Mi rivolse un gran sorriso, con i denti bianchi in un volto che sembrava fatto di legno lucido. Era un mascalzone attraente, alto e muscoloso per tutto l’esercizio fisico che faceva, e teneva la barba incolta ad arte. Era una persona affabile, e questo era al tempo stesso la sua forza e la sua rovina. Lavorava sodo, una cosa insolita a Lubok Sayong. Gli uomini migliori se ne andavano e quelli che restavano amavano troppo prendersela comoda per sgobbare in un lavoro qualsiasi.
Lo avvisai: «Attento ai coccodrilli. Sevaraja sostiene di averne visto uno sul tetto della fermata dell’autobus di Simpang Keladi vicino al punto in cui tuo padre vende frutta e verdura. Un maschio, lungo due metri e mezzo, con segni neri sul dorso».
Ismet scoppiò a ridere: «Devo dirlo a mio padre. Sul tetto della fermata dell’autobus!».
«Un’altra cosa. Se catturi il pesce di Mami Beevi, lascialo andare. Ha quasi pianto quando l’ha liberato, non la prenderebbe bene se qualcuno mangiasse il suo cucciolo».
«Che tipo di pesce è?»
«Un tipo strano. Una creatura brutta con il muso simile a quello di un cane».
«E quanto è grande?»
Gli mostrai la lunghezza del mio braccio dalla punta del dito al gomito.
Da La somma delle nostre follie, di Shih-Li Kow
Posted by Metropoli d'Asia on maggio 24, 2017
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Da L’atelier, di Yeng Pway Ngon
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Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha
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