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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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    • Da Il giardino delle delizie terrene, di Indrajit Hazra
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Tutti i post su libri

A Yi intervistato da Convenzionali

In occasione dell’uscita dell’ultimo libro di Metropoli d’Asia, E adesso? di A Yi, l’autore ha risposto ad alcune domande del sito Convenzionali, parlando del suo romanzo, della Cina e del suo lavoro.

Perché raccontare la storia di un delitto senza movente?
Per molto tempo ho sempre scelto di base per i miei scritti soggetti di tipo esistenzialista come quelli trattati da Sartre, Kafka, Dostoevskij, vicende dove molto spesso possiamo osservare esseri umani alla ricerca di valori e del senso della vita. In questo mio romanzo il protagonista è continuamente assediato da noia e assenza di significato, come se fosse un passante del mondo: non solo non ne è un protagonista, dunque, ma nemmeno un ospite. Mi interessava raccontare la vicenda di un personaggio per cui il mondo è come una porta chiusa.

(continua a leggere su Convenzionali)

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A Yi intervistato su La Lettura del Corriere della Sera

In occasione della recente uscita di E adesso?, il suo autore A Yi è stato intervistato da Marco Del Corona su La Lettura, il supplemento culturale del Corriere della Sera. Nella conversazione si è parlato della genesi del libro, dei suoi risvolti autobiografici e del genere preferito dall’autore che è il poliziesco.

 

E adesso?, Di A Yi

In libreria dal 31 marzo

Un giorno qualunque in una provincia del-la Cina. Mentre conduce la sua vita norma-le, un adolescente sta progettando il brutale assassinio della sua unica amica. La attira in una trappola, la strangola, infila il cadavere in una lavatrice e fugge dalla città, dando il via a una caccia all’uomo piena di imprevisti. E adesso? è un romanzo elettrizzante e raffinato su un omicidio privo di movente che ricorda l’assurdo di Kafka, il nichilismo di Camus e la corruzione morale di Dostoevskij. È un’a-nalisi scioccante della disperazione che in-trappola gli abitanti poveri delle campagne e allo stesso tempo un’incursione condotta con grande abilità tecnica nel campo dell’horror e della suspense. Con uno straordinario con-trollo dello stile, A Yi svela l’antefatto psico-logico che ci consente di dare un senso alla drammatica violenza della storia e fornisce degli scorci agghiaccianti e rivelatori su un Paese che vive un radicale cambiamento dal punto di vista sociale, politico ed economico.

«Da ultimo, hanno introdotto un agente di custodia. L’uomo ha raccontato che, dietro le sbarre, i malviventi diventano agnellini e supplicano di vedere la moglie o i genitori, invece io mantenevo un atteggiamento distaccato, come se nulla fosse.
“Dopo quello che è successo, la sua unica richiesta è stata un menu del McDonald’s”.
“Kentucky Fried Chicken”, ho precisato».

«Con questo romanzo A Yi dimostra di essere una delle voci più im-portanti emerse negli ultimi anni nella Repubblica Popolare Cinese».
International Express

«Un’opera sorprendente che si legge tutta d’un fiato; un viaggio spa-ventoso nella mente di uno psicopatico».
Irish News

«Frasi guizzanti e lampi di pensiero originale filtrano nella sua prosa essenziale e descrittiva come raggi di sole in una stanza in penombra».
Big Issue

«Sorprendente… fa luce su un Paese che vive un radicale cambia-mento dal punto di vista sociale, politico ed economico».
Daily Express

Traduzione di Silvia Pozzi


ISBN 9788896317662
Pagine 128
Euro 10,00

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Da Le ceneri di Bombay, di Cyrus Mistry

La stanza era ingombra di oggetti accumulati nel corso di molti anni. Contro la parete erano allineate sei sedie di paglia, quasi tutte sfondate. Un grosso armadio munito di specchio, con una zampa anteriore spezzata, pendeva inclinato a un’angolazione preoccupante. In un cassettone di mogano scuro si notava una grossa fessura nera rettangolare in corrispondenza di un cassetto mancante. Sul ripiano del mobile erano disposte una decina di boccette di preparati medici, vuote o mezze vuote. Un letto a baldacchino occupava il centro della stanza, con un materasso sottile arrotolato da una parte. Sulle assi a vista dell’altra metà, sopra uno strato di vecchi giornali, c’erano un fornello da campeggio annerito, un tagliere e un grosso coltello da cucina. Sotto il letto, la sagoma concava e vuota del coperchio di una macchina da cucire. Accanto, un tavolino ingombro degli oggetti più svariati: un lume a cherosene, una tazzina di porcellana scheggiata, un cacciavite, una grossa vite, una dentiera in un vasetto pieno d’acqua, un libro di preghiere spiegazzato, un grosso gomitolo di filo, una scarpina rossa da bambino e, in un piattino, un ammasso verde di muffa che era probabilmente un pezzo di formaggio. Alla parete ticchettava forte una pendola vetusta. Con una certa sorpresa, Jingo notò che segnava l’ora esatta. Accanto all’orologio era appeso, un po’ di sbieco, un vecchio calendario che raffigurava Nehru nell’atto di annusare una rosa rossa fiammeggiante.
Invitato ad accomodarsi, Jingo scelse un panchetto di legno dalle decorazioni bizzarre: non appena seduto, gli sorse il dubbio di essersi piazzato sul coperchio chiuso di un pitale di foggia antiquata. Ebbe l’impulso di spostarsi. Nessuna sedia nella stanza, però, pareva in grado di reggere il suo peso, e alla vecchia non sembrava importare dove si era seduto. La donna montò sul letto in fretta e furia, senza fiato per l’emozione, in attesa che Jingo iniziasse a parlare.

Da Le ceneri di Bombay, di Cyrus Mistry

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Da Cortina di pioggia, di Tew Bunnag

Per pigrizia non mi sono preoccupato di rifornirmi di generi di prima necessità. Quando la ragazza dietro il bancone del 7-Eleven mi ha informato con grande allegria che avevano scorte sufficienti per un anno, ho deciso che non c’era nessuna fretta di prendere precauzioni. Ma pochi giorni prima che le dighe a nord di Bangkok cedessero, un pomeriggio i miei vicini Mae Lien e Nai Pot hanno insistito per trascinarmi fuori con loro, appena in tempo prima che iniziassero le lunghe code e tutti i negozi chiudessero per mancanza di scorte. Mi hanno fatto acquistare una bombola di gas e una grossa confezione di riso, oltre a cibo in scatola, fiammiferi, candele e acqua in quantità sufficiente per varie settimane. Abbiamo accatastato le nostre provviste nel bagagliaio del loro furgone e quando siamo tornati abbiamo trasportato a fatica i sacchetti in cima alle scale. Quel giorno l’atmosfera nel quartiere era ancora festosa: lotte sguazzanti nell’acqua e tante risate, ragazzi che usavano come tavole da surf assi di scarto trovate nel deposito dei container. Il divertimento e i giochi sono cessati quando l’acqua ci è arrivata all’altezza della vita e cani e gatti randagi hanno cominciato a cercare un posto all’asciutto. Sono grato ai miei vicini per la loro premura e la loro lungimiranza. Sono stati la mia salvezza, insieme alla riserva di alcolici che ho cominciato a razionare appena le strade si sono trasformate in fiumi.

Da Cortina di pioggia, di Tew Bunnag

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Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

Da quel momento decidemmo di non incontrarci mai più. Desideravo continuamente di telefonargli. Come si sente? Com’è la sua faccia? Ancora dopo due o tre mesi, ogni volta che squillava il telefono, a casa o in ufficio, speravo che fosse lui. Il quarto mese realizzai che si stava volutamente tenendo a distanza. Chissà per quale motivo. Forse voleva proteggere i sentimenti di sua moglie. Forse proteggeva i suoi. Una volta aveva detto che vedermi gli avrebbe solo provocato dei dolori lancinanti, in quanto in quegli incontri era nascosto qualcosa di cui doveva a tutti i costi liberarsi. Forse era solo desiderio. «Una volta che sei sposato, la realtà è questa». Forse anch’io avrei dovuto proteggere i sentimenti di sua moglie, o i suoi. Io, dopotutto, non ero sposata, quindi non avevo bisogno di rinunciare. Però lui mi mancava così tanto. Ma chi tra noi doveva valutare i nostri sentimenti? Alla fine ero io che me ne dovevo sobbarcare il peso. Perché non ero ancora sposata. Perché ero l’ultima arrivata. Tre anni prima.

Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

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Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham

Si erano conosciuti all’università, in una cittadina anonima, non tanto grande, ma che a Ling era sembrata incredibilmente estesa nei primi mesi di lontananza dal suo villaggio (popolazione: 1000 abitanti). Nella scuola rurale che aveva frequentato, in cui era stata tra i migliori, c’erano pochi concorrenti per il posto di cocca del preside e prima della classe. All’università – perfino in quel college funzionale e mediocre di cui si era accontentata perché le spese erano coperte da una borsa di studio e non era troppo lontana da casa – si era ritrovata a essere una dei tanti studenti altrettanto ambiziosi, venuti come lei dalla campagna. Per la prima volta nella sua vita, la sicurezza che l’aveva tenuta a galla fino a quel momento era venuta dolorosamente a mancare; poiché si sentiva depressa e instabile, il carattere solido e pacato di Jiang le era parso proprio quello che desiderava. La laurea aveva creato la prima vera separazione tra loro – Jiang era riuscito solo a trovare un posto in un laboratorio di ricerca di una provincia del sud, a un giorno di treno di distanza – e la separazione aveva causato un cambiamento di prospettiva.

Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham

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Da dollari la mia passione, di Zhu Wen

«Battutine su di me, vero? Vi ho sentiti!».
No, no, si affretta a ribattere mio padre spostando il sedere verso il muro, perché lei gli si è seduta praticamente in braccio. Io intanto prendo un bicchiere dal tavolo vicino e ne riempio di birra una buona metà.
«Il mio capo ha appena cantato le tue lodi, non puoi non bere un bicchiere con lui».
«Davvero?». Senza farsi minimamente pregare, alza il bicchiere e brinda con mio padre, che però si mantiene piuttosto sulle sue. Dal suo sguardo mi rendo conto che non riesce ancora a vederla come una donna da portare a letto, ma che probabilmente la considera come una delle compagne di scuola di sua figlia.
«Certo che è vero! Ha detto che sei molto bella, signorina, e che vorrebbe invitarti a ballare stasera».
«Davvero?», ripete lei, guardando prima me e poi mio padre.
«Di dove sei?», chiede inaspettatamente lui.
«Dell’Anhui».
«Lo conosco bene, l’Anhui. Di che parte dell’Anhui?»
«Perché vuol saperlo? Di Chaohu, comunque».
«Chaohu, ci sono stato! Di che zona di Chaohu?».
Non ho idea di che cosa abbia in mente mio padre con quelle domande idiote, perciò lo interrompo.
«Allora cosa ne pensi? Sei libera stasera? Passo a prenderti io, per conto del mio capo».
«Per far che?»
«Per far che? Davvero non ci arrivi o fai solo finta? Per passare la serata».

Da Dollari la mia passione, di Zhu Wen

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Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

Ad ogni modo, se i potenziali clienti reagiscono alle mie provocazioni, la telefonata si allunga. Loro provano un piacevole senso di sollievo. Quando penso sia arrivato il momento opportuno, insinuo nella conversazione domande a bruciapelo come: «Se tuo padre si comporta così, perché non lo uccidi?». Se il mio interlocutore si scandalizza, ritiro tutto e fingo che si sia trattato di una battuta. Se invece non riattacca, significa che tutto sommato non disdegna la mia soluzione. Sia chiaro: non intendo istigare nessuno a commettere un omicidio; questa provocazione è solo un test che mi permette di giudicare se le intenzioni di quella persona fanno al caso mio. Non sono alla ricerca di potenziali assassini. Il mio obiettivo invece è riesumare i desideri che gli individui hanno inconsapevolmente sepolto in un luogo nascosto della loro anima. Una volta fatti emergere, quei desideri cominciano ad autoalimentarsi. L’immaginazione spicca il volo e alla fine le persone scoprono da sole di avere le carte in regola per poter diventare mie clienti.

Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

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Annie Zaidi racconta il Gange su D – la Repubblica

In un reportage sul Gange a firma di Annie Zaidi e pubblicato da D – la Repubblica delle donne, l’autrice con Metropoli d’Asia di I miei luoghi offre un viaggio poetico e autobiografico lungo il principale fiume indiano, essendo inoltre lei nata ad Allahabad, città di confluenza tra il Gange e lo Yamuna.

Annie Zaidi ricorda anche come nel maggiore poema epico indiano, il Mahābhārata, i due fiumi fossero rappresentati da due dee, Ganga e Yami. Nella seconda parte dell’articolo l’autrice si sofferma sui rischi che corrono i due fiumi per via dell’inquinamento.

Nella seconda parte del reportage, un articolo di Raimondo Bultrini racconta proprio questo aspetto, parlando delle grandi proposte politiche allo studio in questo periodo per pulire il fiume, ma anche dei rischi di corruzione collegati alle grandi opere.

tafreshi@mailxu.com