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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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L’Asia e il Salone del Libro

Ovverossia: niente. Scorrendo la lista degli autori presenti al Salone del Libro di Torino scopriamo molti nomi russi e palestinesi (i due paesi ospiti), ma dall’Asia sudorientale nulla. Dopo l’infornata di indiani dello scorso anno la porzione di mondo che interessa a Metropoli d’Asia non è rappresentata, a parte qualche nome di autori americani o residenti negli Usa, che scrivono in lingua inglese.

È strana questa forma di rinuncia al “nuovo che avanza”. Persino i giornalisti più attenti cadono nella trappola di rendere della narrativa asiatica una visione ancora esterna. Si citano dunque il Man Asian Literary Prize di Hong Kong e i suoi vincitori, dimenticando che il premio viene assegnato in un concorso tra autori già tradotti in inglese o che scrivono in inglese: da qui i tanti filippini, indiani, e una scrematura sui cinesi che vede in primo piano gli autori non giovanissimi che già hanno trovato un’audience internazionale, e non le voci più giovani. Ma l’Asia arriverà presto…

Un invito

Amruta Patil da qualche mese è tornata a Goa, dove è nata e dove ha passato gli anni della primissima infanzia. Aveva bisogno di concentrazione per finire la sua nuova graphic novel, Parva, tratta dal Mahabarata.

Voleva anche smetterla di rispondere al telefono quaranta volte al giorno, e di sentirsi piena di impegni dei quali le importava poco o nulla. Ci ha guadagnato il suo blog, sul quale posta con regolarità, parole e segno grafico.

L’ho incontrata ancora a Delhi prima di natale, mi aveva detto: spero che questo spostamento mi porti fortiuna. Per ora direi di sì: Amruta è stata invitata al Festival di Internazionale, a Ferrara dal 30 settembre al 2 ottobre, manifestazione prestigiosa come la testata che la organizza. Bentornata in Italia, Amruta!

Metropoli d’Asia forever

Segnalo un’intervista rilasciata a Affaritaliani.it dove spiego la fine della partnership con Giunti Editore, la scelta di un nuovo distributore e la nuova organizzazione editoriale, oltre al ruolo e le prospettive di Metropoli d’Asia in mercati in forte espansione, come sono quelli di Cina e India.

Figli unici

La tematica è interessante, e giustamente comincia a essere al centro della produzione letteraria in Cina: la legge permette un solo figlio per coppia, oggi il risultato è una generazione di figli unici, soli in casa, ma messi sotto pressione dai genitori in modo abnorme. Chen Danyan mi racconta che la questione è diventata in modo inaspettato il centro del suo libro di interviste ai volontari per il terremoto.

E’ noto come migliaia di giovani cinesi avessero deciso autonomamente di partire per il Sichuan dopo il tremendo terremoto del maggio 2008. Chen Danyan voleva mettere insieme una serie di ritratti individuali, e si è trovata tra le mani un materiale inatteso: al fondo della scelta di questi ragazzi stava la necessità di trovare dei fratelli, di “accompagnarsi” ai loro simili come scrive Chen Danyan. E ciascuno riconosce come dato fondante della propria personalità proprio quell’esperienza infantile.

Di solitudine infantile scrive anche nei suoi (ancora acerbi) romanzi la giovanissima Amy Zhang Yifei, vincitrice del National New Concept Writing Competition (premio letterario a livello nazionale per gli studenti delle scuole superiori, lo vinse anche Han Han), oggi la più giovane associata della Shanghai Writers Association. I suoi personaggi sono adolescenti soli nelle loro case, angosciati da genitori che li vedono come unica risorsa per la loro vecchiaia.

Lo stato della letteratura afgana

Il sito Words Without Borders ha pubblicato un interessante articolo [in inglese] di Anders Widmark sulla letteratura afgana di oggi e degli ultimi anni. Si sottolinea l’importanza di avere una visione dall’interno per quello che riguarda la produzione letteraria del paese, la stessa che sembra mancare per una comprensione più ampia della sua vita politica.

I due temi sono molto legati. Si parla di una “società politicizzata” e allo stesso tempo di una “società poeticizzata”, che riesce peraltro anche ad affrontare i temi legati ai conflitti con immediatezza, senza un presunto “periodo di incubazione” per il superamento del trauma.

Foto: Michal Hvorecky

La Cina e il cinema

Un articolo di China Files fa il punto sull’industria cinematografica cinese, dopo la conclusione del Beijing Film Festival:

Il weekend appena trascorso è stato decisamente impegnativo per l’industria cinematografica cinese.
“Let The Bullets Fly”, il film con il più alto numero di incassi nella storia del cinema cinese ha infatti debuttato domenica al Tribeca Film Festival, presentato dal regista Jiang Wen. La ricezione del blockbuster, che da dicembre scorso ha guadagnato 650 milioni di yuan in Cina, circa 100 milioni di dollari, è stata mista, ed è in dubbio la possibilità che il film esca a lungo nelle sale americane . Un produttore americano presente alla premiere ha però sostenuto che la complessa narrativa del film e il suo significato politico e sociale possano costituire, al contrario, una sfida interessante per il pubblico straniero.

(continua a leggere su China Files)

Han Han

Finalmente incontro Han Han. Arriva nella sede di Wanrong Books con tuta da motociclista nera e casco in tinta. Sotto, ha una maglietta nera, i capelli neri e gli occhiali dalla montatura nera.

In realtà è tutt’altro che un punk feroce: disteso, gentile, risponde sorridendo alle mie domande, racconta aneddoti divertenti circa la sua paura di volare, i suoi rally (partecipa spesso ma vince raramente, con un team Volkswagen). Quando è il mio turno di raccontare Metropoli d’Asia non mi ascolta guardandomi negli occhi, ma abbassa lo sguardo, come assorto: ho visto molte foto di lui così.

La frase da usare in questi casi è: una persona alla mano. È evidentente che c’è un altro luogo dentro questa persona dove nascono i suoi romanzi e sopratutto il suo blog (qui un blog che traduce in inglese alcuni suoi post), le iniziative con le quali morde i polpacci all’establishment. Un post recente mostrava un video di un grosso incendio agli ultimi piani di un grattacielo a Shanghai, che la TV ha deciso di non coprire in diretta per una direttiva dall’alto: non si concentra l’attenzione delle masse su avvenimenti negativi. La copertura in diretta è andata dunque in onda sul blog di Han Han, con migliaia di commenti contro la censura di stato.

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Annie Zaidi e la società indiana

Segnaliamo un interessante articolo autobiografico di Annie Zaidi, scrittrice e giornalista indiana, che racconta la sua crescita, le scelte di lavoro e la vita di una ragazza non sposata nell’India che cambia:

Quindici anni fa abitavo in un paesino nell’India del Nord. L’unico evento degno di nota era una festa in cui i bambini montavano in groppa ai cammelli e mangiavano torte al cioccolato. Mia madre insegnava, avevamo dovuto lasciare Delhi per quel posto sperduto. Lì ero davvero unica: nessuna delle mie compagne di scuola aveva una madre con un lavoro, o che si fosse trasferita da qualche parte senza il benestare del padre. O che portasse camicette a maniche corte, sari di chiffon e tacchi a spillo. Era l’unica che non aveva tempo per cucinare. Era la sola a insistere perché gli studenti imparassero a dipingere, ballare, cucire e cucinare. Anche i maschi.

(continua a leggere su marieclaire.it)

Annie Zaidi sarà anche protagonista, insieme ad altre donne indiane, della mostra fotografica Women Changing India, allo Spazio Forma di Milano dal 26 maggio al 19 giugno.

Sun Ganlu

Scrittore decisamente anomalo Sun Ganlu. Lo incontro una sera, siamo a cena con un interprete come spesso accade con gli scrittori della sua generazione (ha più di cinquant’anni). La conversazione dunque non è facile, frammentata, e lui tiene basso profilo: è timido, mi sussurra l’interprete.

Vale dunque la pena di proporgli una riflessione sulla differenza tra gli scrittori della sua generazione e quelli più giovani, lui ammette che sì, i più giovani sono spesso più aperti e chiacchieroni, ma si spinge più in là: è Internet che fa la differenza, perchè i social network (Facebook è spesso censurato per lunghi periodi, ma c’è un programmino che consente di aggirare il ban) stimolano il narcisismo degli utenti.

Mettersi in mostra è la parola d’ordine, parlare di sè, esibirsi. Al contrario di lui, che preferirebbe non essere mai intervistato, ma si deve piegare a esigenze di marketing. Gli chiedo se questa differenza (narcissimo vs. ritrosia?) si ripercuota nella scrittura, lui resta nel vago. Sun Ganlu ha scritto una ventina di anni fa un romanzo che qui viene definito d’avanguardia: flusso di cosclenza, la narrazione che procede seguendo lo sviluppo degli stati d’animo del protagonista.

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Shanghai

Il primo pensiero in questa città non riguarda le narrazioni scritte, ma le forme, le architetture. Il suo centro d’attrazione è il Bund, un lungofiume di architetture art déco nelle quali si è in modo evidentente fuso quello che nei primi decenni del secolo scorso era un gusto europeo con quello cinese. E non si può fare a meno di notare che anche le architetture nuove della shining Shanghai spesso ripropongono forme neoliberty: a me verrebbe da definirle FlashGordoniane.

Bisogna avere la mia bella età per ricordare quel fumetto americano di fantascienza nella quale il futuribile eroe (Flash Gordon, appunto) aveva a che fare con il cattivissimo Ming (appunto), in un’epoca strana nella quale i razzi avevano la forma di pagodine e le città, tanto per inventare un futuro altro rispetto a quel presente di allora, erano segnate da acciai orientalizzanti e infiorescenze meccaniche.

Oggi a Shanghai sembra che il nuovo consumismo tanto lodato dal Partito Comunista, sposando la postmodernità delle griffe occidentali al segno cinese (con tanto di dragoni e bestiole di vario tipo ovunque), spinga verso un’identità grafica FlashGordoniana, post art déco.

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