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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan

«Perché?» aveva domandato Margio, riluttante a consegnare il suo giocattolo. «È solo un ferro vecchio che non serve a nessuno».
«Ma potresti comunque uccidere qualcuno con quella spada, se volessi», aveva risposto il Maggiore Sadrah.
«Infatti è quello che voglio fare».
Benché il ragazzo avesse dichiarato così apertamente di voler uccidere un uomo, il Maggiore Sadrah non aveva dato peso a quell’affermazione. Aveva cercato di convincerlo e, dopo averlo minacciato di portarlo al distretto militare, era riuscito a farsi consegnare la spada, che aveva poi gettato sopra la gabbia dei cani dietro casa sua.
Per tutto il pomeriggio non aveva più pensato a quell’episodio e non aveva notato nessun presagio di catastrofe: forse era diventato vecchio e non era più attento come una volta. Era quasi dispiaciuto di aver confiscato quell’inutile spada. Con quell’arma logora tra le mani di Margio, forse Anwar Sadat non sarebbe morto. Anche se il ragazzo l’avesse colpito più volte al collo, al massimo gli avrebbe fatto qualche livido o rotto qualche osso. Rabbrividì mentre immaginava come Margio avesse ghermito Anwar Sadat e con quanta forza le sue mascelle avessero stretto il collo del pover’uomo.

Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan

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Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

Da quel momento decidemmo di non incontrarci mai più. Desideravo continuamente di telefonargli. Come si sente? Com’è la sua faccia? Ancora dopo due o tre mesi, ogni volta che squillava il telefono, a casa o in ufficio, speravo che fosse lui. Il quarto mese realizzai che si stava volutamente tenendo a distanza. Chissà per quale motivo. Forse voleva proteggere i sentimenti di sua moglie. Forse proteggeva i suoi. Una volta aveva detto che vedermi gli avrebbe solo provocato dei dolori lancinanti, in quanto in quegli incontri era nascosto qualcosa di cui doveva a tutti i costi liberarsi. Forse era solo desiderio. «Una volta che sei sposato, la realtà è questa». Forse anch’io avrei dovuto proteggere i sentimenti di sua moglie, o i suoi. Io, dopotutto, non ero sposata, quindi non avevo bisogno di rinunciare. Però lui mi mancava così tanto. Ma chi tra noi doveva valutare i nostri sentimenti? Alla fine ero io che me ne dovevo sobbarcare il peso. Perché non ero ancora sposata. Perché ero l’ultima arrivata. Tre anni prima.

Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

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L’uomo tigre finalista al Man Booker International Prize

Seminare scrittori: è possibile? Vederli crescere.

Quando partivo per l’Asia, anni fa, prima di stabilirmi a Pechino, qualcuno mi salutava augurando: buon raccolto! Avevo già pubblicato Ayu Utami, ero a Jakarta dove Metropoli d’Asia partecipava a un premio letterario, il Khatulistiwa, che però quell’anno non diede frutti. O almeno, a me non parvero all’altezza. Dissero: anno sfortunato. Risposi: e allora chi? E insistevo: un autore più giovane, in sintonia con i lettori più giovani. Domandavano: adatto al mercato europeo?

Mi indignavo, quasi. No! Io cerco i romanzi degli indonesiani, romanzi piantati nell’identità nuova di un paese, dentro alla sua mutazione profonda come tutta l’Asia. Insomma cosa piace qua? Chi ci sa raccontare qualcosa dell’Indonesia di oggi? Un pochino petulante, lì, nel ripetere che no, non voglio l’ambientazione storica, o il racconto delle tradizioni ancestrali. Che li apprezzo, certo, quei buoni romanzi, ma che per Metropoli d’Asia mi piace la contemporaneità.

Al di là del mestiere di editore, dicevo, mi interessa capire cosa si pensa e scrive e si legge qui, oggi, in queste megalopoli piene di traffico e di gente ormai simile a noi. Al macero l’esotismo. Datemi l’Asia dura, anche feroce, dell’oggi.

Lelaki Harimau, letteralmente l’Uomo Tigre, l’ho comprato il 28 novembre del 2010. E, accidenti, avevo in mano anche un secondo romanzo. Ma dovevamo rallentare, fare qualche libro di meno. Chiesi una proroga per il primo romanzo, non esercitai l’opzione sul secondo, e ormai mi sa che non ci arrivo più. E’ uscito, il nostro uomo tigre in italiano, nel gennaio dello scorso anno.

E nel frattempo, quest’Asia in timelapse ha accorciato le distanze con noi. Ci sono sempre più vicini, gli asiatici delle città, anche quando raccontano storie che sanno di favola, perché gli vivono nei polpastrelli, mentre battono sulle tastiere. E adesso arrivano, nelle longlist, sui nostri magazine, ai festival letterari. Portano il profumo di un Asia diversa, un’Asia le cui fatiche assomigliano alle nostre.

Congrats, Eka! E grazie.


Man Booker International Prize Longlist

Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan

Nessuno aveva mai sentito parlare di un metodo così primitivo per uccidere. Negli ultimi dieci anni in città si erano registrati dodici omicidi, commessi con un machete o una spada. Mai una pistola, mai un kris e soprattutto mai i morsi. O meglio, c’erano stati centinaia di casi che avevano implicato morsi, particolarmente in liti tra donne, ma nessuno si era concluso con la morte. Le identità dell’assassino e della vittima rendevano la notizia ancora più sconvolgente. Conoscevano molto bene sia il giovane Margio sia l’anziano Anwar Sadat, e non avrebbero mai creduto che potessero diventare protagonisti di una tragedia del genere, a prescindere da quanto Margio desiderasse uccidere qualcuno e da quanto fosse odioso l’uomo di nome Anwar Sadat.

Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan

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L’uomo tigre su Il Fatto Quotidiano

Sul suo blog ospitato nel sito de Il Fatto Quotidiano, Lorenzo Mazzoni parla di L’uomo tigre, di Eka Kurniawan, inquadrandolo nel contesto letterario indonesiano e definendolo «un libro graffiante e dalla forte carica immaginifica», e sottolineando anche come sia un giallo atipico, dato che il colpevole si scopre già dalle prime pagine.

Utilizzando uno stile dai tratti esotici che ricorda García Márquez e V.S. Naipaul, e che deve molto alla tradizione della narrazione orale, Eka Kurniawan tratteggia una storia dai risvolti soprannaturali: l’omicidio di un incallito donnaiolo, Anwar Sadat, perpetrato da Margio, un ventenne in preda a traumi esistenziali dovuti alla violenta e non rieducabile condotta del padre.

(continua a leggere sul blog di Lorenzo Mazzoni)

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Ayu Utami su Vero

Il settimanale Vero ha segnalato – e giudicato con quattro stelle – il libro Le donne di Saman, di Ayu Utami.

Eka Kurniawan intervistato da tuttoLibri – La Stampa

Il supplemento culturale tuttoLibri di La Stampa ha intervistato Eka Kurniawan, autore per Metropoli d’Asia di L’uomo tigre, in occasione della Fiera del Libro di Francoforte, da poco conclusa. Con l’occasione si è parlato dell’Indonesia e del rapporto dell’autore con letteratura, società e religione.

Eka Kurniawan racconta l’Indonesia su Avvenire

In occasione della recente Fiera del Libro di Franoforte, il quotidiano Avvenire ha intervistato Eka Kurniawan, autore con Metropoli d’Asia di L’uomo tigre. Partendo dal libro, la conversazione si è incentrata soprattutto sulla società indonesiana e sui rapporti tra le religioni che la abitano.

Le donne di Saman segnalato su La Stampa

Il libro di Ayu Utami Le donne di Saman, uno dei primi pubblicati da Metropoli d’Asia, ha ricevuto una segnalazione su La Stampa. L’autrice ha partecipato alla recente Fiera del Libro di Francoforte, dove l’Indonesia era l’ospite d’onore.

Ayu Utami, Nukila Amal e Eka Kurniawan su il manifesto

In un articolo de il manifesto che fa il punto sulla Fiera del Libro di Francoforte, in conclusione in questi giorni e che vede l’Indonesia come ospite d’onore, vengono citati tre autori di Metropoli d’Asia: Ayu Utami, autrice di Le donne di SamanNukila Amal, autrice di Il drago Cala Ibi; e Eka Kurniawan, con il suo più recente L’uomo tigre.

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