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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Il punto sull’Ubud Festival

L’Ubud Writers & Readers Festival ha aperto ieri, in tono minore rispetto alle ultime due edizioni che lo avevano visto crescere per la qualità degli ospiti e delle discussioni suscitate.

Un programma ristretto a soli quattro giorni, una nutrita pattuglia di autori indonesiani con molte assenze di rilievo, la consueta sfilata di nomi dall’Australia (le cui Università continuano a imporre il proprio ruolo di chioccia al mondo editoriale del sudest asiatico), una spruzzata di americani e britannici (direi Junot Diaz su tutti).

Kunal Basu dall’India, Tariq Ali dal Pakistan. Lo sponsor principale, City Bank, è venuto a mancare a pochi mesi dal festival e il programma ne risente. Peccato, perchè l’occasione, e il luogo, meritano di più: una cittadina in mezzo alla foresta e alle risaie dell’isola di Bali i cui alberghi, sulla soglia della stagione delle piogge, aprono gratuitamente le loro stanze agli ospiti.

Per questo nelle ultime edizioni Ubud era riuscito a imporsi come crocevia delle scritture asiatiche, una sorta di seconda Jaipur (che invece si tiene in febbraio).

Ricordo l’anno scorso l’esultanza di molti autori nel trovarsi in questo luogo magico: di fatto una strada che percorre una cresta tra due valloni verdeggianti, gli hotel e le guest houses aggrappati sui due versanti.

Qui sono alcune gallerie d’arte tra le più importanti dell’Indonesia: l’arte contemporanea non risente della crisi, fiumi di denaro continuano a essere riversati su pittori, scultori e performers e gli scrittori cominciano a domandarsi se abbiano scelto il mestiere giusto. Insomma: cosa fare per rendere trendy la narrativa asiatica?

Le lingue dell’Asia

Di recente il Sole 24 Ore ha intervistato William Darlymple, ottimo scrittore di lingua inglese residente in India. Drlymple è però significativo di una tendenza riguardo alla narrativa asiatica che prima o poi si dovrà invertire: quella di privilegiare la lingua inglese come medium. perchè Darlymple è il direttore del festival di Jaipur, il più importante evento letterario di quella parte del continente? Molti amici indiani dicono, storcendo il naso: perchè non è indiano, è inglese.

Molti dei festival letterari pur interessantissimi – penso a Ubud in Indonesia, a Shanghai e Pechino, a Hong Kong, a Galle e perfino al Mountain Echoes in Buthan) vedono una preminenza di autori di lingua inglese che è quasi sospetta. Ma cosa raccontano gli indonesiani, che scirvono in Bahasa Indonesia? E i cinesi, che l’industria editoriale europea ancora non è riuscita a far decollare?

E un’altra domanda: in quale lingua che non sia l’inglese potranno parlarsi i paesi dell’Asia sudorientale? A quando un bel sito sulla letteratura del continente visibile magari in più lingue?

Dopo Jaipur Literature Festival: commenti, arguzie, polemichette

Da Tehelka di venerdì 28, ecco un suggerimento: leggere di più, e restar seduti al balcone, a osservare bevendo un caffè. Ecco come Namita Ghokale e William Darlymple rispondono alle critiche. DNA India invece si lascia scioccare dalle furbate di Welsh. Preoccuparsi è necessario: ma questa nuova Asia letteraria ci riproporrà le fregnacce a cui già siamo abituati in Occidente? Speravamo in qualcosa di nuovo. Scenda ora il silenzio, e ricominciamo a leggere.
Forse, il commento più sardonico è quello del nostro Indrajit Hazra, che nella sua rubrica del sabato ignora l’EVENTO, e si occupa di James Blunt.

Vikram Seth vs Sarnath Banerjee

A suitable audience è il gioco di parole dell Hindustan Times dal Ragazzo Giusto di Vikram Seth (A Suitable Boy). Fa piacere sapere che il nostro amico Sarnath, graphic novelist di vaglia, autore di The Corridor (misteriosamente pubblicato in Italia) e The Barne’s Owl ha attirato su di sè l’attenzione dei grandi alla Durbar Hall. Sarnath è anche editore di fumetti, e globe trotter a tempo pieno. E’ il tipo di autore che Metropoli d’Asia aspetta alla sua prova importante, ammesso che qualche editor indiano sia capce di metterglisi alle calcagna.
Oggi la stampa indiana è però attratta più dalle star che vengono da fuori, che dagli autori locali. Vedi Dna India su Martin Amis, e Junot Diaz per Times of India. Di sicuro quest’anno l’occasione è mondana e in mondovisione: molti gli editor europei in visita mordi e fuggi (modello ‘io c’ero’), ma buona esposizione sulla nostra stampa (bello l’articolo di Livia Manera sul Corriere di sabato). Poche storie: due anni fa ha aperto Hachette India, di oggi la notizia dell’apertura a Delhi di un ufficio locale della prestigiosa agenzia internazionale Aitken Alexander. La Cina sfida il gigante americano, ma l’India ha già il quarto PIL del mondo…

Amore e sesso a Jaipur

Sembra l’argomento all’ordine del giorno, e allora rubiamo questa foto: chi sono loro due? Ieri la presentazione di Orhan Pamuk, qui in video e su carta a parlare d’amore. Poi nientepopodimeno che Sex and the City. E la pagina di Tehelka che vi da in diretta video (o quasi) alcune sessioni del festival. Il diario giornaliero su YouTube. E, beh: la cerimonia di apertura: troppe autorità, ma la musica, la luce.

Rassegna stampa da Jaipur

La mattina dell’apertura, i quotidiani annunciano l’evento. Comincio con lo stupirmi dell’enfasi di Hindustan Times: la Woodstock della letteratura? Il più grande show letterario del mondo? L’autore dell’articolo è William Darlymple, direttore del festival… Chiara l’intenzione di farne un evento pop. Buona la pagina di cronaca che presenta la giornata di oggi, nella quale spicca la conversazione con Orhan Pamuk condotta dal giovane critico (e scrittore) Chandrahas Choudhury che sul suo blog presenta l’incontro così. Chandrahas è un vecchio amico di MdA, e il suo blog è nella lista qui a fianco.

Daily Jaipur

Il nostro Indrajit Hazra presenta il Festival di Jaipur in una sua recente column (Red Herring – Falsa Pista) sull’ Hindustan Times, quotidiano che promette da domani di informarci… quotidianamente su quel che succede al festival. Di Hazra godetevi anche questo elzeviro su ‘letteratura e narrativa d’evasione’, per usare terminologie nostrane.
Sta di fatto che Jaipur Literature Festival 2011 comincia tra poche ore, lontano dall’intimità delle sue prime edizioni (solo 4 anni fa: poche decine di ospiti, dibattiti tra esseri umani e non tra esseri umani trasformati in star… che nostalgia! Come disse Mridula Koshi l’anno scorso: è che a continuare a camminare in giro con il sorriso perennemente innestato prima o poi ti sloghi la mascella). Si aprano le danze.

India sugli scudi

E’ in India, a Jaipur, che si tiene il più importante festival letterario asiatico (ora è moda dire: Asian-Pacific): Jaipure Literature Festival. Coetzee, Pamuk, Mc Inerney, Martin Amis e qualche altro grande, a confronto con gli scrittori indiani. Unico appunto, per quest’anno, una sottoesposizione del resto dell’Asia: Cina, Taiwan, Corea, Indonesia, Vietnam. Come se al secondo dei giganti asiatici non interessasse la letteratura dei vicini, (si dice in gergo: coopetitors, a metà strada tra concorrenti e soci), cosa del resto per ora ricambiata (solo l’Indonesia sembra più curiosa e attenta al continente come tale). Ma il grande festival asiatico è in India, come fosse una sfida a far meglio. Quest’anno, dopo tre consecutivi, MdA non è a Jaipur. Proveremo a seguire il festival sulla stampa indiana, e ve ne racconteremo.
Intanto, una chicca da aggiungere alla nostra collezione di links interessanti: Out of Print, rivista online di racconti, con nomi di tutto rispetto (Usha, Koshi, Hassan). Come a dire che sì, il racconto breve si può leggere online, gratis.

Un altro festival che avrà fortuna

Mountain Echoes, è il bel nome di un festival di letteratura che si è recentemente tenuto in Bhutan (Festival), tra le cime dell’Himalaya. Molto indiano, molto centrato sugli autori locali e del subcontinente, con una pattuglia di editor indiani d’eccezione tra i quali Uravashi Butalia di Zubaan
e Ravi Singh di Penguin India. Senza dimenticare gli organizzatori: Siyahi di Mita Kapoor e Namita Gokhale, anima del Jaipur Literary Festival che si tiene in India ogni febbraio.Copetura, è ovvia, dai media indiani, in particolare l’Hindustan Times, e un bell’articolo di presentazione su Caravan.
L’ottimo clima metereologico e umano, i paesaggi, la dimensione ancora ridotta: scommettiamo che diventerà un cult? E allora verebbe voglia di rivolgersi agli organizzatori: tenetelo così, un festival asiatico, con ospiti dai paesi confinanti (la Cina, oltre che l’India, e il sud est asiatico), senza passerelle per i solti nomi dell’industria letteraria angloamericana…

crumpacker@mailxu.com