Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan

«Perché?» aveva domandato Margio, riluttante a consegnare il suo giocattolo. «È solo un ferro vecchio che non serve a nessuno».
«Ma potresti comunque uccidere qualcuno con quella spada, se volessi», aveva risposto il Maggiore Sadrah.
«Infatti è quello che voglio fare».
Benché il ragazzo avesse dichiarato così apertamente di voler uccidere un uomo, il Maggiore Sadrah non aveva dato peso a quell’affermazione. Aveva cercato di convincerlo e, dopo averlo minacciato di portarlo al distretto militare, era riuscito a farsi consegnare la spada, che aveva poi gettato sopra la gabbia dei cani dietro casa sua.
Per tutto il pomeriggio non aveva più pensato a quell’episodio e non aveva notato nessun presagio di catastrofe: forse era diventato vecchio e non era più attento come una volta. Era quasi dispiaciuto di aver confiscato quell’inutile spada. Con quell’arma logora tra le mani di Margio, forse Anwar Sadat non sarebbe morto. Anche se il ragazzo l’avesse colpito più volte al collo, al massimo gli avrebbe fatto qualche livido o rotto qualche osso. Rabbrividì mentre immaginava come Margio avesse ghermito Anwar Sadat e con quanta forza le sue mascelle avessero stretto il collo del pover’uomo.

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