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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Tutti i post su Cina

Cina, più social che socialista?

Qualche tempo fa Associna aveva proposto uno schema comparativo sullo stato dei social network in Cina. Se probabilmente non stupisce più di tanto vedere come i servizi più diffusi a livello mondiali siano bloccati o funzionino a intermittenza, è interessante notare come si siano sviluppati dei loro cloni, con funzioni e caratteristiche simili.

Il più diffuso di questi è sicuramente Weibo, servizio di microblogging con caratteristiche del tutto simili a quelle di Twitter, e un bacino di utenti ancora maggiore. China Files gli ha dedicato un approfondimento, partendo da alcuni episodi emblematici dell’anno passato e di come sono stati vissuti all’interno del social network. Ne emerge un universo in pieno fermento, e con numeri quantitativamente notevoli.

Ci troviamo in questa fase in uno di quei tipici momenti in cui lo slancio tecnologico è un passo leggermente avanti rispetto all’intervento regolatorio delle autorità centrali. Intervento comunque che già c’è ed è al centro di un dibattito per i suoi sviluppi ulteriori, ma a questo punto diventa difficile capire quali saranno le specifiche iniziative in un terreno per sua natura piuttosto inafferrabile.

Per approfondire ulteriormente l’argomento, segnaliamo questo eBook curato da China Files intitolato La danza del drago digitale.

La forza di Taiwan

Ho enfaticamente intitolato un recente post La guerra (fredda) delle lingue, riferendomi al confronto in atto tra prevalenza dell’inglese e del cinese nella narrativa (e in genere nelle pubblicazioni) di questa parte del continente.

Relativamente al campo della lingua cinese, la piccola Taiwan, che vive gli ultimi anni in uno stato di attesa, ormai preparata a un quasi inevitabile ricongiungimento con la Cina continentale, ha un ruolo di primo piano.

In Cina continentale è stato introdotto decenni fa il cinese semplificato, e cioè una versione della lingua scritta che prevede una drastica riduzione del numero dei caratteri e una loro semplificazione grafica, questo per facilitarne la sua diffusione a livello di massa, e cancellare l’analfabetismo.

Taiwan restò ancorata al cinese tradizionale (o complesso). Lo stesso accadde nelle numerose comunità cinesi dislocate in altri paesi asiatici e non solo (si parla di 140 milioni di cinesi residenti all’estero da generazioni), emigrate (in Asia) come rappresentanti delle classi commerciali, ma in seguito anche come reazione alle trasformazioni in atto in Cina (la rivoluzione anti-imperiale dell’inizio del secolo scorso, e quella comunista nel dopoguerra).

In tutta l’Asia del sud-est si utilizzava il cinese complesso, fino a pochi anni fa, e solo la nuova generazione ha cominciato a adottare il semplificato. Il risultato è che scrittori appartenenti alle grandi comunità cinesi di Singapore, d Hong Kong e della Malesia sopratutto, ma anche alle minoranze cinesi di altri paesi del Sud-est asiatico, non trovando una editoria cinese locale, si rivolgono agli editori di Taiwan, capaci poi a loro volta di distribuire nel Sud-est. Una narrativa della diaspora che dunque si rivolge più verso Taipei che verso Pechino.

Foto: robbed

Il fenomeno della freemium fiction in Cina

Tra fiuto per gli affari e sfruttamento delle nuove tecnologie, prende piede in Cina la cosidetta freemium fiction, come spiega Publishing Perspectives in un articolo segnalato da Finzioni.

Non è una novità assoluta: molti degli autori giovani che più tardi hanno guadagnato notorietà anche internazionale hanno cominciato postando su Internet i loro lavori, che anche prima di essere poi pubblicati su carta in Cina erano conosciuti magari da centinaia di migliaia di lettori (ma in Cina i numeri sono sempre enormi, il paese è bello grande, come si sa).

Il nostro Han Han cominciò così la sua carriera: e il successo fu tale da poroiettarlo entro pochi mesi dentro all’editoria ufficiale.

Il sistema della freemium publishing è in realtà interessante per i suggerimenti che può fornire a noi editori italiani, che stiamo qui a domandarci perchè l’eBook non decolla nel nostro paese. E la risposta è: il Web ha regole sue.

L’idea di rendere disponibile sotto forma di rivista o antologia che esce a scadenze regolari dei romanzi che il lettore può iniziare senza pagare, decidendo solo in seguito se acquistare il libro completo è solo un indizio di quel che potrebbe succedere a breve anche in Europa.

Ad esempio cliccando qui  si può scaricare l’anteprima del nostro Le Tre Porte, di Han Han. Se ne possono leggere le prime pagine, e se piace lo si acquista.

Editoria digitale in Cina, il caso Tangcha

Nonostante il mercato cinese dell’editoria digitale attraversi ancora qualche difficoltà, dovute tra le altre cose alla mancanza di piattaforme di distribuzione uniformi, scarsezza di carte di credito e pericoli derivanti dalla pirateria, il caso di Tangcha rappresenta un interessante esempio di successo.

Ne parla Paper Republic che intervista il fondatore Lawrence Li. La piccola casa editrice, solo digitale, punta su un catalogo piuttosto eclettico (si va dai romanzi a una biografia di Steve Jobs), e una certa capacità di muoversi in Rete: pubblicità che si basa fondamentalmente sul passaparola e uno stile piuttosto glamour.

Stile che però si traduce in una notevole attenzione per la leggibilità, con addirittura il lancio di un nuovo carattere tipografico. Sul futuro, Lawrence Li è ottimista. Oltre alla maggiore diffusione delle carte di credito, è convinto che i cinesi sapranno apprezzare e-book di qualità, anche nella confezione.

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere ai Cinesi

Questo servizio fotografico rende bene l’idea di come vivono la sessualità i giovani cinesi. Al contrario di quel che ci venne raccontato da scrittrici “scandalose” (Mian Mian e Zhou Wei Hui), i giovani cinesi ne hanno spesso una visione ingenua e naive.

Quantomeno, sono presenti molte diverse visioni. Per restare a Metropoli d’Asia, la storia d’amore e di disperazione raccontata da Zhu Wen in Se non è amore vero allora è spazzatura è ben lontana dallo stereotipo del sesso sfrenato, e il protagonista di Le Tre Porte di Han Han rimane, al contrario, confuso dai linguaggi della pubblicità e della moda che fanno della sessualità uno strumento del loro marketing.

Han Han e il sistema scolastico cinese

Una lettura che può essere interessante suggerire in questo periodo è un vecchio post di Han Han sull’abolizione dei temi scolastici, pubblicato nel 2008 in una raccolta di pezzi tratti dal suo blog, e tradotto in italiano da China-Files. Interessante perché in Le Tre Porte, il primo romanzo di Han Han uscito da qualche giorno in Italia pubblicato da Metropoli d’Asia, lo sfondo della narrazione è proprio nel sistema scolastico cinese.

Nella prima parte del post di Han Han sono evidenti alcune critiche a un sistema didattico che «non permette di esprimere le idee», ma la seconda parte è forse anche più gustosa nell’analizzare più in generale l’attività della scrittura (imposta) in rapporto alla lettura, «molto più utile di tanti temi scolastici che indeboliscono le capacità di scrittura e intervengono anche sul tuo subconscio».

Foto: Tricia Wang 王圣捷

Han Han visto dal New Yorker


Capire esattamente la ragione della fama così estesa di Han Han in Cina è difficile. E cosa ci dice della Cina la sua importanza nel paese? (…) Ma basta osservare per qualche mese le reazioni dei suoi fan e ciò che lui stesso scrive, per rendersi conto che la sua innovazione di successo è un tipo di humor molto particolare. Come fu per Henry Ford e l’automobile, Han Han non ha inventato la satira politica in Cina, ma l’ha messa a disposizione di vaste masse di giovani.

Così scrive Evan Osnos sul New Yorker in un bell’articolo, insieme a un suo profilo scritto in precedenza. Ma l’osservazione di Osmos ci spiega molto della cifra narrativa di Han Han, che riesce a scrivere romanzi densi di ironia e scene esilaranti.

Osnos cita Eric Abrahamsen di Paper Republic che riferisce a sua volta su Foreing Policy di un post di Han Han a commento della notizia di un gruppo di pescatori che, ritrovato in un fiume il corpo di un ragazzo annegato, chiesero alla famiglia di pagare per la restituzione della salma.

Con questa scelta stilistica Han Han raggiunge due obbiettivi: diverte il lettore, e si rende meno identificabile dalla censura. Come scrive Abrahamsen, Han Han “copre tutta la gamma tra il sarcasmo e la sottigliezza, senza risparmiarsi una legittima furia”. Che poi la sua scrittura non soddisfi gli accademici, beh, questa è altra storia.

Dissidenze

Sui nostri media si parla sempre più spesso della Cina (era ora!). Come sempre, ci si concentra su argomenti più facilmente spendibili: i dissidenti, ad esempio, e quindi Ai Weiwei, l’artista recentemente incarcerato. Il suo arresto ha in realtà colto abbastanza di sopresa la comunità artistica e intellettuale cinese, che negli ultimi anni si è data una regola non scritta: criticare la società, e singoli funzionari, o aspetti del potere, ma non esprimere mai una opposizione esplicita alla mancanza di democrazia (il Partito Unico), o a temi “sensibili” quali il Tibet e Taiwan.

Così fa il nostro Han Han. La sua rivista Party, Un coro di assoli aveva ospitato numerosi scritti critici (tra quali uno dello stesso Ai WeiWei) ed è stata chiusa dopo il primo numero. Ma senza arresti: Han Han, quando l’ho incontrato a Shanghai, non si mostrava per nulla preoccupato.

Pochi giorni prima aveva postato sul suo blog la ripresa live di un grosso incendio a a Shanghai al quale la tv di stato aveva rinunciato (su richiesta dall’alto) a dare copertura. Risultato: il suo blog, e tutti gli altri che lo hanno ripreso, sono stati inondati di commenti (si parla di 80.000 persone) di protesta contro la televisione e le ingerenze del potere (che si giustifica dicendo: non bisogna deprimere il morale delle masse con notizie negative…!). Insomma: è così che si esprime la protesta in Cina.

(continua…)

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