Dangerlok: una donna sola, a Bombay

La copertina dell'edizione indiana

Sembra che il nostro Dangerlok, di Eunice De Souza, stia diventando un libricino di culto, nel suo genere. La storia di Rina, donna sola a Bombay in conflitto con uomini sgradevoli in una città dura e machista, incuriosisce. Allora qualche informazione su di lei: una bella bio da un sito affidabile, e la sua column settimanale sul Mumbai Mirror, dalla quale emerge la personalità di questa donna forte, capace di sfidare le convenzioni dell’India di qualche decennio orsono, quando una donna che vive sola per scelta e ha relazioni con uomini diversi faceva scandalo davvero, pubblico e privato. Dangerlok mi fu suggerito da una anziana editor di Bombay, insieme a una lista di altri romanzi ambientatì in città, che mi descrisse la De Souza come ‘un personaggio molto chiacchierato’. Letta di una fiato la novella, la contattai, e la invitai a cena. La voce, al telefono, era quella di una signora in là con gli anni che, per qualche ragione, non voleva spiegarmi in quale quartiere di Bombay viveva esattamente, e denunciava una certa fatica nel venire fino a Bombay South, dove stavo io. Venne, la invitai a cena in quello che io ritenevo essere un ottimo ristorante di mare, dove già mi ero goduto dei fantastici granchi, senza capire che si trattava proprio del locale che lei, in Dangerlok, descriveva come un ottima locanda degli anni passati, inutilmente rimodernata di recente nello stile pacchiano imposto dai nuovi ristoranti della ‘shining Bombay’ dove si servono ora gli stessi granchi che dieci anni prima, ma a prezzi decuplicati. Il posto sbagliato, in assoluto. Lei si era presentata con un bel bindi rosso in fronte, io le avevo chiesto se fosse di religione indù e mi aveva risposto che no, metteva il bindi perchè lo trovava divertente. L’avevo trattata con deferenza e delicatezza, come si fa con gli anziani, e, io immaginavo, con i poeti e le persone fragili come lei sembrava comunicarmi di essere. O di voler essere: due giorni dopo dissi a un amico che, tra le mie molte domande, temevo di aver chiesto a Eunice qualcosa che potesse ferirla. La sua risposta, da navigato mumbaikar, fu: non credo che ci sia nulla al mondo che possa ferire Eunice De Souza. Me ne accorsi qualche giorno dopo, a una prima teatrale: le donne in particolare la evitavano come la peste, una mia amica era letteralmente scappata via per non doverla incontrare. Feroce Eunice De Souza? O fragile Eunice De Souza? Come Rina, protagonista di Dangerlok. La casa nel libro è la vera casa di Eunice De Souza, che ho visto qualche mese dopo. Santa Cruz East, un quartiere popolare pieno di bancarelle e rifuiti abbandonati per strada, un condominio fatiscente, un microscopico appartamento e la gabbia con il pappagallo. Uno solo, ho osservato: in Dangerlok sono due. L’altro è morto, mi rispose lei. O non è mai esistito?

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