone rampante. Concordo: trovare un autore che mi soddisfi è un problema, e ne è dimostrazione il fatto che MdA ha finora scelto di tradurre e pubblicare il solo Zhu Wen. Nel mio tentativo di scoprire lavori legati alla contemporaneità (scrittori, coerentemente con le nostre scelte di fondo, residenti in Cina e non emigrati) ho incontrato due grossi ostacoli, che sono poi le due principali caratteristiche della produzione narrativa cinese recente. Il primo è la tendenza della generazione più anziana (diciamo dai cinquantenni in su) a ripercorrere le due tappe più note della storia cinese della seconda metà del ventesimo secolo: la Rivoluzione Culturale e la rivolta popolare e studentesca conosciuta per la repressione brutale in Piazza Tien an Men. Sembra cioè che questa generazione si sia letteralmente gettata sopra a queste vicende, forse perché l’accoglienza del pubblico (occidentale) è stata da subito molto favorevole. La mia impressione è che si tratti di una produzione che origini più nella richiesta di noi lettori occidentali che non da una reale esigenza degli autori. Certo, quella generazione è stata marchiata a fuoco da quel periodo terribile, e l’urgenza di trasformare le proprie ferite in letteratura è logica. (continua…)

La scelta di privilegiare gli autori “residenti”

La scelta di privilegiare scrittori rimasti in patria

Nella presentazione dell’ospite d’onore sul sito del Lingotto ( http://www.salonelibro.it/it/salone/paese-ospite.html) , c’è una frase che mi è molto piaciuta: “Il Salone 2010 vuole privilegiare i narratori che sono rimasti in patria, a vivere e descrivere una realtà che con la sua debordante umanità resta un gigantesco serbatoio di storie capaci di coinvolgere il lettore.” E’ una scelta perfettamente in linea con la visione fondante di Metropoli d’Asia: cercare scrittori che in quelle città vivono, che ne battono le strade e i quartieri, che sono direttamente coinvolti e messi alla prova dal cambiamento in certi casi devastante delle loro città. Non solo in India, ma in tutta l’Asia, le grandi metropoli sono il centro e il motore di uno sviluppo economico e di una modificazione delle condizioni di vita che ne rende gli abitanti molto più simili a noi di quanto non accadesse un paio di decenni orsono. (continua…)

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