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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Tutti i post su Cina

Brevi: Wu Ying sfugge alla pena di morte

L’Alta corte dello Zhejiang ha annullato la condanna a morte dell’imprenditrice cinese Wu Ying, accusata di frode. La pena verrà molto probabilmente commutata in ergastolo. La storia aveva creato un certo scalpore, soprattutto sul Web. Nel 2006 Wu Ying era risultata la settima donna più ricca della Cina.

Brevi: Chen Guangcheng negli Stati Uniti

Chen Guangcheng è giunto negli Stati Uniti, dove lavorerà come ricercatore universitario. Al suo arrivo ha ringraziato non solo il governo americano, ma anche quello cinese, secondo alcuni per evitare ritorsioni verso i propri familiari. Per parte della stampa cinese l’intera storia è stata esagerata dai media occidentali.

Brevi: Uno smartphone da 1000 yuan (100 euro)

Lo ha lanciato Baidu, già leader nel settore della ricerca online in Cina. Sarà quindi molto indirizzato a chi naviga su Internet, in particolare i giovani. Si prevede inoltre che anche altre aziende possano seguire questa strada.

Han Han a Taiwan

Senza pubblicizzare la cosa fino all’ultimo momento, Han Han si è recato a Taiwan per partecipare a un Forum organizzato dalla rivista Yuan Jian.

Con l’occasione, Han Han ha incontrato anche il presidente di Taiwan Ma Ying-jeou. Ecco qui in basso un resoconto più dettagliato in traduzione da questo articolo:

Il noto scrittore cinese Han Han si trova a Taiwan per la prima volta per partecipare a un Forum indetto dalla rivista Yuan Jian. Il presidente Ma lo ha accolto personalmente sottolineando il piacere di incontrarlo. Nel 2010 Han Han è stato eletto dal “Time” una delle persone più influenti del pianeta. Viene considerato blogger di fama acclamata e opinion leader di spicco in Cina continentale. Questo suo viaggio è stato mantenuto segreto, temendo che la notizia del suo arrivo a Taiwan potesse creare dei problemi.

Lo scrittore Han Han si è presentato al palazzo presidenziale con una giacca presa in prestito, una camicia non abbottonata completamente e con ai piedi un paio di scarpe casual marroni, per un appuntamento con il presidente Ma Ying-Jiu. Opinion leader di fame conclamata, è stato accolto dal presidente stesso con una stretta di mano e con le parole “è un piacere, ho sentito parlare molto di lei”.

Il presidente Ma ha poi aggiunto: “milioni di cittadini cinesi possono vedere su Internet lo svolgimento e i risultati delle elezioni presidenziali e legislative di Taiwan”.

Per quanto l’incontro fosse abbastanza informale, non è stato reso noto fino all’ultimo momento. La rivista Yuan Jian, che ha indetto il Cross-Strait Dividend Forum, ha funto da intermediario organizzando l’incontro del presidente con i partecipanti al suddetto Forum. Il nome di Han Han assieme ad altri partecipanti è stato mantenuto segreto fin dopo l’incontro con il presidente, il quale, all’arrivo di Han Han, ha detto che l’autore avrebbe sicuramente avuto molte idee da condividere con tutti i presenti.

Proprio nel momento critico del caso di Chen Guangcheng nella Repubblica Popolare Cinese, l’entourage presidenziale e lo scrittore stesso hanno preferito non divulgare troppo la notizia per non creare ulteriori scompigli.

Un’intervista a Han Han

Il Financial Times ha incontrato di recente Han Han (autore con Metropoli d’Asia di Le tre porte).

Nell’intervista si parla approfonditamente di diversi aspetti legati alla politica e alla possibilità di riforme in Cina, e come spesso accade è anche ricca di una serie di elementi di contorno.

Un parco divertimenti “pirata”, in Cina

Che tutti i parchi tematici cerchino chi più chi meno di rifarsi al modello di Disneyland è cosa nota, così come che la Cina sia uno dei paesi con il più alto tasso di pirateria nel mondo.

Unendo queste due cose è venuto fuori World Joyland, che si trova vicino a Shanghai ed è stato definito “parco delle contraffazioni” perché ripropone in maniera sfacciata parti di architettura e tematizzazione prese da altri parti, compresi i personaggi e i gadget in vendita nei negozi (anche se poi, sempre di Made in China si tratta).

Foto: The Theme Park Guy

Zhu Wen

Zhu Wen mi aveva accolto con molti onori. Arrivato a Pechino per la mia prima volta, io ero l’unico editore straniero che avesse deciso di tradurre e pubblicare Dollari la mia Passione (ci fu anche un’edizione francese, ma solo un paio d’anni dopo: Metropoli d’Asia apriva la strada).

(continua…)

Una rivista, un intellettuale, una rivolta: da rivedere a Londra, domani

Ou Ning mi spaventa una sera a cena, dichiarandomi l’intenzione di cercare un incontro con Toni Negri quando visiterà Parigi, in aprile. Di tanti, proprio lui? Provo a spiegargli i danni (eufemismo) fatti nella seconda metà dei Settanta da questo ineffabile professore, che lasciò dietro di sé una scia di delitti e qualche migliaio di ragazzotti in galera, e si accomodò poi nella bellissima Parigi.

Gli dico anche: ecco, se devo fare un paragone, per la sua arroganza e violenza, per il disprezzo dell’avversario e per il fanatismo, Negri mi fa pensare alla vostra Rivoluzione Culturale: che fu ribellione contro la burocrazia, ma presa dal lato sbagliato (eufemismo).

Ou Ning (che come tanti nel mondo lesse Impero, bigino e instant book no global del professore, che mettendo in fila buoni pensieri elaborati da altri migliori di lui si vide così moltiplicata d’acchito la quota di mercato), mi capisce: certo, dice, prima di scrivere del presente, avrebbe dovuto “chiedere scusa per il passato” (locuzione che immagino sia una traduzione abborracciata nel suo inglese scarso del “fare autocritica” in cinese).

Perché la ribellione che cerca Ou Ning è sicuramente differente. La sua Chutzpah (qui c’è anche una sua buona biografia) è una rivista di letteratura pura, nonostante il nome (parola che in yiddish significa “insolente”, o “faccia tosta”, e che lui riproduce senza però una particolare vocazione alla storia dell’ebraismo: lo fa così, gli piace il termine).

Intende portare all’attenzione del pubblico (in parte internazionale perché al suo interno l’inserto Peregrine traduce ogni volta tre o quattro racconti in inglese, dei trenta che Chutzpah presenta in cinese) la generazione di quarantenni, a suo dire schiacciati tra i più vecchi nomi noti dell’editoria internazionale (ad esempio Mo Yan, e poi a cascata Yu Hua, Yan Lianke, Su Tong, Bi Feyu) e la generazione del giovanissimi, mezza sesso e rock and roll, mezza blog (tra parentesi, Ou Ning mi parla malissimo di Han Han, che secondo lui è una versione edulcorata del potere, un ribelle di facciata, e quando invece gli chiedono chi sia il migliore scrittore cinese contemporaneo dice senza esitazione: Zhu Wen! Come a dire: Metropoli d’Asia ha il meglio e il peggio).

La generazione che interessa a Ou Ning è quella nata nei primi settanta: la sua, che da giovanissima ha visto le timide aperture della censura nella seconda metà degli Ottanta, e si è poi schiantata contro la repressione di Piazza Tian an Men.

E questa generazione oggi osserva e rendiconta con favore ciò che si muove nel paese di mezzo, su tutte la ribellione di Wukan: una cittadina intera che scende in piazza contro la corruzione dei dirigenti di partito locali.

Ou Ning quindi, che è stato a Milano ospite del Festival del Cinema Africano, d’Asia e d’America Latina, cerca incontri con i ribelli d’Europa (da un punto di vista intellettuale, certo): a Roma andrà al Teatro Valle Occupato, a Parigi s’è detto, a Milano Stefano Boeri gli promette un incontro coi Wu Ming che però non si realizza. Dopo il rush milanese, purtroppo, parte in fretta per Londra (e chi incontrerà laggiù?).

Io passo quindi qualcuna delle mie giornate a ruminare, in ritardo: ma chi avrei potuto presentargli, io? Cosa avrei potuto dirgli? Come indirizzarlo su intellettuali, scrittori, artisti consci del fatto che le ribellioni e le rivoluzioni comportano sempre un pericolo: non solo l’eterogenesi dei fini, ma banalmente la costruzione di leaderships orrende (i miei conoscenti fine anni Settanta in Italia si dividono grosso modo in due gruppi: quelli che hanno sfiorato la criminalità politica e si sono adagiati su un proprio fallimento, e quelli che direttamente si impiegarono a Mediaset; schematizzzo, è ovvio: ma come si fa a fomentare una ribellione che in sé contenga i germi del meglio e non del peggio? This is the question). Discorso che vale per tutti i no Tav nostrani, e grillini, o chissà che.

Eppure lui, loro, gli elementi per starci attenti ce li hanno: appunto, la Rivoluzione Culturale, quando Mao diceva “la rivoluzione non è un pranzo di gala”, e il risultato furono orrori e vite spezzate, in cambio di nuovi equilibri negli apparati dirigenti (tipo: un Berlusconi al posto di un Andreotti, un Bossi al posto di un Almirante o di un Toni Negri, magari un Di Pietro al posto di un D’Alema, e chissà cosa ci riserva l’oggi). Ou Ning, vorrei dirgli: perchè il rappresentante dei ribelli in Cina è stato Bo Xilai (oggi silurato), che dichiarava di rifarsi all’ortodossia maoista?

E di nuovo: chi gli faccio leggere? Chi gli faccio incontrare? Un manciata di nomi: Colin Ward, ma crederete mica che basti. E a Roma avrebbe potuto incontrare Pascale, Piccolo, quelli de Lo Straniero, forse. E sopratutto: io chi incontro? Chi si ribella sapendo nessuna Causa giustifica nessuna Schifezza, che le rivoluzioni non riguardano i fini, ma i mezzi? Ou Ning, questo potrebbe essere il vostro ruolo: prevedere e precedere la degenerazione dei movimenti, mettere in guardia fin d’ora.

Ma ora: pausa. Questo post poteva avere un altro incipit. Avrei scritto:

Ou Ning, a Pechino, una sera a cena mi racconta dei suoi anni ottanta. “Eravamo giovanissimi, e allora chi poteva viaggiare in Cina era fortunato. Se arrivava a Pechino qualcuno da Nanjing, passavamo le nottate a parlare di filosofia, di letteratura. Bevevamo. Alla fine ci conoscevamo tutti, poche centinaia di ragazzi usciti dalle università, ci sembrava che il futuro fosse a un passo. Il primo Deng Tsiao Ping aveva aperto il nostro paese: improvvisamente si discuteva senza paura.” Mi dice: si fumava tantissimo.

Quando provo a domandargli di Piazza Tian an Men, come al solito svicola. Fa finta di non sentire la domanda: l’ho capito, puoi essere ovunque, Pechino, Milano, o Singapore, puoi essere davanti a un pubblico con un microfono in mano o davanti a una salsiccia, io, lui, e la sua fidanzata, ma è sempre la stessa cosa: di quello non si parla. Criticare la Rivoluzione Culturale è possibile, e il potere, la corruzione, i singoli leader di partito, o la manutenzione ferroviaria e la distruzione dei generi alimentari. Ma silenzio sulle three T (Tian an Men, Tibet, Taiwan) one F (Falun Gong). E quando gli chiedo di Wukan, della rivolta di una cittadina intera, lui svicola: e, appunto, si finisce su Bo Xilai.

Insomma, ribelli con il limite: ribelli davvero.

Bello: questo sì un ponte tra l’Occidente e l’Oriente, loro e noi alle prese con una rivolta, e con la necessità di farle partire con il piede giusto, ciascuno con un passato che di riferimenti è pieno.

PS: Berardinelli sul domenicale del Sole24 la settimana scorsa, dentro a un articolo fortemente condivisibile, scriveva: in occidente oggi avremmo bisogno di un Lenin, o forse di un Ghandi. Hmm…: ma non dovremmo cercarci di meglio, noi e i cinesi?

PPS: con Ou Ning ci siamo dati appuntamento il più presto possibile, a Pechino. Sperando di trovarlo libero e non blindato…

E domani a Londra!

Foto: Alessandra Vinci

 

 

Giornalismo in Cina e giornalismo della Cina

Segnaliamo qualche esempio trovato nei giorni scorsi su diversi aspetti del giornalismo cinese. Il primo è quello dei corrispondenti dall’estero, che si trovano da un lato nella difficoltà sia di riuscire a capire veramente a fondo un paese così complicato, sia di riuscire a decidere cosa non scrivere, visto il moltiplicarsi di fonti a disposizione, non solo per Internet ma anche per il crescente numero di giornali commerciali.

A proposito di commercio è affari, c’è un altro spunto di analisi che riguarda la pratica in crescita di inserire nei giornali cinesi notizie a pagamento. Sembra inoltre che la cosa avvenga in modo abbastanza trasparente e con tariffe semi-ufficiali. Interessante notare però come ad esempio le compagnie statunitensi potrebbero violare le leggi anti-corruzione del proprio paese, che impediscono di fare “investimenti” di questo tipo all’estero.

C’è poi un fronte, per così dire, di “politica estera”. La Cina sta diventando una potenza anche sul fronte dell’informazione, aprendo con la sua agenzia di stampa governativa Xinhua e CCTV uffici in diverse città del mondo. Xinhua ha anche preso in affitto uno dei maxi-schermi in Times Square, dove trasmette tutto il giorno notizie dalla Cina e pubblicità. Si parla di nuova prospettiva e dal punto di vista del governo cinese è un’attività necessaria per bilanciare i pregiudizi degli occidentali.

Foto: William Ward

La Cina in cinque libri

Segnaliamo una lunga intervista di The Browser a Chris Livaccari, direttore del dipartimento Educazione e Lingua cinese di AsiaSociety, a New York. Si parte da cinque libri per parlare di molti temi in realtà, che spaziano tra linguaggio e cultura, storia e religione, stereotipi e società in Cina. I libri sono: The Languages of China, The Sextants of Beijing, Wandering on the Way, Diary of a Madman and Other Stories e The Story of the Stone.

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