Ricordo che a un certo punto, non so perché, lei si era voltata per andarsene, forse infastidita dalla mia insistenza. Allungai il braccio, come per trattenerla, benché ci separassero decine di metri, e oh! scivolai giù.
Ho dimenticato la sensazione della caduta libera. Il tempo di un respiro e piombai sui materassini, tra urla e schiamazzi, ma con il buio dell’impatto negli occhi. Finii tra due materassini, quindi sulle cartelle, poi mi beccai l’angolo di un libro sul pisello, un male! Era uno zaino giallo dei Cavalieri dello Zodiaco, con il mio idolo, Phoenix! Sopportando il dolore, tirai fuori il libro che mi aveva colpito, era un sussidiario di una classe superiore che rinfilai nello zaino, calcandolo dentro, mentre Phoenix mi fissava, dico davvero: ci parlavamo con gli occhi. Dopo di che le voci intorno si fecero vaghe e provai un senso di costrizione al petto e allo stomaco. Gli insegnanti corsero da me, battuti sul tempo dal maestro Liu e dalla coordinatrice, che mi presero tra le braccia chiedendo, concitati: «Cosa stai dicendo? Parla più forte. Cosa hai detto? Parla più forte, parla più forte».
Esaurii le forze che mi restavano in corpo per pronunciare una parola; l’avevo detta perché arrivasse alla bambina, era la voce del mio profondo. Nella mia testa c’era solo lei. Era la prima volta che provavo l’estasi dell’amore e grazie a quella ragazzina avevo annientato il dolore fisico. Esanime, mormorai più volte quella parola, aggrappato al colletto della coordinatrice: «Phoenix».Mi risvegliai nell’ambulatorio, accanto a una copia di «L’eco locale», il quotidiano del Centro culturale della nostra città che in quarta pagina aveva un titolo sensazionale: «Alunno delle elementari di Tingxinxiang si arrampica sull’asta della bandiera. L’intero istituto accorre in suo aiuto».
Da Verso Nord. unonoveottootto, di Han Han
Posted by Metropoli d'Asia on luglio 14, 2018
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