Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

Quella partita si stava svolgendo in una vecchia osteria, infognata nel vicolo di un minimarket aperto tutta la notte, di fronte alla stazione di Sadang. In una delle sue salette, K stava pescando alcune carte di hwat’u: ciliegio e lespedeza. In totale erano sette kkŭt. Scrutò le espressioni degli altri. Uno dei giocatori abbandonò la partita, mentre gli altri si misero a puntare banconote da mille won.
«Passo».
K gettò sul tavolo le sue carte. Aveva un punteggio troppo basso per proseguire. Gli sguardi delle persone si muovevano freneticamente. I muscoli degli occhi del signor Yi, tassista dei trasporti Sŏngbo, si contrassero: era più che evidente che gli era capitata una mano niente male. Rilanciò di diecimila won. Il tassista Kim, dei trasporti Kyŏnggi, decise di continuare, mentre tutti gli altri si ritirarono. Il signor Yi scoprì le sue carte. Con un kabo si aggiudicò la partita. Kim aveva appena cinque kkŭt, forse aveva voluto vedere solo perché era convinto che l’avversario stesse bluffando.
«Oggi la fortuna non gira proprio!», esclamò alzandosi di scatto. «Io salto una partita ma torno subito, quindi non azzardatevi a muovervi da qui».

Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

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