Su Repubblica, Renata Pisu…

…mette in bella evidenza il nostro Zhu Wen SE NON E’ AMORE VERO ALLORA E’ SPAZZATURA come libro da mettere in valigia durante un viaggio in Cina: “Uno scanzonato racconto sulle gioie e le tribolazioni degli abitanti di una grande città come Nanchino, ingabbiati nella frenesia della modernità a tutti i costi.” Sulla Asia Literary Review di alcuni numeri fa veniva definito come “un romanzo sorprendente, ben strutturato, che presenta in maniera magistrale la Cina.” Io ve ne ho parlato nel post precedente a questo, e non insisto. In compenso vi consiglio di dare un’occhiata a questo numero sulla Cina della ALR. Non tanto perchè racconti qualcosa di particolarmente nuovo sull’argomento, ma al contrario perchè mostra un modo particolare di trattarlo. Un punto di vista: in inglese, da Hong Kong, con una predilezione per autori che, per quanto bravi e interessanti, di cinese hanno ormai poco. Xiaolu Guo, pubblicata anche in Italia (noi stessi abbiamo meditato a lungo sul suo “20 Fragments”, che ci sembrava una bella carrellata sulla condizione della gioventù istruita cinese), scrive i suoi romanzi in inglese, e lo fa sempre più spesso dalla Francia e dall’Europa in generale, piuttosto che dalla Cina. La Asia Literary Review è uno dei punti focali di una discussione che non tarderà a saltar fuori e sorprenderci: il suo mix di saggistica anglofona sulla Cina e autori troppo spesso ‘foreign oriented’ stride in un panorama culturale, quello cinese, dove i grandi scrittori e molti intellettuali di livello non parlano l’inglese, e nemmeno sembrano così ansiosi di impararlo. In un continente (pensiamo all’India, ma anche alle Filippine, o al SudEst) dove un numero di scrittori sempre più ampio si piega alla necessità di scrivere in inglese per raggiungere più facilmente l’industria editoriale internazionale, la Cina va controcorrente (Hong Kong naturalmente rappresenta l’eccezione). E si mugugna alquanto su un paio (più di un paio, in verità) di festival letterari locali come quello di Pechino, e il suo gemello di Shanghai, dove non a caso spiccano nomi come quelli dei miei amici Qiu Xiao Long e Lija Zhang, che, appunto, scrivono in inglese, Lija da Pechino, e Xiao Long niente meno che dal Missouri. Del resto: se sono amici miei è proprio perchè perchè parlano l’inglese…
Ma vogliamo scommettere che il primo braccio di ferro diplomatico tra il vecchio Occidente e la nuova Cina non verterà sullo sconfinamento di qualche cannoniera, ma invece sulla supremazia di una lingua o dell’altra?

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