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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Un Booker eurocentrato

Che dire? Niente Africa, niente Asia, nulla dai Caraibi. I tredici nomi della longlist del Man Booker Prize 2011 sono invariabilmente… bianchi. L’imbarazzo del Presidente di Giuria Stella Rimington è evidente proprio nel tentativo di affermare una pluralità che non esiste (“dall’ Occidente Selvaggio alla Londra multietnica passando per la Mosca del dopo guerra fredda a Bucarest”. Non certo per via delle personalità degli autori!).

Va bene, non è stato l’anno dell’India quello appena trascorso, che sembra aver smarrito non tanto una vena quanto una prolificità esasperata e alla fine premiante. Ma siamo sicuri di essere in pieno 2011? L’anno dell’Asia rampante, del SudAfrica sugli scudi, della nuova narrativa pakistana celebrata da Granta, dell’Occidente che boccheggia nel suo debito e nella sua crisi…

È chiaro l’avvitamento su sè stessi dell’industria editoriale euro-americana: quando guarda ai paesi emergenti cerca ancora sè stessa, storie “adatte” al lettore europeo, che “possono andare” nei nostri mercati. E allora non lamentiamoci se troviamo mediocrità. Ci vuole una marcia in più, ci vuole uno sforzo verso uno scouting senza pregiudizi, il tentativo di trovare voci nuove e promuoverle, offrire loro un pubblico. E sopratutto di portare a noi, lettori, una ventata fresca di novità.

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Ibischi, Gelsomini, Indignados and so on

Mi ha stupito la coincidenza: la reazione di Brian Gomez allo ‘scippo’ di Bersih, (la Rivoluzione dell’Ibisco in Malesia) da parte dei politici, anche di opposizione assomiglia a alla reazione di tanti giovani in Europa o nel mondo arabo.

Sembra questa la cifra di un movimento globale come non si vedeva dalla fine degli anni sessanta: un rivolta di individui che questa volta si pongono come tali (ognuno a partire dalla sua pagina Facebook, Twitter ecc.) e non come gruppi (sindacati, associazioni studentesche) e che proprio in quanto somma di individui contestano qualunque forma organizzata del potere: i grandi gruppi industriali, i governi, i partiti, e i media tradizionali. E’ un nuovo ceto sociale?

Da editore, la domanda che mi pongo è: cosa leggeranno? Cosa scriveranno? E dove, come, utilizzando quali forme di comunicazione?

River of Smoke

Segnaliamo una recensione di River of Smoke, nuovo romanzo di Amitav Ghosh, secondo capitolo della trilogia dell’ibis (dopo Sea of Poppies). Siamo a metà del XIX secolo, sulle coste di fronte a Canton, dove si incrociano i commerci e le storie di diversi personaggi. Secondo Nandini Krishnan, Ghosh riesce a mettere l’accento sulla rappresentazione di ciò che c’è sullo sfondo, le relazioni commerciali ma anche sociali tra cinesi che guardano partite di cricket e businessmen indiani ed europei, proprio alla vigilia della Guerra dell’oppio.

Anjum Hassan su Last Man in Tower

Una recensione di Anjum Hassan su Caravan di Last Man in Tower, nuovo romanzo di Aravind Adiga, che vise il Booker nel 2008 con il suo La tigre bianca (in Italia per Einaudi).

Io trovo spettacolare l’incipit dell’articolo di Hassan:

Il romanzo è ambientato esattamente nel tipo di inferno da classe media dal quale uno vorrebbe fuggire leggendo romanzi

Meditiamo.

BERSIH

Pubblichiamo in esclusiva un intervento del nostro autore Brian Gomez sulle ultime vicende legate al movimento BERSIH, che sta conducendo una battaglia per chiedere riforme in Malesia. Dopo il “continua” la traduzione in italiano.

The BERSIH rally took place in the heart of Kuala Lumpur on July 9 2011. The rally was held to demand free and fair elections in Malaysia, where the Election Commission is seen to be heavily biased in favour of the ruling government. The group BERSIH (which means “clean” in Malay) had wanted to march from the city to the palace to present a memo to King in which 8 demand were made to ensure free and fair elections. The government, however, decided to ban the group and arrested more than a thousand people on the day, claiming that the opposition had hijacked the group. This article aims to show that while it is true that the opposition had hijacked BERSIH, the government too had hijacked the group for their own agenda. It aims to show that the people can never trust politicians, who have their own agendas, and should instead listen to the views of those individuals and NGOs who are really behind BERSIH – ordinary Malaysians who simply want free and fair elections.

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B-novels dall’India

Blaft è l’editore più innovativo dell’intera nazione indiana. Due anni fa fece parlare di sé con la prima antologia di “pulp fiction” Tamil tradotta in inglese, dove per pulp si intende il suo significato originario: la carta da poco con la quale si stampano i romanzetti di grande circolazione e bassisimo prezzo , tutti regolarmente nelle lingue locali, di cui gli indiani vanno ghiotti.

Come se ci fosse un circuito narrativo di serie B (e delle serie B conosciamo il valore ovunque nel mondo). Blaft ha tradotto in inglese gialli dall’Hindi, fantascienza dal Tamil, e ora ecco la serie Jasusi Duniya di Ibne Safi, che ha fatto la storia della narrativa popolare Urdu, in una recensione della nostra Annie Zaidi (ripresa dal suo blog). La cosa più straordinaria di Blaft? Le loro copertine, sopratutto dove rirpendono le copertine dell edizioni originali.

La rivoluzione dell’ibisco

Sabato scorso è girata sul web la notizia della manifestazione a Kuala Lumpur, nel corso della quale 50.000 manifestanti chiedevano una legge elettorale più aperta alle opposizioni, in un paese, la Malesia, che è tra i più interessanti dell’Asia Sudorientale per la compresenza di quattro gruppi etnici, linguistici e cultural-religiosi (i Malay, i Cinesi, i Tamil e i bianchi con relazioni di conflittualità e incontro tra loro).

Colpisce l’arresto di ben 1600 persone (poi rilasciate in gran parte). Il nostro Brian Gomez ha scritto un post sul suo facebook che una testata di singapore ha subito riportato.

Malesia Blues, che abbiamo pubblicato un anno fa è un thriller grottesco, un po’ alla Tarantino, con la capacità di mostrarci l’intreccio razziale e politico di uno dei paesi più infiltrati dai servizi segreti di tutto il continente asiatico.

Consigliamo anche, per capire la Malesia, il blog del regista documentarista Amir Muhammad, catalogo online di una piccola casa editrice che propone saggi interessantissimi sul paese. E poi il blog di Sharon Bakar, Bibliobuli. Brian, Amir e Sharon sono su Facebook e Twitter, e spesso rilanciano notizie interessanti sul paese, sulla sua produzione editoriale e sulla censura.

Per concludere, ecco ancora il blues di Terry Fernandez, l’eroe di Malesia Blues.

Saggi da Singapore

Il nostro amico Fong Hoe Fang riesce, con la sua Ethos Books, a essere sempre sul pezzo. A poco più di due mesi dalle elezioni politiche di Singapore, che hanno segnato un punto verso l’affermazione di una democrazia sostanziale nel piccolo paese del sud est asiatico, ecco un libro che raccoglie saggi di alto profilo.

Lo scorso 7 di maggio l’opposizione ha raccolto quasi il 40% dei voti in un paese che da sempre ha vissuto un sostanziale regime da partito unico mascherato. Il sistema elettorale a collegio uninominale concede solo una manciata di seggi allo Workers Party, ma si profila un regime di alternanza. La rivoluzione dei gelsomini qui ha lasciato qualche frutto.

Bollywood di carta

L’Hindustan Times si concentra su un filone in crescita nella letteratura indiana, ovverosia quello dei libri che riproducono direttamente o indirettamente i temi legati all’industria cinematografica locale, la cosiddetta Bollywood, ormai anche un genere letterario a sé stante.

Vengono proposti diversi esempi di titoli che hanno conosciuto un certo successo, e le case editrici come la Harper Collins riconoscono che i loro libri provenienti da film vendono in genere più che i generi tradizionali. Ad esempio R.D. Burman: The Man and Music è arrivato alla terza ristampa, ma sono molti i libri che stanno raggiungendo buoni risultati.

Arriva il Man Asian Literary Prize

Si ricomincia a parlare del Man Asian Literary Prize. In vista della premiazione, intanto abbiamo la giuria, e i criteri per l’ammissione. La giuria è sempre un po’ deludente: una corrispondente BBC, un autore indiano noto perchè il suo romanzo fu ripreso da un film di un regista inglese, un autore nato in Corea ma residente negli USA dall’età di tre anni.

La scelta è sempre quella di sposare un punto di vista occidentale. Come se da Hong Kong dicessero: questo, più che un premio alla produzione asiatica, è un trampolino di lancio per l’industria editoriale europea e americana. Il che non toglie che romanzi eccellenti possano vincere il premio, e quindi essere messi sotto il naso degli editori nostrani.

Wolf Totem era – scusate se oso esprimermi in questi termini – una riconosciuta boiata. Ininfluente in Cina, tradotto ovunque grazie al MALP, non ha lasciato traccia neppure da noi. I tre più recenti vincitori sono invece buoni romanzi, anche se l’autore filippino, Miguel Syjuco, filippino davvero non è, ma proviene dalla diaspora, in Italia è stato pubblicato e anche ben recensito ma si è visto poco sui banchi delle librerie.

Curiosamente ancora non trovo traccia in Italia dei due recentissimi vincitori cinesi: Su Tong è un grande autore, tradotto da Feltrinelli, ma proprio questo Boat to Redemption non è ancora apparso in Italia, così come il Three Sisters di Bi Feiyu. Insomma: qual’è il vantaggio nel selezionare romanzi che “possono vendere” in Europa, se poi li pubblichiamo male, con poco risalto, e li abbandoniamo al mare magnum dei libri di quarta schiera? Non è meglio allora andare a cercare un narrativa più fresca e autentica, scommettere su autori giovani che possono presentarci punti di vista nuovi?

winkey.kerry