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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Tutti i post su cina

Doppiozero: Censura in Cina

Nel suo ultimo articolo su Doppiozero, il lungo e denso racconto di Andrea Berrini su un caso di censura che lo ha coinvolto personalmente: la decisione di non andare in stampa, a due giorni da quando previsto, della versione cinese del suo libro Noi siamo la classe operaia. I duemila di Monfalcone, incappato nella “categoria 14″ che riguarda le “opere di paesi socialisti e leader di paesi fratelli”. L’articolo è un’occasione per conoscere da vicino una vicenda di censura (o auto-censura), cercando di intravederne i meccanismi a tratti incomprensibili e il clima di omertà attraverso cui opera, e arrivando a immedesimarsi nella frustrazione di chi con questi problemi deve misurarsi quotidianamente.

Da 20 frammenti di gioventù vorace, di Xiaolu Guo

Puoi controllare e ricontrollare tutti i dizionari cinesi che vuoi: non troverai mai la parola che sta per “romanticismo”. Noi diciamo “Lo Man”, copiando la pronuncia inglese. E comunque, che razza di fottuta utilità poteva avere per me una parola come romanticismo? In Cina non ce n’era molto, e Pechino era il luogo meno romantico dell’universo. «Prima mangia e poi parla», come dicono gli anziani. In ogni caso, tra me e Xiaolin il romanticismo era pari a zero.
Ci siamo conosciuti quando recitavo in una serie televisiva ambientata nella corte imperiale della dinastia Qing. Tutto il set riproduceva il modo in cui si viveva trecento anni fa. Le peonie nei vasi erano di carta, e di plastica i fiori di loto nello stagno. Io avevo la parte di una delle tante ancelle della prin-cipessa, parte che mi imponeva di portare una folta treccia finta. Era pesantissima e mi faceva pendere la testa all’indie-tro. L’assistente al trucco mi aveva dato un’occhiata sdegnosa e aveva storto il naso davanti alla lunghezza dei miei capelli, poi li aveva afferrati in un pugno e aveva attaccato quell’enor-me treccia. Nelle scene in cui comparivo dovevo camminare solennemente nel palazzo, versare il tè per la mia principessa o acconciare i suoi capelli. Il tutto senza parlare, ovviamente.

Da 20 frammenti di gioventù vorace, di Xialu Guo

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E adesso? consigliato da Andrea Marcelloni su agiChina

Andrea Marcelloni della Libreria Pagina 2, specializzata sull’Oriente, riprende la sua rubrica di segnalazioni letterarie su agiChina e lo fa con E adesso?, il libro di A Yi recentemente pubblicato da Metropoli d’Asia.

Opera prima di un autore che prima di diventare scrittore ha fatto tanti mestieri diversi, compreso il poliziotto, e che quindi conosce la realtà cinese forse meglio di molti altri suoi colleghi, “E adesso?” è un romanzo breve – poco più di cento pagine, lo si può leggere nell’arco di un fine settimana –  strutturato in sedici piccoli capitoli, come se fossero dei mini racconti, in cui viene raccontata la storia di un adolescente che assassina brutalmente e apparentemente senza motivo una ragazza per poi fuggire dalla città, fino alla sua (scontata) cattura, alla conseguente detenzione in carcere con relativo processo.

(continua su agiChina)


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Doppiozero: L’Oriente e la retorica di Trump

Nel suo ultimo articolo su Doppiozero, Andrea Berrini parla delle ultime elezioni statunitensi viste dall’Asia, con molte domande su quanto succederà. Le posizioni di Trump sulla Cina sono obsolete, visto che la Cina a propria volta sta iniziando una sua delocalizzazione? E cosa cambierà per gli altri paesi asiatici maggiormente coinvolti nelle esportazioni? Poi ci sono anche questioni di stretta politica estera, al di là della retorica in campagna elettorale che potrebbe tradursi in un nulla di fatto, in un triangolo che coinvolge inevitabilmente anche la Russia.

Xiaolu Guo, la Svizzera e Heidi

In un numero di Internazionale di qualche tempo fa era comparso un articolo di Xiaolu Guo, autrice con Metropoli d’Asia di La Cina sono io e 20 frammenti di gioventù vorace, su una sua esperienza di vita con la sua famiglia in Svizzera, a Zurigo. Proprio poco prima di partire aveva comprato per la figlia un libro di Heidi, personaggio che la suggestiona e accompagna attraverso gli incantevoli paesaggi montanari.


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Da E adesso?, di A Yi

Con un’arma del genere, la cosa avrebbe assunto un sapore rituale. L’ho messa nella cartella e mi sono confuso tra la folla, però non ho resistito a lungo e ho infilato la mano per far scat-tare la lama. Ta c, usciva, tac, rientrava. Avevo le vertigini. Ero l’angelo della morte e potevo decidere della vita dei passanti. A me toccava scegliere, a loro non restava che sperare nella fortu-na. Tuttavia si ammazza qualcuno se ne vale la pena, e nessuno mi sembrava adatto. Finché mi è venuto incontro un giovane che si sistemava i capelli con un pettine guardandosi intor-no. Era alto circa un metro e ottanta e portava grosse scarpe di cuoio, pantaloni con la piega e una camicia nera attillata, aperta sul petto. Quel tizio allampanato era ridicolo con le sue spalle strettissime che ricordavano una gruccia. Eppure nulla turbava l’alta considerazione che aveva di sé; camminava im-pettito, con un sorriso tirato. Mi sono immaginato che avesse appena ricevuto una promozione e un ufficio, lui che fino al giorno prima era talmente disperato da scoparsi le vedove.
Ci siamo incrociati come due bastoni, come due alberi, e anche se non lo sa, io l’ho ammazzato con il pensiero.

Da E adesso?, di A Yi

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Da Le tre porte, di Han Han

Finalmente Ma Debao cominciò la lezione. Era la prima volta che affrontava una combriccola di patiti della letteratura – che in realtà erano appassionati di viaggi –, quindi sentiva l’esigenza di darsi un tono. La sera precedente aveva fatto le ore piccole per prepararsi, consultando un sacco di dizionari a caccia di citazioni colte. Esordì così:
«La letteratura è il piacevole incanto di apprezzare il bello, cosicché noi, in primis, dobbiamo comprendere che cosa sia la bellezza. Esiste una branca della fi losofi a che studia la bellezza che si chiama estetica, ma non c’è una bruttologia che indaghi il brutto, da ciò possiamo dedurre l’importanza della bellezza…». Ma Debao fece una pausa per lasciare spazio alla risata generale che aveva previsto, ma regnava un silenzio di tomba. Mentre si rimproverava per essersi espresso in modo troppo ricercato per gli studenti, che mancavano di acume, si agitò e andò nel pallone. Bevve un sorso d’acqua per riprendersi, intanto il seguito del discorso non si decideva a saltare fuori. Si ritrovò in balia della situazione, alla disperata rincorsa del fi lo del ragionamento che, stranamente, non riusciva a recuperare nella sua vasta memoria, era come cercare nel buio più pesto qualcosa a tastoni.

Da Le tre porte, di Han Han

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Da Verso Nord. unonoveottootto, di Han Han

Dopo la rimpatriata, durante la quale ciascuno aveva spiegato ai compagni che lavoro faceva e quale posizione ricopriva, andai da solo a fare una passeggiata nel parco per misurarlo con i passi: quarantotto in lunghezza e venti in larghezza. Era il luogo che custodiva i ricordi più teneri dell’infanzia, e io lo avevo tradotto in cifre. Mi tornò in mente un giorno: era l’ora di pranzo, il sole era accecante, io mi ero arrampicato sul punto più alto dello scivolo e da lì avevo spiccato un salto aggrappandomi all’asta della bandiera. Poi mi ero spinto ancora più su di qualche metro sull’asta, aiutandomi con la corda. Da un’altezza mai raggiunta in precedenza da altri, avevo scrutato tutta la scuola, schiaffeggiato dalla bandiera nazionale che sventolava.
L’estate era alle porte.

Da Verso Nord. unonoveottootto, di Han Han

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Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

Aveva impugnato il mattarello e giù botte da orbi a Ren Baoliang. Liu Yuejin osservava quel poveraccio che si proteggeva la testa con le braccia e le prendeva senza fiatare, continuando a masticare, quando a un certo punto non ce la fece più e andò a bloccare Niu Decao: «Basta, zio, dai, in fondo è solo un pollo arrosto. Anche se continui a dargliele, non è che te lo sputa indietro».
Ren Baoliang scoppiò a piangere: «Non è per il pollo, è che sono dentro da più di due anni e non mi è mai venuto a trovare nessuno».
Quando Ren Baoliang uscì dopo aver scontato la pena, per prima cosa andò al Villaggio dei Liu a trovare Liu Yuejin e gli portò dieci polli spennati, sventrati e puliti. Trascorsi cinque anni, era diventato capomastro in un cantiere di Pechino. In quel periodo non si erano visti, ma avevano continuato a scriversi. Dopo altri cinque anni, Liu Yuejin aveva divorziato e se n’era andato da Luoshui per la rabbia. Quindi aveva cercato Ren Baoliang, che lo aveva preso a fare il cuoco nel cantiere. Se non fosse stato un suo sottoposto, sarebbero rimasti amici, ma dove c’è gerarchia non può esserci amicizia. O meglio, Ren Baoliang poteva dire di essere amico di Liu Yuejin, ma Liu Yuejing non poteva trattare Ren Baoliang come tale. Oppure potevano anche comportarsi da amici in privato, ma in pubblico tornava in ballo la gerarchia. Liu Yuejin lo aveva capito: quando erano soli lo chiamava Baoliang, se c’era qualcun altro cambiava musica e lo chiamava direttore Ren.

Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

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Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

È mezzanotte passata; Londra irradia film drammatici televisivi e ululati di sirene nel panorama sonoro della tarda notte. La strade sono sature di ombre e luci. Sopra Chapel Market c’è un appartamento ancora illuminato. Iona è immersa in un mare di carta. Ha aggiunto alla pila sulla scrivania altri due dizionari e un libro sui dialetti del Nord della Cina. Mentre sta smistando i fogli, cercando di dar loro un senso, trova una lettera senza data.
A un primo colpo d’occhio pensa che sia una lettera degli anni Novanta, ma il tono è arrabbiato e ferito come nelle prime lettere che Jian sembra aver mandato a Mu dopo aver lasciato la Cina nel 2011. Sta lavorando su queste traduzioni da alcune settimane e non è ancora riuscita a dare un senso alla storia. Che cosa è andato storto nel loro rapporto? Sembravano così felici, così pieni di promesse ed entusiasmo. Ci sono indizi e allusioni a un manifesto che ha cambiato tutto, ma non dispone di alcuna informazione del contesto e le sue ricerche su internet si rivelano inutili.
Guarda ancora la lettera – il tono è piuttosto veemente. Iona si chiede se sia mai stata spedita. Nessun indirizzo, nessun sentimentalismo, solo franchezza.

Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

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