Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha

Chiusa in bagno, Chang Mari sentì la voglia improvvisa di ridurre in brandelli il suo gesso e di strapparsi a unghiate la carne del braccio fino a farlo sanguinare. Un attimo dopo però si convinse che quel tipo di comportamento non si confaceva a una donna adulta come lei, e quindi desistette dal suo intento. Si spruzzò sull’abito un po’ di deodorante e l’odore di mentolo si mischiò a quello di ammoniaca. Aprì la finestra. Il davanzale era cosparso di cenere caduta dalle sigarette consumate da alcune dipendenti: apparentemente erano in tre a fumare in quel bagno, tre impiegate di tre aziende diverse che si incontravano lì a spettegolare tra un tiro e l’altro, come vecchie comari.
Si lavò le mani con il sapone e tornò a sedersi alla scrivania. Il capo era scomparso dalla circolazione. Incapace di fare alcun pronostico su quella giornata, si limitò ad augurarsi di riuscire almeno a vendere un’auto al cliente che avrebbe dovuto incontrare di lì a poco. Diede uno sguardo al suo taccuino per verificare se le sfuggiva qualche altro impegno e, scorrendo gli appunti sul calendario, le tornò in mente che due giorni dopo sarebbe ricorso l’anniversario della morte del padre. Provò un leggero senso di colpa nell’accorgersi di essersi dimenticata di quella data a soli due anni dal funerale.

Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha

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