Isa Kamari

Isa Kamari è uno scrittore di lingua malese. E dovrei aggiungere: di razza malese, di cultura malese, e musulmano come tutti i malesi. Dei suoi otto romanzi, tre sono stati tradotti in inglese.

Due di questi, curiosamente, hanno lo stesso soggetto: l’adozione da parte di una famiglia malese e musulmana di una bambina olandese (il titolo del romanzo è Nadra) in un caso, e cinese (One Earth) nell’altro.

Kamari vuole raccontare le persecuzioni sofferte dal suo gruppo etnico, in diversi momenti storici, durante la dominazione coloniale olandese e britannica, durante l’occupazione giapponese, ma anche, a Singapore, con l’indipendenza.

Come molti autori musulmani dell’area (in Malesia avevo incontrato e poi letto in traduzione Samad Said e Faisal Teherani) l’intenzione è talmente soverchiante da rendere la lettura difficile a un laico. Non c’è niente da fare: la religione rivelata impedisce allo scrittore di dispiegare pienamente le sue capacità, che pure sono notevoli. Solo in One Earth questo nucleo indiscutibile riesce a restare sullo sfondo.

I romanzi di Kamari sono sempre a tesi, e quindi imprigionati entro uno spazio ristretto, le storie non prendono il volo. Come per i due autori malesi che ho citato, l’autore non sa mai prendere distanza dall’oggetto del suo racconto, non è in grado di cogliere i chiaroscuri.

Ho incontrato Isa Kamari di fronte a una tazza di caffè. Mi ha descritto il suo ultimo romanzo, Embracing the Eclipse, fortemente autobiografico, centrato sulla propria giovanile adesione (erano gli anni settanta) a un islam militante – se pur ancora non integralista e fondamentalista – che però gli appariva come l’unica strada percorribile per cercare un riscatto dall’oppressione subita dalla sua razza.

È un romanzo autocritico, così come Kamari è critico con ogni forma di integralismo contemporaneo (si dice convinto che dopo due decenni i movimenti fondamentalisti abbiamo i giorni contati, e ne è contento). «Vorrei far capire quanto ingenua ma onesta fosse la mia carica di ribellione, e come sia stato un errore cadere preda degli assolutismi».

Purtroppo, e lo dico con rammarico, la sua scrittura non riesce a discostarsi da un registro apologetico, da un afflato religioso mai messo in discussione.

Mi regala una perla: non riesce a capire l’ossessione del cattolicesimo nei confronti del piacere sessuale, che l’Islam invece esalta come cemento nelle relazioni, anche familiari, tra l’uomo e la donna. E la negazione del diritto al divorzio, che l’Islam invece accetta come normale, prevedendo, a suo dire, modi e regole per proteggere le donne.

Ho fantasticato su un romanzo che tratti l’argomento: che so, una donna musulmana che sposa un cattolico e non capisce le sue reticenze. Lui rideva.

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