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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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    • Da Il giardino delle delizie terrene, di Indrajit Hazra
    • E adesso? su Bnews (Università Bicocca)
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Tutti i post su autori

Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

Ho continuato a seguire quel corso di poesia per un bel po’. Mi ero ripromesso di eliminare l’insegnante, se il corso non si fosse rivelato di mio gradimento, ma per sua fortuna le lezioni non sono state malaccio. Il poeta mi ha fatto ridere spesso e ha perfino tessuto le lodi di due miei componimenti. In questo modo si è guadagnato la mia clemenza, ma probabilmente non sa nemmeno di dovermi essere grato. Tempo fa mi è capitato di leggere la sua ultima raccolta di poesie – mio Dio, che delusione! Vi giuro, mi sono mangiato le mani per non averlo tolto di mezzo a tempo debito. Ma vi rendete conto? Perfino io, un killer provetto, a un certo punto mi sono rassegnato all’idea di dover tirare i remi in barca e lui, con la sua vena poetica da strapazzo, continua imperterrito a scrivere. Che faccia di bronzo!

Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha

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Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

Il padre di Jian è il segretario amministrativo dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo di Pechino. Il giorno della conferenza annuale, decide di portare il figlio in ufficio con sé. Mentre suona la campana della Dongcheng Tower dietro l’ufficio di suo padre, cominciano ad arrivare nella sala conferenze centinaia di delegati con i loro lucidi completi scuri e le loro lucide facce accaldate. Il padre di Jian gli ordina di stare tranquillo e di restare in cucina, dove i cuochi preparano tè e cibo. È una giornata torrida, e i calzoncini di cotone gli si incollano dietro le cosce. Fa i compiti e aspetta. E aspetta. Due ore dopo, però, Jian si annoia a morte. Riesce a passare sotto il naso del guardiano che doveva tenerlo d’occhio e scappa dal cancello dell’Assemblea. Vagando tra i vicoli sonnacchiosi, il ragazzino di dieci anni prova la libertà e lo smarrimento di un cane randagio. Vede una banda di ragazzi più grandi in sella alle bici e vuole unirsi a loro, che lo accettano. È il solito gioco di guerra che i ragazzi fanno spessissimo nelle strade di Pechino: soldati cinesi contro soldati americani nella guerra di Corea. Jian si unisce al gioco un po’ tardi, perciò gli viene assegnato il ruolo di un contadino coreano che sta ai margini. Lui però si rifiuta. Si annoia, ha caldo e vuole schierarsi nel conflitto. Chiede di unirsi al gruppo dei soldati cinesi. Tuttavia, per essere assegnato a una unità, deve ricevere una funzione e, cosa più importante, recitare il “Giuramento del soldato”. Jian è negato per queste cose, ma è impaziente di provarci. Alzando il pugno destro chiuso, parla forte come un vero soldato: «Sono un membro dell’Esercito di Liberazione Popolare. Giuro che seguirò le direttive del Partito comunista cinese, servirò il popolo con tutto il cuore, obbedirò agli ordini, lotterò eroicamente; in nessuna circostanza io…». A questo punto Jian non riesce a ricordare i versi successivi, quelli cruciali sul tradimento della propria madrepatria. Lo prendono in giro. Macchiato dall’umiliazione, deve fare la parte di un soldato americano e i ragazzini gli si rivoltano contro: diventa il bersaglio di tutti. Il gioco della guerra si fa violento, e Jian le prende di brutto, busca dei pugni in faccia che lo fanno sanguinare. Qualcuno lo colpisce al volto con un ramo – riesce a evitare la punta acuminata ma si fa un taglio profondo che gli lascerà una cicatrice sotto l’occhio, come uno spicchio di luna.

Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

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E adesso? su Valdichiana Oggi

E adesso?, di A Yi, ha ricevuto una recensione dal sito Valdichiana Oggi, all’interno della rubrica L’Angolo del Bibliotecario. Prima di parlare del libro, il curatore della rubrica Andrea Vignini ha speso parole di elogio per il lavoro della nostra casa editrice.

Tra i molti titoli interessanti presenti nel catalogo di Metropoli d’Asia ho scelto un libro cinico, tagliente e in qualche misura anche provocatorio che ha il merito, secondo il mio modesto parere, di mostrare in filigrana le tante contraddizioni della Cina contemporanea, dilaniata dal contrasto tra l’antica tradizione e l’incipiente modernità, tra la miseria delle masse e la ricchezza smodata dei potenti, tra comunismo di facciata e capitalismo invadente.

(continua a leggere su Valdichiana Oggi)


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Da 20 frammenti di gioventù vorace, di Xiaolu Guo

Sicché ero la seimilasettecentottantasettesima persona in cerca di un lavoro nell’industria cinematografica e televisiva di Pechino. Tra me e un copione c’erano seimilasettecentottantasei altri candidati – giovani e belli, vecchi e brutti. Sentivo la concorrenza, ovvio, ma in confronto al miliardo e passa della popolazione cinese, seimila e rotti non mi sembrava poi un numero così scoraggiante. Equivaleva agli abitanti del villaggio che avevo lasciato. E avvertivo l’urgenza di conquistare quel nuovo mondo.

Sempre senza guardarmi, l’eroe del popolo armato di scacciamosche si è messo a osservare la mia fototessera sulla scheda macchiata. «Mica male, ragazzina. In confronto al resto della faccia, la tua fronte ha qualcosa di speciale: è spaziosa quasi come Piazza Tienanmen. Anche le mascelle sono ok, comunque. Ti porteranno fortuna, credimi. Succede così, con le mascelle squadrate… Bene bene. Anche i lobi delle tue orecchie – belli grassi come quelli di Budda. Più sono grassi e più portano fortuna, lo sapevi? Mmm… Non sei da buttar via. Non puoi immaginare la montagna di cessi che viene qui ogni giorno. Non capisco: ma non si guardano allo specchio, prima?».

L’ho ascoltato con pazienza e alla fine l’ho ringraziato. Lasciandomi dietro le comparse N. 6788, 6789 e 6790, sono uscita. Il sole pomeridiano era talmente forte da friggermi i capelli. L’asfalto sprigionava afa estiva e inquinamento. E io ero intrappolata nel bel mezzo di questa lotta di calore, tanto che sono quasi svenuta nella strada rumorosa. Forse sono svenuta per davvero, non ricordo, e comunque è irrilevante. L’importante è che mi avevano dato un numero. A partire da quel giorno non avrei più vissuto come una patata dolce dimenticata dentro la terra scura. Mai più.

Da 20 frammenti di gioventù vorace, di Xialu Guo

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Le torri del silenzio su Indian words

Il sito Indian words ha dedicato una recensione a Le torri del silenzio, di Cyrus Mistry, mettendo in particolare l’accento sul contesto di riferimento del romanzo, i riti funerari della comunità dei parsi in India.

Il mondo dei portatori di cadaveri, che vanno a prendere a casa i morti per portarli alle torri del silenzio su un catafalco, è descritto con molta vivacità: al pari degli intoccabili induisti, sono dei reietti, impuri per il contatto con i cadaveri, che per di più non disdegnano l’alcol per affrontare un lavoro ingrato e faticoso.
Il tutto, sotto forma di diario, è trattato in modo ironico, nonostante le disgrazie che capitano, e nonostante l’ambientazione decisamente mortuaria.
Anzi, in realtà, proprio il ritrovarsi in mezzo ai morti è l’aspetto più originale di questo libro: cadaveri che cadono dal catafalco, morti trafugati in piena notte sono alcune delle scene tragicomiche dal sapore grottesco raccontate nel romanzo.

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Da Le ceneri di Bombay, di Cyrus Mistry

«Il mio Keko, mio marito, non era un uomo qualunque. Non possedeva niente, tranne i suoi sogni e i suoi gusti ricercati. Tasche vuote, ma si dava un sacco di arie…
«Era pappa e ciccia con i soldati inglesi. Andava a bere con loro nei bar dove i civili non erano ammessi, andava in giro sulle jeep dell’esercito. Entrava negli spacci e prendeva tutte le cose da mangiare che voleva. A quell’epoca funzionava così. Durante la guerra, chi la usava la roba indiana? Solo cose straniere, di ogni tipo. No, la roba fatta in India non si usava proprio». Restituì a Jingo l’elenco di prodotti per la ricerca di mercato senza quasi degnarlo di uno sguardo.
Per un istante Jingo si chiese se protestare e insistere per avere una risposta alle domande per cui veniva pagato. Ma la dolcezza, che già pregustava, di un pomeriggio di pioggia sprecato in quel modo lo rendeva docile e gentile, recalcitrante a darsi troppo da fare.
«Ma era un bell’uomo, il mio Keko… Davvero! Alto, elegante. Non ci si stancava di guardarlo. Diceva…», e lo citò con tono drammatico: «Sono un’anima nata nel corpo sbagliato. Sarei dovuto nascere figlio di maharajah. Oppure dovevo essere Errol Flynn. Anzi, Errol avrebbe potuto farmi da controfigura». Jingo udì una curiosa risatina soffocata. «Era fatto così. Poteva avere tutte le donne che voleva. Ma aveva scelto me…

Da Le ceneri di Bombay, di Cyrus Mistry

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Da E adesso?, di A Yi

Oggi mi sono comprato gli occhiali. Ero partito da quelli da sole, ma facevano l’effetto contrario e avrei finito per attirare l’attenzione, perciò ho scelto un normalissimo modello da vista, con le lenti finte, così da passare inosservato. La gente si fida di chi porta gli occhiali.
Ho preso anche il nastro adesivo. L’ho avvolto intorno alla mano per fare una prova e dopo, per toglierlo, ci ho messo un sacco.
Non avevo in programma l’acquisto di vestiti, poi sono entrato in un negozio mosso da pietà. Una cliente carina aveva appena umiliato la proprietaria, una piccoletta sui trent’anni con la faccia simile a un’arancia rinsecchita. Le cose belle piacciono a tutti, e con quell’attività commerciale rivendicava il diritto di essere attraente anche lei. Almeno così ho pensato. Appena ha alzato gli occhi, però, mi sarei mangiato le mani, perché non avevo mai visto uno sguardo più servile e sottomesso. E poi, mi seguiva dappertutto. Ero sul punto di andarmene, quando ha iniziato a parlarmi con la sua voce strana. «Quello che dagli altri paghi più di mille yuan, qui lo porti via a poche centinaia; è la stessa identica merce, ma a un prezzo migliore». Ha preso una T-shirt: «Provala, così vedi come ti sta. Di soldi parliamo dopo». Aveva un tono brusco. Allo specchio, non mi pareva di essere granché diverso; mi sono tolto la maglietta mentre lei commentava: «Ti sta a pennello». «Che modello volevi?» ha aggiunto subito.«Non hai quello che cerco».
Sono uscito.«Prova a dirmi».
«È impossibile».
Mi ha seguito fuori come un cane bastonato. In quel momento ho visto un funzionario che indossava un completo impeccabile, scarpe lucide di cuoio e cartella portadocumenti.
«Ecco, ce l’hai quello?»
«Certo!» ha risposto con un gridolino strozzato.
«Hai anche scarpe e cartella?»
«Ho tutto».
È tornata dentro, tenendomi d’occhio per paura che me ne andassi, e si è messa a rovistare negli scatoloni. Aveva davvero tutto, però la cartella era marrone. Sono andato in camerino, ho indossato il completo e le scarpe, mi sono messo la cartella sotto il braccio e, quando sono uscito per specchiarmi, ho no-tato un tubetto di gel su un tavolo. «Se ne uso un po’, non me lo metterai in conto?» le ho chiesto.
«No, fa’ pure».

Da E adesso?, di A Yi

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Da dollari la mia passione, di Zhu Wen

Prima di uscire prendo dun que i soldi che ho messo sotto il materasso. Sono i miei risparmi e voglio spenderli tutti tutti fino all’ultimo centesimo, che per me è la cosa più bella del mondo. Peccato che non ne abbia mai avuti tanti da scialacquare, sono sempre stato sfortunato. Ma sono sicuro che un giorno diventerò una celebrità e allora mi basterà aprire la porta per essere investito da palate di banconote che mi colpiranno in faccia, così tante che non saprò come ripararmi. Dollari, che aspetto meraviglioso hanno queste cose chiamate dollari, cariche di esotico fascino ammaliatore! E la banconota da un dollaro sospesa nell’aria, così, come per magia, si trasforma in tanti renminbi che scendono fluttuando dal cielo blu, verso il quale io protendo le mani, per accogliere pieno di gratitudine quella pioggia munifica che mi rende così felice. Non avrò il minimo problema, se solo mi darete un’occasione vi mostrerò la mia capacità di spendere. Vorrei proprio farvi vedere almeno una volta che razza di inossidabile macchina da spesa io possa essere: vi lascerò senza fiato! Poi, come profetizzano i miei amici, morirò vecchio e solo, in miseria, ma in fondo è un finale che non mi dispiace, visto che a quel punto, dovesse prendermi ancora la voglia di annusare il profumo di donna, non avrò abbastanza carburante per accendere il motore, non ce la farò più, e allora di avere soldi non me ne fregherà un bel niente.

Da Dollari la mia passione, di Zhu Wen

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Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

La donna si chiamava Laila. L’uomo Toni. Erano lì perché la casa di produzione che gestivano – una piccola azienda più che una società vera e propria – aveva avuto un contratto per realizzare due progetti correlati. Il primo era un profilo aziendale della Texcoil Indonesia, una joint venture tra un’azienda locale e una compagnia mineraria con sede in Canada. Avevano anche avuto l’incarico da parte della Petroleum Extension Service di scrivere un libro sulla trivellazione nell’Asia orientale. Ma il padrone di casa sembrava agitato come se sentisse, nel momento in cui stava spiegando il funzionamento del pozzo, che qualcosa non andava come avrebbe dovuto. Parlavano e procedevano a passo piuttosto rapido sopra quella costruzione di acciaio e ferro conficcata in mezzo all’oceano, poggiata su quattro pilastri di sostegno. Gli operai in tuta da meccanico chinavano il capo in segno di rispetto quando incrociavano quel giovane poco più che trentenne, Ciano. Ma si udivano dei fischi non appena passava oltre. Laila cominciò a sentirsi un’estranea, essendo l’unica donna in quel posto fuori dal mondo. Quel posto era davvero fuori dal mondo, perché c’era solo una donna. Io.

Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

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A Yi su Internazionale tra i libri per l’estate

La rivista Internazionale ha scelto 11 libri per l’estate. In compagnia di altri ottimi romanzi viene suggerito anche E adesso?, di A Yi, l’ultimo libro uscito per Metropoli d’Asia, proponendo la recensione ricevuta l’anno scorso sul The Wall Street Journal.

La storia comincia in una piccola città cinese, dove uno studente delle scuole superiori progetta di assassinare una compagna di classe solo per sconfiggere la noia e l’indolenza. E adesso? è un’indagine psicologica su una mente malata. A dare al libro la sua energia non sono la suspense dell’inseguimento e i colpi di scena della trama, ma l’ardore pulsante di questo diciannovenne nichilista.

(continua a leggere su Internazionale)


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amaviscarhea@mailxu.com