Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan

Nel gruppo dei cacciatori che il Maggiore Sadrah guidava da anni, Margio poteva essere definito il più bravo. Sulla schiena aveva ancora la cicatrice di una ferita dovuta alle zanne di un cinghiale, ma non era niente in confronto alla quantità di animali che si erano arresi di fronte alla sua lancia, prima di essere sospinti verso la trappola e catturati vivi. Un cinghiale morto non era di nessun interesse per loro, perciò, anche quando si trovavano ad affrontare fisicamente un esemplare inferocito, non tentavano di ucciderlo. Lo ferivano in modo lieve, prima di costringerlo a entrare nella trappola. Non volevano che i cinghiali morissero perché organizzavano combattimenti con i cani selvatici, ai quali si poteva assistere pubblicamente alla fine della stagione venatoria. Nella caccia piena di espedienti e di tranelli a quegli animali senza cervello, Margio era considerato un leader, per la sua corsa veloce e la sua lancia implacabile. Non tutti avevano il coraggio di assumersi quel ruolo, e per questo il ragazzo era particolarmente ammirato dai suoi compagni.

Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan

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