• Chi siamo

    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
  • Libri

  • Parlano di noi

    • A Yi e Chan Ho Kei su Alias
    • Ayu Utami su Alias
    • L’impero delle luci segnalato su Internazionale
    • Metropoli d’Asia sulla Rivista Tradurre
  • Autori

L’India nel sangue

Non parliamo di fiction, ma riprendiamo una segnalazione di Outlook India su un libro che offre uno sguardo sull’India e su una delle città più interessanti, Delhi. Lo fa attraverso una sorta di autobiografia del giornalista Nihal Singh, intitolata Ink in My Veins: A Life in Journalism, tra aneddoti e descrizioni della città a cavallo degli anni dell’indipendenza.

300 pagine di un’India piuttosto urbana e da vita quotidiana, contrapposta agli stereotipi del tè e dei viaggi stipati in treno, attraverso una serie di eventi chiave che ne hanno segnato la storia recente.

Esangui esistenze a Singapore

È un piccolo paese, Singapore: quattro milioni di abitanti su un’isola di 40 chilometri per 30. Praticamente un centro città degli affari, un’ampia fascia residenziale, una piccola e forse residua zona industriale, e una periferia dove vivono i lavoratori immigrati. Molto turismo, sopratutto asiatico: parchi giochi e casinò.

Il mio amico Fong Hoe Fang, di Ethos Books, mi dice: è difficile che emerga della buona narrativa da un paese di centri commerciali e pendolari. In effetti la scena dei romanzi locali è spesso asfittica.

Come in Heartland, di Daren Shiau, che lui ha pubblicato qualche anno fa, dove un gruppo di ragazzi alle soglie della laurea confrontano le loro esistenze. Razze diverse, culture e religioni lontane tra di loro (qui ci sono cinesi, bianchi di origine inglese, Malay e un po’ di immigrati anche recenti dall’India), in fondo ciò che è più interessante è proprio la capacità di convivere senza conflitti da parte dei personaggi del romanzo, a causa di un appiattimento che pare senza scampo, dove il passaggio dalla scuola al lavoro sembra non avere soluzione di continuità, così come quello dalla giovinezza all’età adulta.

In questa sorta di Svizzera asiatica gli artisti e gli scrittori più acuti restano concentrati su un minimalismo del quotidiano (un buon esempio è il poeta Cyril Wong), e la loro via di fuga sembra essere il viaggio verso l’Occidente, e recentemente anche verso la Cina.

I romanzi che sanno alzare lo sguardo sono quelli di autori più in là con gli anni, che parteciparono ai movimenti pro democrazia negli anni ottanta, come Su-Chen Christine Lim, il cui Rice Bowl bene racconta quegli anni.

Foto: AndyLeo@Photography

Il primo festival del Nepal

Si è da poco concluso il Kathmandu Literary Jatra, prima edizione di un festival nepalese che è riuscito a raccogliere un discreto numero di autori locali e internazionali. È stata in particolare un’occasione di incontro tra autori che scrivono in inglese e autori in lingua locale.

Tra i “nomi” del festival William Dalrymple e Mohammed Hanif, e anche la nostra Shazia Omar, autrice di Come un diamante nel cielo che è intervenuta in tre sessioni per parlare di dipendenza dalle droghe, argomento di un suo lavoro, di mercato editoriale e di “rappresentazione e autenticità”.

Il punto sull’Ubud Festival

L’Ubud Writers & Readers Festival ha aperto ieri, in tono minore rispetto alle ultime due edizioni che lo avevano visto crescere per la qualità degli ospiti e delle discussioni suscitate.

Un programma ristretto a soli quattro giorni, una nutrita pattuglia di autori indonesiani con molte assenze di rilievo, la consueta sfilata di nomi dall’Australia (le cui Università continuano a imporre il proprio ruolo di chioccia al mondo editoriale del sudest asiatico), una spruzzata di americani e britannici (direi Junot Diaz su tutti).

Kunal Basu dall’India, Tariq Ali dal Pakistan. Lo sponsor principale, City Bank, è venuto a mancare a pochi mesi dal festival e il programma ne risente. Peccato, perchè l’occasione, e il luogo, meritano di più: una cittadina in mezzo alla foresta e alle risaie dell’isola di Bali i cui alberghi, sulla soglia della stagione delle piogge, aprono gratuitamente le loro stanze agli ospiti.

Per questo nelle ultime edizioni Ubud era riuscito a imporsi come crocevia delle scritture asiatiche, una sorta di seconda Jaipur (che invece si tiene in febbraio).

Ricordo l’anno scorso l’esultanza di molti autori nel trovarsi in questo luogo magico: di fatto una strada che percorre una cresta tra due valloni verdeggianti, gli hotel e le guest houses aggrappati sui due versanti.

Qui sono alcune gallerie d’arte tra le più importanti dell’Indonesia: l’arte contemporanea non risente della crisi, fiumi di denaro continuano a essere riversati su pittori, scultori e performers e gli scrittori cominciano a domandarsi se abbiano scelto il mestiere giusto. Insomma: cosa fare per rendere trendy la narrativa asiatica?

Due artisti indiani a Ferrara

Amruta Patil, autrice del nostro Nel Cuore di Smog City, e Sarnath Banerjee, noto graphic novelist indiano, insieme sul palco della Sala Estense a Ferrara, nel contesto del Festival di Internazionale.

Due personalità agli antipodi: maglietta e calzoncini corti per Banerjee, che sembrava determinato a offrire di sé una immagine da artista underground: mi ha detto «Io sono un cattivo ragazzo, e questo fa di me un artista. Devo stare sempre sulla corda, se cominciassi a sentirmi troppo tranquillo rischierei di trasformarmi in un bravo ragazzo…». E sul fumetto in generale: «Ero più interessato a questa forma di espressione qualche anno fa, quando aveva ancora un’aura da arte underground. Ora mi sembra diventato una roba di culto, e a me il cult non interessa».

In realtà sul palco ci ha poi voluto raccontare come dal suo punto di vista il fumetto (disegno, scrittura, spazio, narrazione) è lo strumento perfetto nel quale raccontare ciò che ha in testa.

Amruta Patil, lunghi capelli neri attorno a un ovale gentile, indossava un lungo vestito colorato, sul viola. E raccontava se stessa non come una graphic novelist, ma come una scrittrice e disegnatrice. Colpisce lo scarto tra la Kari protagonista del suo racconto – capelli corti, un’arietta da ragazza punk europea, lo sguardo aggressivo, e Amruta ha sempre dichiarato che in Kari c’era qualcosa di sé – e la Amruta Patil di oggi, romantica e aggraziata, a volte timida.

La spiegazione sta nelle sue parole intorno a Parva, il racconto a immagini tratto da un brano del Mahābhārata al quale sta lavorando da anni: «Il Mahābhārata – ha detto – non è un epica religiosa o solamente storica. È un libro che parla del comportamento delle persone, del loro modo di vestirsi e fare all’amore, di ciò che è giusto o sbagliato nel relazionarsi con gli altri». Amruta è giusta, dolcissima, forse risolta dopo il successo del suo primo racconto con immagini.

Gran ressa attorno a lei, le copie del suo libro sparite in un fiato e da lei sigliate con disegni originali per ciascun lettore.

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere ai Cinesi

Questo servizio fotografico rende bene l’idea di come vivono la sessualità i giovani cinesi. Al contrario di quel che ci venne raccontato da scrittrici “scandalose” (Mian Mian e Zhou Wei Hui), i giovani cinesi ne hanno spesso una visione ingenua e naive.

Quantomeno, sono presenti molte diverse visioni. Per restare a Metropoli d’Asia, la storia d’amore e di disperazione raccontata da Zhu Wen in Se non è amore vero allora è spazzatura è ben lontana dallo stereotipo del sesso sfrenato, e il protagonista di Le Tre Porte di Han Han rimane, al contrario, confuso dai linguaggi della pubblicità e della moda che fanno della sessualità uno strumento del loro marketing.

Il nuovo numero di Out of Print, con Annie Zaidi

Segnaliamo l’uscita dell’edizione di settembre di Out of Print, rivista online indiana di racconti brevi che con questo numero celebra il suo primo anniversario.

Le storie, tradotte in inglese e disponibili gratuitamente sul sito, spaziano su vari temi soprattutto legati a società e rapporti interpersonali. Tra queste anche un racconto di Annie Zaidi, che uscirà con il suo Known Turf a gennaio per Metropoli d’Asia.

Han Han e il sistema scolastico cinese

Una lettura che può essere interessante suggerire in questo periodo è un vecchio post di Han Han sull’abolizione dei temi scolastici, pubblicato nel 2008 in una raccolta di pezzi tratti dal suo blog, e tradotto in italiano da China-Files. Interessante perché in Le Tre Porte, il primo romanzo di Han Han uscito da qualche giorno in Italia pubblicato da Metropoli d’Asia, lo sfondo della narrazione è proprio nel sistema scolastico cinese.

Nella prima parte del post di Han Han sono evidenti alcune critiche a un sistema didattico che «non permette di esprimere le idee», ma la seconda parte è forse anche più gustosa nell’analizzare più in generale l’attività della scrittura (imposta) in rapporto alla lettura, «molto più utile di tanti temi scolastici che indeboliscono le capacità di scrittura e intervengono anche sul tuo subconscio».

Foto: Tricia Wang 王圣捷

Essere Parsi in India

A Mumbai se ne parla e se ne scrive molto. Di Meher Pestonji ho visto una bellissima piece tatrale intitolata Feeding Crows (il titolo gioca ovviamente sulla tradizione della sepoltura all’aria aperta sulle torri del silenzio dove i corpi dei deceduti sono lasciati in pasto ai rapaci, e la comunità parsi non può che fare dell’ironia, sdrammarizzando, sulla scomparsa delle aquile pescatrici e degli avvoltoi nella moderna Mumbai).

Pestonji ha anche pubblicato una bella raccolta di racconti, ambientati nel grande compound lungo Colaba Causeway che è impossibile non notare visitando Bombay – Mumbay: un alto muro e un portale faraonico introducono a una vera e propria piazza sulla quale si affacciano i condomini dove vivono le famiglie parsi, rigorosamente endogamiche.

Cyrus Mistry (Le Ceneri di Bombay, Metropoli d’Asia editore), ci racconta l’insofferenza delle giovani generazioni alla pratica coatta dei matrimoni endogamici (quando si dice che i Parsi si stanno estinguendo si dice in realtà che diminuisce il numero dei Parsi di “razza pura”): Jingo, il protagonista del romanzo è un parsi la cui relazione con una ragazza cattolica lo mette in conflitto con la famiglia, anche se del romanzo questa è una linea narrativa secondaria. Ma non a caso il Jingo scrittore appassionato, furiosamente in caccia dei criminali politico affaristi nella metropoli è un parsi: come tutte le comunità minoritarie i Parsi hanno espresso scrittori, artisti, intellettuali.

Foto: ganuulu

Han Han visto dal New Yorker


Capire esattamente la ragione della fama così estesa di Han Han in Cina è difficile. E cosa ci dice della Cina la sua importanza nel paese? (…) Ma basta osservare per qualche mese le reazioni dei suoi fan e ciò che lui stesso scrive, per rendersi conto che la sua innovazione di successo è un tipo di humor molto particolare. Come fu per Henry Ford e l’automobile, Han Han non ha inventato la satira politica in Cina, ma l’ha messa a disposizione di vaste masse di giovani.

Così scrive Evan Osnos sul New Yorker in un bell’articolo, insieme a un suo profilo scritto in precedenza. Ma l’osservazione di Osmos ci spiega molto della cifra narrativa di Han Han, che riesce a scrivere romanzi densi di ironia e scene esilaranti.

Osnos cita Eric Abrahamsen di Paper Republic che riferisce a sua volta su Foreing Policy di un post di Han Han a commento della notizia di un gruppo di pescatori che, ritrovato in un fiume il corpo di un ragazzo annegato, chiesero alla famiglia di pagare per la restituzione della salma.

Con questa scelta stilistica Han Han raggiunge due obbiettivi: diverte il lettore, e si rende meno identificabile dalla censura. Come scrive Abrahamsen, Han Han “copre tutta la gamma tra il sarcasmo e la sottigliezza, senza risparmiarsi una legittima furia”. Che poi la sua scrittura non soddisfi gli accademici, beh, questa è altra storia.

lubell.shelia@mailxu.com speirs_lucienne@mailxu.com stepnowski.elroy@mailxu.com sport-norris@mailxu.com houp_elroy@mailxu.com