Da E adesso?, di A Yi

Quando si accorgerà che ho svuotato la cassaforte, la zia caccerà un urlo e andrà su tutte le furie; se si dispera, tanto meglio. Se lo merita. Io e i miei non dobbiamo niente allo zio, sono venuto a stare nel capoluogo della provincia grazie a uno scambio di favori, tra i più importanti nella storia del-la famiglia. Quando era ragazzo, mio padre, nonostante fosse più bravo a scuola, aveva lasciato che fosse suo fratello a studiare e lo aveva mantenuto all’università lavorando in miniera, dove poi si era beccato un cancro ai polmoni. Eppure la zia, che prima era una mediocrissima bigliettaia di autobus, è con-vinta che siamo in debito con lei, soltanto perché è nata in città. Quando mi aveva accompagnato a casa loro, mia madre aveva portato in regalo alcuni prodotti locali, che la zia aveva rifiutato con spocchia: «Tienili tu, tienili tu, che non ve la passate bene». «Mia mamma ha molti più soldi di te!» avrei voluto gridare. A quell’epoca avrei preferito suicidarmi, tanto ero a disagio, e me ne stavo tutto il giorno rannicchiato nella veranda. Se facevo la doccia, lei spegneva il gas, e le rare volte che guardavo la tivù, lei camminava avanti e indietro sui suoi tacchi alti. Non mi proibiva di sedermi sul divano, però spolverava appena mi alzavo e, alla minima impronta sul pavimento, passava il mocio, con il gusto con cui un vecchio contadino raccoglie sterco di vacca per concimare.

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