L’India a Torino: sassi nello stagno

L’India letteraria è sui media italiani. Con tutte le semplificazioni del caso, e il solito ricorso ai luoghi comuni, purtroppo. Ma non possiamo lamentarci: si parla anche di noi. Metropoli d’Asia
Sarebbe bello, però, che dagli Eventi del Salone emergesse qualche tema forte, letterariamente parlando, ma non solo. Ne metto in fila alcuni:

1) Troppo spesso ci ritroviamo davanti agli occhi l’ennesima fotografia di una donna vestita di un sari colorato, che si china a posare un fiore sulla superficie dell’acqua. Siamo sicuri che è questa l’India di oggi?
2) Quando scegliamo un testo per pubblicarlo in Italia (e per leggerlo), con quali criteri lo scegliamo? E cioè, siamo noi che decidiamo cosa farci raccontare dall’India, o siamo disposti a farci sorprendere da ciò che raccontano e leggono gli indiani?
3) Mi piacerebbe prendessimo atto del fatto che in India, come in altri paesi asiatici, sta lievitando un sentimento di orgoglio nazionale, quasi da superpotenza che intende porsi finalmente allo stesso livello degli ex colonizzatori euroamericani. Il nazionalismo è il tema globale prossimo venturo.
4) Il nostro sguardo sull’Induismo, sulla spiritualità indiana, andrebbe aggiornato o quanto meno contaminato dallo sguardo critico della parte più avanzata della società civile indiana: oppressione di casta, di genere, fondamentalismo religioso utilizzato come leva politica e di potere.
5) Non è il caso di separare la letteratura indiana della diaspora (autori residenti o a volte nati in Europa e Nordamerica), da quella più autenticamente locale? Le letture della realtà che ci propongono autori con un passato e un presente così differenti, non sono differenti anch’esse?
6) Negli ultimi due decenni ci siamo abituati a considerare gli abitanti dell’ex Terzo Mondo come l’Altro. Per quel che riguarda l’India, oggi non è più così (almeno non per tutti i suoi abitanti e non per i suoi scrittori). Uomini e donne molto simili a noi, immersi in contesto simile al nostro, ma che in questo contesto irrompono con uno sguardo nuovo, come trovandosi a ripercorrere un cammino che a noi è noto, rivisitandolo: interessanti e stimolanti proprio per quello
7) Ad esempio: come affronta il tema del lavoro e dei rapporti di lavoro un paese che per un verso ricorda la Gran Bretagna di Dickens, e per un altro prospetta un futuro che forse sarà anche nostro?
8) La narrativa femminile (al di là della fuffa spesso riversata a fiumi dai media di tutto il mondo) ci presenta nei casi migliori lo spaccato di una società che, come cominciò a succedere da noi circa quarantanni fa, è alle soglie di un mutamento epocale nelle relazioni tra i due sessi. Ci racconta qualcosa su come cambiano, i legami familiari, l’amore e il sesso, le relazioni con i figli, e tanti altri aspetti della società rivoltata come un guanto dopo 3.000 anni di preminenza maschile?
9) I più giovani narratori indiani, quasi tutti di lingua inglese, che rapporto rivendicano con la tradizione letteraria del loro paese, quella nelle lingue locali?

Chiudo con tre segnalazioni di articoli che mi sono particolarmente piaciuti: Alessandro Monti su TuttoLibri de La Stampa , Tommy Cappellini su Il Giornale, e una intervista a Tarun Tejpal sul Corriere della Sera di lunedì 10 maggio.

Buon salone.



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    Sacre parole, Andrea. Sacre!

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