Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

Da quel momento decidemmo di non incontrarci mai più. Desideravo continuamente di telefonargli. Come si sente? Com’è la sua faccia? Ancora dopo due o tre mesi, ogni volta che squillava il telefono, a casa o in ufficio, speravo che fosse lui. Il quarto mese realizzai che si stava volutamente tenendo a distanza. Chissà per quale motivo. Forse voleva proteggere i sentimenti di sua moglie. Forse proteggeva i suoi. Una volta aveva detto che vedermi gli avrebbe solo provocato dei dolori lancinanti, in quanto in quegli incontri era nascosto qualcosa di cui doveva a tutti i costi liberarsi. Forse era solo desiderio. «Una volta che sei sposato, la realtà è questa». Forse anch’io avrei dovuto proteggere i sentimenti di sua moglie, o i suoi. Io, dopotutto, non ero sposata, quindi non avevo bisogno di rinunciare. Però lui mi mancava così tanto. Ma chi tra noi doveva valutare i nostri sentimenti? Alla fine ero io che me ne dovevo sobbarcare il peso. Perché non ero ancora sposata. Perché ero l’ultima arrivata. Tre anni prima.

Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

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